Fondazione Critica Liberale   'Passans, cette terre est libre' - Abbiamo scelto come logo la fotografia d'un autentico 'Albero della Libertà ancora vivente. È un olmo che fu piantato nel 1799 dai rivoluzionari della Repubblica Partenopea, Luigi Rossi e Gregorio Mattei, a Montepaone Superiore, paese dello Jonio catanzarese. La scritta &lequo;passans ecc.» era qualche volta posta sotto gli 'Alberi della Libertà' in Francia.
 
Direttore: Enzo Marzo

Dal 1969 la voce del pensiero laico e liberale italiano e della tradizione politica che difende e afferma le libertà, l'equità, i diritti, il conflitto.

"Critica liberale" segue il filo rosso che tiene assieme protagonisti come Giovanni Amendola e Benedetto Croce, Gobetti e i fratelli Rosselli, Salvemini ed Ernesto Rossi, Einaudi e il "Mondo" di Pannunzio, gli "azionisti" e Bobbio.

volume XXIV, n.232 estate 2017

territorio senza governo - l'agenda urbana che non c'è

INDICE

taccuino
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67. paolo bagnoli, la nostra preoccupazione
68. coordinamento democrazia costituzionale, appello alla mobilitazione per una legge elettorale conforme alla Costituzione
106. comitati unitari per il NO al “rosatellum”, l’imbroglio degli imbrogli
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territorio senza governo
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69. giovanni vetritto, l’italia del “non governo” locale
73. pierfranco pellizzetti, alla ricerca del civismo perduto
79. antonio calafati, le periferie delle metropoli italiane
84. paolo pileri, molta retorica, pochi fatti
86. giovanni vetritto, post-marxisti inutili
88. valerio pocar, primo comandamento: cementificare
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astrolabio
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89. riccardo mastrorillo, finanziare sì, ma come?
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GLI STATI UNITI D'EUROPA
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93. sarah lenderes-valenti, la risorsa più grande
94. luigi somma, le democrazie invisibili
97. claudio maretto, la discontinuità paga
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castigat ridendo mores
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100. elio rindone, basta con l’onestà!
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l'osservatore laico
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103. carla corsetti, il principio di laicità
107. gaetano salvemini, abolire il concordato
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terrorismo e religione
109. pierfranco pellizzetti, jihad combattuta alla john wayne
114. alessandro cavalli,quattro cerchi
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lo spaccio delle idee
117. gianmarco pondrano altavilla, cari liberisti, chi conosce un buon medium?
118. luca tedesco, savoia o borbone? lo storico è un apolide
119. gaetano pecora, ernesto rossi, “pazzo malinconico”
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78.92.102. spilli de la lepre marzolina
116. la lepre marzolina, di maio ’o statista
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Critica liberale può essere acquistata anche on line attraverso il sito delle Edizioni Dedalo con transazione crittografata e protetta.
.A ROMA IL FASCICOLO PUO' ESSERE ACQUISTATO ANCHE PRESSO L'EDICOLA DEI GIORNALI IN PIAZZA DEL PARLAMENTO.
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Il numero di “Critica liberale” può essere acquistato nelle seguenti librerie:
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Mauro Barberis, Piero Bellini, Daniele Garrone, Sergio Lariccia, Pietro Rescigno, Gennaro Sasso, Carlo Augusto Viano, Gustavo Zagrebelsky.

* Hanno fatto parte del Comitato di Presidenza Onoraria: Norberto Bobbio (Presidente), Vittorio Foa, Alessandro Galante Garrone, Giancarlo Lunati, Italo Mereu, Federico Orlando, Claudio Pavone, Alessandro Pizzorusso, Stefano Rodotà, Paolo Sylos Labini. Ne ha fatto parte anche Alessandro Roncaglia, dal 9/2014 al 12/2016.
 
05.02.2018

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Lo spazio dei lettori.
Eventi, segnalazioni, convegni...

1. un voto per il suicidio - 2. si restringono due fronti - 3. Per il Quirinale una scelta fuori dall’agone politico - 4. Che fare? Come muoverci? - 5. Dopo elezioni: inizia il secondo tempo - 6. la responsabilità dei liberali - 7. come amministrano i grillini a parma

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2 commenti

 

FELICE MILL COLORNI: 1. un voto per il suicidio

Così, dopo diciannove anni di intensiva diseducazione civica di massa, la maggioranza assoluta dei nostri concittadini elettori (gli elettori di B + Lega + Grillo) ci ha consegnati ancora una volta nelle mani dei più ciarlatani. E questa volta con scarse o nulle possibilità di fuga, almeno nel prevedibile futuro – poi, questa volta, sarà quasi certamente troppo tardi. Quando la maggioranza degli elettori di un paese opta per il suicidio politico collettivo, c’è poco che le minoranze possano fare per impedirlo. Questo è anche il frutto di diciannove anni di appeasement dell’intero establishment della Repubblica – mediatico, economico, sindacale, accademico e politico, centrosinistra in testa – nei confronti della ciarlataneria populista: fin dai tempi della bicamerale, e della Lega “costola della sinistra”; e più di recente di un populismo “anticasta” che si è presto trasformato in ideologia mainstream antiparlamentare e in contestazione di principio della democrazia costituzionale. Ideologia e contestazione oggetto anche queste di acritico e bovino appeasement da parte di tutto l’establishment, che si credeva, soprattutto quello politico, sommamente astuto (o “paraculo”, nel linguaggio di molti suoi protagonisti) nel farne propri temi e slogan. Quando si lascia campo libero al populismo e lo si legittima, si troverà sempre uno più populista e più cialtrone degli altri che griderà “più uno” e sarà più creduto. E un establishment che per diciannove anni ha legittimato gente come B e Bossi non ha più argomenti contro nessun ciarlatano. E adesso chi, fra i nostri partner, avrà ancora voglia di salvaguardare un progetto comune da perseguire assieme a questi protagonisti italiani vecchi e nuovi? A distanza di un secolo dal primo tentato suicidio dell’Europa (1914), forse dovremo ricordare queste elezioni italiane come il primo atto rilevante e decisivo del secondo tentativo. Tutto lascia prevedere che, se pure risulterà certo molto meno cruento dell’altro, questo tentativo avrà più successo del precedente nel rendere tutti gli europei irrilevanti nel mondo, e inevitabilmente sudditi di chi, altrove nel mondo, sa ancora guardare oltre le prossime scadenze elettorali.

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GIM CASSANO: 2. si restringono due fronti

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In un quadro ancora incompleto, emerge però con chiarezza come si sia ristretto ulteriormente il fronte di coloro che, quali che siano le loro concezioni circa la vita economica e sociale, comunque vedono in una democrazia compiuta la premessa necessaria di ogni progresso.
E si è ristretto ancor più il campo di coloro che ritengono che la democrazia italiana non abbia prospettive al di fuori di un solido e biunivoco rapporto con le forze democratiche europee.
Nel buon risultato del PdL e nel pessimo risultato di Monti, si conferma come la destra italiana non riesca a prender le distanze dalle intonazioni populiste, dal disinteresse nei  confronti dei principii che hanno ispirato la nostra Costituzione, dalla vocazione provinciale ed antieuropea.
E, nel grande risultato del Movimento 5 Stelle, a parte la comprensibile indignazione degli italiani nei confronti di un ceto politico immobile, sono da vedere un’analoga propensione alle scorciatoie populiste ed al ripudio dei legami europei e dei metodi della democrazia, nella quale non è normale gridare: “arrendetevi”.
Questi, insieme a quello dell’ingovernabilità, gli ultimi frutti della Seconda Repubblica.
In un quadro ancora incompleto, emerge però con chiarezza come si sia ristretto ulteriormente il fronte di coloro che, quali che siano le loro concezioni circa la vita economica e sociale, comunque vedono in una democrazia compiuta la premessa necessaria di ogni progresso.E si è ristretto ancor più il campo di coloro che ritengono che la democrazia italiana non abbia prospettive al di fuori di un solido e biunivoco rapporto con le forze democratiche europee.Nel buon risultato del PdL e nel pessimo risultato di Monti, si conferma come la destra italiana non riesca a prender le distanze dalle intonazioni populiste, dal disinteresse nei  confronti dei principii che hanno ispirato la nostra Costituzione, dalla vocazione provinciale ed antieuropea.E, nel grande risultato del Movimento 5 Stelle, a parte la comprensibile indignazione degli italiani nei confronti di un ceto politico immobile, sono da vedere un’analoga propensione alle scorciatoie populiste ed al ripudio dei legami europei e dei metodi della democrazia, nella quale non è normale gridare: “arrendetevi”.Questi, insieme a quello dell’ingovernabilità, gli ultimi frutti della Seconda Repubblica.

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GIUNIO LUZZATTO: Per il Quirinale una scelta fuori dall’agone politico

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Con il voto “grillino”, al di là dello sgradevole stile comiziesco del leader, bisogna fare i conti. Ciò è vero non solo per ragioni numeriche, l’impossibilità di costruire al Senato una maggioranza politica basata sui partiti tradizionali, ma per un dato di fondo: l’entità del consenso al Movimento 5 stelle corrisponde a un sentire diffuso, le indagini sulla scarsissima fiducia del Paese non solo nei partiti, ma addirittura nelle istituzioni pubbliche mostrano percentuali impressionanti (da prefisso telefonico, come si usa dire). “Una democrazia non può stare in piedi”, scrive Enzo Mauro su Repubblica del 27 febbraio, se i cittadini non ci credono.

Nel porsi il problema della costruzione di un governo vengono perciò formulate, da varie parti, proposte di immediate riforme politico-istituzionali e si auspica che esse abbiano assoluta priorità. Tutto giusto, ma non si devono sottovalutare le difficoltà: la riduzione del numero dei Parlamentari e l’abolizione delle province costituiscono modifiche costituzionali, per avere una nuova legge elettorale non basta cancellare il Porcellum ma occorre un difficile consenso sulle alternative (e, se si trattasse di Collegi uninominali come molti di noi auspicano, ciò richiede poi di disegnarli sul territorio). I tempi non possono essere quindi brevissimi, e anche se le cose procedessero nel modo migliore è impossibile sperare in un immediato impatto positivo sull’opinione pubblica.

Vi è però anche, imminente, un momento di grande rilievo istituzionale dove sarà netto, chiaramente visibile e soprattutto immediatamente operativo il risultato della scelta tra la continuità -da un lato- con l’attuale gestione politico-partitica, ovvero -dall’altro- un salto di qualità verso un diverso peso della società civile nella realtà istituzionale del Paese. Si tratta dell’elezione del Presidente della Repubblica, funzione alla quale (Art. 84 della Costituzione) “può essere eletto ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni di età e goda dei diritti civili e politici”.

Altri Paesi hanno più volte scelto, per incarichi di questo tipo, personalità culturalmente e professionalmente autorevoli non provenienti dall’agone politico; in Italia invece, nonostante l’apertura suggerita dalla formulazione citata, sono sempre stati eletti uomini dei partiti, con la sola (parziale) eccezione del primo Presidente, Luigi Einaudi.

Il distacco di cui si sopra si è detto induce a proclamare l’esigenza di rompere con questa prassi: se non ora, quando? Le competenze disponibili non mancano. Vi sono nel Paese forze intellettuali e civili che si sono impegnate in movimenti e associazioni “politici”, nel senso alto del termine, al di fuori degli schemi partitici e senza cadere in localismi o settarismi: vi sono state mobilitazioni a difesa dei valori costituzionali e dei diritti di cittadinanza, contro la criminalità organizzata e per la tutela del paesaggio, recentemente – con successo – per la promozione di Referendum a difesa dei beni comuni. Sarebbe criticabile affidare la massima responsabilità istituzionale a pensatori astratti; siamo invece nella condizione di poter avere persone che hanno già esperienza di qualificate azioni svolte per la collettività, in forme diverse da quelle che oggi il Paese contesta.

Probabilmente, i numeri dei Grandi elettori del Presidente (Parlamentari e delegazioni regionali) consentirebbero di raggiungere su un candidato “tradizionale” una maggioranza altrettanto tradizionale. Ma le forze politiche mostrerebbero, in tal caso, di non aver capito nulla della lezione del 24-25 febbraio.

Al di là di questo elemento strategico, sul piano tattico va inoltre osservato che nessun terreno quanto questo è valido al fine di mettere alla prova gli eletti del Movimento 5 stelle. Essi hanno detto “tutti a casa”, e vi è l’occasione di mostrare che ciò si può fare al massimo vertice. Per di più, mentre altre “offerte” sono poco attraenti perché obbligate dai numeri, qui si tratterebbe di una rinuncia vera a un risultato tecnicamente possibile.

Se una svolta di questo tipo vi fosse, forse potremmo cominciare tutti a riprendere le nostre speranze civili.

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FLAVIO LOTTI: Che fare? Come muoverci?

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E ora cosa dobbiamo fare? Come dobbiamo muoverci? La domanda ci tocca tutti. Una cosa è chiara: dobbiamo cercare insieme. Non possiamo attendere che qualcuno ci dica quello che dobbiamo fare. Primo perché nessuno lo sa. Secondo perché se c’è qualcuno che pretende di saperlo è un imbroglione.

Dobbiamo cercare insieme. Non da soli. Da soli, cioè da “isolati”, non si risolvono i problemi. L’individualismo ha già fatto troppi danni.

“Cercare insieme” vuol dire accrescere la nostra capacità di ascoltare, dialogare, confrontarci, scambiare, condividere.

Che ci piaccia o meno, il mondo sta cambiando profondamente e, dopo le ultime elezioni, il cambiamento è cominciato anche in Italia. La crisi della politica, sommata alla crisi economica (e a tutte le altre crisi: etica, morale, sociale, ambientale,…) si è trasformata in una spaventosa crisi di fiducia e di rappresentanza. E oggi anche le oligarchie politiche tremano. Non c’è qualcuno che non sia costretto a ripensare sé stesso, il proprio progetto, il proprio percorso.

Come ne usciamo? E soprattutto, cosa possiamo fare noi per uscire da questa situazione drammatica? Cosa dobbiamo fare per scongiurare i pericoli che incombono? Come possiamo indirizzare il cambiamento e far ripartire il futuro?

Le idee e le proposte non mancano. Quello che manca è un luogo sinceramente e costantemente aperto dove sia possibile intrecciare le idee, le competenze e soprattutto i percorsi di ciascuno. Oltre gli steccati, le appartenenze, gli obiettivi settoriali.

Abbiamo bisogno di cambiare e d’inventare una nuova politica. Non vedo alternative. Come? Cerchiamo di rispondere insieme. L’errore più grande che possiamo fare è non provarci.

Riflettiamo e parliamoci.

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PIERFRANCO PELLIZZETTI: Dopo elezioni: inizia il secondo tempo

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Nei lunghi mesi che hanno preceduto le elezioni di questo febbraio, noi suiveurs vecchi e giovani della politica (non di rado affetti da dipendenza cronicizzata a questo letale stupefacente) di commenti in itinere ne abbiamo fatti una miriade, puntuali o sballati si siano rivelati. Invece, ora che le bocce si sono fermate, le analisi risultano un po’ tutte (o quasi) fatte con lo stampino: Bersani non ha vinto, Berlusconi, non ha perso, Grillo ha trionfato. Pausa, segue sospiro e commento a chiusura: stupefacente.

Chi scrive non riesce a condividere il merito né il relativo stupore, avendo previsto l’altrapolitica al 25% in un post apparso su questo blog già dieci giorni prima del redde rationem; soprattutto facendo adesso un minimo di conti, da cui risulta che tanto PD come PDL si riposizionano a marcia indietro: Bersani avendo perso tre milioni di voti e Berlusconi sei, a fronte di un assenteismo cresciuto di ulteriori cinque punti rispetto al 2008.

Solo il gioco a sviare delle percentuali, calcolate senza precisare che la base numerica si è ristretta rispetto al dato storico comparativo, può consentire la mimetizzazione truffaldina della sconfitta di entrambi i leader delle coalizioni contrapposte. Sì, Bersani e Berlusconi hanno perso un pacco gigantesco di voti, al di là delle chiacchiere. Il che conferma un altro punto già segnalato: l’estrema modestia degli attori in campo; compreso l’imbonitore di Arcore, che ha smarrito per strada quasi metà dei consensi e i lacchè te lo magnificano come un genio acchiappavoti: lo fanno sembrare tale competitori che sono ancora più scarsi. A cominciare da baccalà Mario Monti, rivelatosi il solito milanese naif dal pedigree bocconiano, immancabilmente predisposto a farsi infinocchiare dall’ennesimo consulente tirapacchi.

Lo diceva Carlo Freccero su la 7 e lo ripeto: l’esperto fatto arrivare dagli States per dare un tocco fashion alla campagna del premier si è rivelato il massimo del provincialismo, con lo stelle-e-strisce che pensava di essere venuto a venderci le perline. Da qui il risultato geniale di aver fatto piazza pulita del tipico imprinting “sobrietà” montiano, sostituito autolesionisticamente dal modello “politico alla mano delle Grandi Pianure” con contorno di cagnetti a noleggio e birrette varie. Ci mancava solo il cappellaccio da cowboy e l’imbarazzatissimo in loden avrebbe cominciato a singhiozzare… L’austerità è a malapena accettabile se imposta da un tipo austero, diventa provocazione intollerabile da parte di un ridanciano zuzzurellone: che la Lista Civica sia riuscita comunque a incassare un dieci per cento dei voti ha davvero del miracoloso.

In sostanza, dal punto di vista dell’establishment queste elezioni avevano un obiettivo primario e uno secondario. Il primo era tentare di togliere da sotto il sedere dell’ingombrante Berlusconi il tappeto di consensi su cui è seduto da vent’anni. Doveva farlo Monti, ma la missione non è andata a buon fine. Quel tappeto si sta disfacendo per consunzione e un pezzo glielo ha tranciato via Grillo.

Il secondo obiettivo era stabilire se il PD dovesse stipulare l’accordo di governo dopo le elezioni con i “carini” del cosiddetto centrismo (oltre al professore, i Montezemoli, i Fini e i Casini) oppure con il cacicco di Arcore. Anche in questo caso Monti ha fatto karakiri e l’avanzata degli alieni discesi da Cinquestelle ha reso problematica ogni forma di neoBicamerale inciucesca. E allora?

Niente paura: come già si diceva questa è una partita che si gioca sull’arco dei due tempi. E la prossima volta si ritornerà in campo avendo liberato il match da molti giocatori-zavorra. L’incontro potrà concludersi positivamente se i contendenti residui (rinnovati sull’intero fronte da molte nuove entrate e da altrettanti pensionamenti) avranno capito che non è più il momento di scherzare e se si avrà avuta l’accortezza di stabilire regole di fine partita un po’ meno demenziali di quelle che erano vigenti nel primo tempo. Ossia una nuova legge elettorale.

Tutto qui. Gli annunci di catastrofi sono solo le teatralità care a un’informazione – come dire? – “pigra” e a un’establishment che non sa fare altro che spendersi la carta della paura. Ma gli italiani hanno raggiunto un tale livello di disperazione che dello spread o del prossimo inquilino del Colle non gliene può fregare di meno.

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enrico lecis: la responsabilità dei liberali

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Grillo non ha fatto altro che rappresentare e dare sfogo ad un fenomeno politico sociale che in Italia si è sviluppato, come un bradisisma, lentamente e gradatamente fin dagli anni, diciamo, da dopo il crollo del Comunismo e dopo “tangentopoli” secondo lo schema che Antonio Gramsci ben descrisse nei suoi “Quaderni dal carcere” (nelle “Note sul Machiavelli” pp 50/51).

“A un certo punto della loro vita storica i gruppi sociali si staccano dai loro partiti tradizionali; cioè i partiti tradizionali in quella data forma organizzativa, con quei determinati uomini che li costituiscono, li rappresentano e li dirigono, non sono più riconosciuti come propria espressione dalla loro classe o frazione di classe. Quando queste crisi si verificano la situazione immediata diventa delicata e pericolosa, perché il campo è aperto alle soluzioni di forza, all’attività di potenze oscure, rappresentate dagli uomini provvidenziali o carismatici.”….............. “In ogni paese il processo è diverso, sebbene il contenuto sia lo stesso. E il contenuto è la crisi di egemonia della classe dirigente, che avviene o perché la classe dirigente ha fallito in qualche sua grande impresa per cui ha domandato o imposto con la forza il consenso delle grandi masse (come la guerra) o perché vaste masse … sono passate di colpo dalla passività politica a una certa attività e pongono rivendicazioni che nel loro complesso disorganico costituiscono una rivoluzione. Si parla di «crisi di autorità» e ciò appunto è la crisi di egemonia, e crisi dello Stato nel suo complesso (…).”

Così si spiegano prima Berlusconi e il berlusconismo, e Bossi e la Lega Nord, e adesso Grillo e il “grillismo”. Senza dimenticare pure la diffusione nel nostro Paese, dopo la fine della “prima repubblica”, degli altri tentativi personalistici di intercettare e cavalcare le nuove e confuse istanze provenienti dai vari ceti e gruppi sociali, in gran parte delle nuove generazioni, distaccate e critiche verso i “vecchi partiti” e contro il “vecchio sistema politico corrotto e incapace a governare” (dallo stesso Mario Segni fino a Di Pietro, e adesso in ultimo anche ad Ingroia, a sinistra, e a Storace ed altri a destra).

Quindi in Italia, con la persistente sordità e incapacità di capire dei vecchi gruppi dirigenti oligarchici che hanno tentato di cambiare solo volto ed abiti esteriori, prima è cresciuto un diffuso consenso passivo indotto da sistemi elettorali bipolari e maggioritari, e adesso, con la recessione e la grave crisi economica e la paralisi politica dei partiti che hanno governato in questi ultimi dieci anni, questo si è rapidamente trasformato in distacco e contestazione nei confronti di quei gruppi dirigenti e dei partiti tradizionali che hanno governato soprattutto negli ultimi venti anni; distacco e contestazione che infine si sono manifestati ed espressi a valanga nelle elezioni del 24 e 25 febbraio scorso (ma che già erano stati preannunciati nelle elezioni siciliane e dai tanti sondaggi di tutti i centri demoscopici).

In Italia, per la prima volta dagli anni ’50, dopo il tentativo allora fallito di riprendere il processo, interrotto fin dalla 1ˆ guerra mondiale e poi col Fascismo, di promuovere e diffondere la cultura civile e liberale tra i ceti popolari e, con il consolidamento delle istituzioni dello Stato democratico-liberale, anche lo sviluppo economico diffuso nel quadro di una economia sociale di mercato (Zanardelli-Giolitti), per la prima volta i cittadini di vasti e sempre più estesi gruppi sociali mostrano, superando vecchie divisioni e distinzioni ideologiche e di appartenenze a categorie e a classi economiche e sociali, una generale consapevolezza delle disfunzioni, inadeguatezze e patologie del sistema politico e dell’organizzazione dello Stato, nonché del sistema economico e sociale e del rapporto tra quello e questo. Quindi, un fatto rivoluzionario per l’Italia, dopo quasi un secolo di sistemi socio-economici, chiusi, corporativi, clientelari e familisti, assistenzialisti, e ingabbiati da una forte presenza e condizionamento della mano e dei poteri pubblici e della burocrazia, prodotti dalle culture prima dirigiste e corporative del Fascismo, e poi socialiste, collettiviste e stataliste del Socialismo marxista e del Comunismo, e da quelle solidaristiche e assistenzialistiche del mondo cattolico e cattolico-democratico, culture che appunto hanno conquistato e guidato le coscienze degli italiani e dominato lo Stato per 100 anni.

Per la prima volta, dal basso cresce spontaneamente, anche se in modo confuso,  la protesta e la contestazione contro tutto ciò.

Purtroppo a ciò si accompagna anche un diffuso senso di “antipolitica” e,  peggio, di contestazione, insieme ai partiti dominanti e ai loro gruppi dirigenti, anche degli organi e degli istituti dello Stato democratico liberale (in particolare la sostituzione del Parlamento e della democrazia rappresentativa con la democrazia diretta) occupato permanentemente da quei partiti che hanno finito per confondersi con esso fino ad identificarsene. Insomma il rischio gravissimo è che si finisca per voler gettar via “con l’acqua putrida” delle classi dirigenti con le loro vecchie e superate idee, e con il sistema politico corrotto da esse generato, anche “il bambino” degli istituti della Democrazia liberale; istituti già messi gravemente in discussione e anche sviliti da vent’anni di berlusconismo antiliberale.

E qui, a questo punto, entra in gioco la e le responsabilità dei liberali italiani, che purtroppo continuano, perseveranti (diabolicamente!), nei vecchi difetti suicidi, del frazionismo, del personalismo, e del leaderismo autoreferenziale (in ultimo la temeraria e disastrosa partecipazione solitaria di De Luca e di Palumbo con il loro PLI a queste elezioni politiche), e che Federico Orlando ha recentemente ben descritto in diversi suoi articoli sul giornale Europa.

Una responsabilità dei liberali italiani che, oserei dire, è grandissima e storica per la salvezza dell’Italia e con essa, forse, anche della stessa Unione Europea.  In effetti (ed è questo l’aspetto positivo del fenomeno “rivoluzionario” in atto), anche se in modo confuso, da quella sempre più gran parte del popolo italiano, che non solo ha votato “Movimento 5 Stelle” ma con analoghe finalità protestatarie ha votato anche altri partiti e partitini (Giannino, Ingroia, ma prima, alle primarie del PD, volevano e non poterono votare per Renzi), si manifesta genericamente una richiesta di politiche e di riforme del sistema economico e della organizzazione dello Stato e dei suoi rapporti con i cittadini, le quali ben sarebbero corrisposte proprio dalle politiche e dalle riforme ispirate alle idee e ai valori del liberalismo democratico; il quale fino ad oggi è stato oscurato, combattuto, censurato, e semmai strumentalizzato in una sua versione deformata, proprio da gran parte di quei gruppi dirigenti dei partiti politici contestati,  responsabili, per aver adottato politiche illiberali, del fallimento e della crisi dell’economia e con essa della coesione sociale  e della stessa democrazia e della libertà del popolo italiano.

I liberali hanno la responsabilità e il dovere storico immediato di riuscire a riunirsi ed a organizzarsi, e quindi a far conoscere subito le loro proposte, per una “rivoluzione” liberale che, nel riformare la “politica” e lo “Stato”, nel ridurre il debito pubblico e riavviare lo sviluppo economico e con questo il lavoro, il reddito e quindi tenere in equilibrio i “conti pubblici”, promuova, garantisca e tuteli la e le libertà di ciascuno e di tutti nella convivenza civile e responsabile con tutti gli altri individui cittadini associati;  per mezzo dello lo Stato Liberale che, fondato sulla sovranità dei cittadini e i cui organi sono sottoposti alla Costituzione e alle Leggi prodotte dalla rappresentanza dei cittadini e con l'impero della stessa Costituzione e di queste leggi, non deve essere neutrale ed assente verso lo svolgersi dei rapporti economici e sociali tra i cittadini e tra i gruppi sociali, ed invece  deve intervenire. Ma un intervento che non deve avvenire  "per principio" e ideologicamente per sostituirsi alle libere iniziative dei cittadini e guidarli nella loro irresponsabilità, ma invece deve avvenire "a ragion veduta"  per garantire a tutti i cittadini eguali opportunità e punti di partenza e quindi per limitare la libertà e il potere dei potenti e promuovere la libertà e i poteri degli individui sfortunati e dei diseredati e dei ceti sociali ai margini o esclusi socialmente dalla convivenza civile, in poche parole promuovendo e garantendo le condizioni per la inclusione sociale e per il funzionamento della società del merito e degli ascensori sociali, con una estesa rete di protezione sociale che raccogliendo gli sconfitti e gli sfortunati del momento, sappia riportarli ai punti di partenza per metterli in condizione di ricominciare a competere.

Proposte che, per l’appunto, come dicevo prima, di fatto sono quelle che vengono incontro alle domande e alle critiche che in modo confuso e contraddittorio, più o meno consapevolmente o inconsapevolmente, provengono dall’attuale movimento protestatario  che in gran parte si rifà a Grillo e al “grillismo.

Verrebbero attratti molti di coloro che, dopo la protesta con Grillo, cercano adesso una proposta alternativa a quella dei vecchi partiti e delle vecchie classi dirigenti responsabili del fallimento dell’Italia, della sua economia e della sua democrazia, col rischio di coinvolgervi anche l’intera Europa.

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Luigi Boschi: Come amministrano i grillini a Parma

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Pizzarotti non è certo l'esempio di democrazia deliberativa della rete. E' solo un furbetto che si spaccia per informatico, ma che il suo diploma Ipsia, non rilascia. Il Comune che sborsa 2.440.000 euro per il Regioi. Di azioni di responsabilità, verso l'ex dirigenza, almeno come segnale politico, nei confronti di chi ha prodotto il danno non se ne parla! E per far fronte a questa situazione si sta siglando un mutuo di oltre 4.000.000 di euro con una banca che ovviamente pagheranno i cittadini. Ed ecco che si rivela perché la Giunta ha deliberato velocemente in occasione del Nabucco, il versamento di 2.156.000 euro, quale contributo residuo relativo all'anno 2013 a favore della Fondazione Teatro Regio da spendere come credibilità con le banche.

Bersani sembra un rabdomante che chiede agli altri di investire dove crede ci sia l'acqua!! Ma l'acqua lì, dove dice lui, non c'è mai!

da tempo sembra adotti un bastone insensibile a ciò che cela il sottosuolo.

Sta di fatto che è venuto a Parma, una città devastata dal ladrocinio imperante, dalla deriva etica nella P.A., e ha perso!

A Milano in Regione di fronte allo scandalo Formigoni e a quello della Lega, i lombardi hanno votato Maroni quello della Lega che investiva i rimborsi elettorali pubblici in diamanti... quello che ora si esibisce sulla loro capacità di concretezza.

In Italia alle politiche ha perso oltre 4.000.000 di voti.

E pretende Bersani, di dire a Grillo cosa deve fare adesso che è in Parlamento. Come se non avesse mai ascoltato che diceva Grillo nel suo tour? O non sapesse analizzare la tipologia di comunicazione adottata dal nuovo istrione politico nazionale.

Hai mai visto, Bersani, Grillo dialogare con qualcuno?

Lui ha adottato il linguaggio del monologo, perché è quello che gli conviene, gli è più confacente, lo ha sempre usato con successo prima in TV e poi nelle piazze. Lui sa come si usa la Tv più dei politici. Ha proibito ai suoi di parlare in TV perché sa che la telecamera coglie l'anima delle persone e se questi improvvisati avessero dilagato in TV con le loro opinioni in dialogo con gli altri avrebbero compromesso il successo politico del M5S, creando invece un disastro politico. Prevedibile. Favia docet! Quando ho visto la piazza di Parma, non avevo dubbi, sulla portata del risultato. Che questa poi non sia democrazia (la funzione della democrazia consiste nel “tenere insieme libertà e pace sociale... la democrazia sta conoscendo una mutazione tanto silenziosa quanto insinuosa dei meccanismi che la fanno vivere e riprodurre”) non abbiamo bisogno che tu Bersani, ce lo venga a dire e metterci in guardia. Tu pensa a fare la tua parte che Grillo sa benissimo quel che vuole fare. Piuttosto ti dovresti domandare come mai gli italiani hanno votato Grillo e non te, che hai fatto le primarie, hai un partito strutturato, ecc. E continui a perdere colpi. Dopo Parma, la Lombardia, poi in Parlamento ti ritrovi a dover trovare una intesa con colui a cui avete rifiutato la tessera del PD. E da anni ti manda a f.culo. Grillo scrive: “ noi vorremmo che i partiti scomparissero” E tu Bersani vorresti dialogare con lui? “Ma ragazzi! Siam mica qui a fare il parmigiano reggiano con il latte di soia!”

E tu chiedi di sapere da lui che cosa vuol fare in nome della responsabilità verso il Paese? Forse che voi l'avete avuta in MPS, con Monti? Avete saputo individuare un qualche modello credibile da adottare di fronte alla decrescita economica che non è felice? Non è questo il momento della difesa Bersani, sembri un pugile suonato che cerca di abbracciare il suo avversario e tenergli le braccia basse per impedirgli di suonartele ancora un po'. Forse dovresti conoscere un po' meglio i territori che poi batti con i tuoi comizi.

Molti anni fa, quando venisti una volta alla Camera di Commercio di Parma per sostenere un tuo candidato sindaco, mi sembra l'Albertina Soliani, all'uscita ci fu uno (ero io) che ti disse: “Bersani, se i centri di ricerca liberano dai loro cassetti, le nuove scoperte dell'innovazione tecnologica, questo Paese va a gambe all'aria, l'economia salta”... Tu non desti peso a queste mie parole, ma come te in altro modo e pur con costanti sollecitazioni lo dissi a Ubaldi, a Bernazzoli, a quelli dell'UPI... Nessuno voleva credere all'economia delle conoscenze e alla rivoluzione digitale. Questa è la terra del Prosciutto di Parma! A Langhirano ne stagionano 30.000.000 all'anno tra esteri e marchiati, ma forse ne vorrebbero fare 60.000.000. una crescita all'infinito. E questo è il risultato. Un Paese in ginocchio perché la sua classe dirigente non ha voluto investire nel futuro, ma ha preferito sostenere un'economia per certi aspetti insostenibile, inesorabilmente in declino (da terzo mondo! Nei prosciuttifici ci fanno lavorare i musulmani (!), mica gli indigeni), una economia non più strategica, da amarcord, con l'illusione di un PIL in crescita all'infinito. E sul PIL, Grillo, che non misurava il benessere si era già espresso il 18 marzo 1968, all'Università del Kansas, in un famoso discorso Robert Kennedy: «Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico,nell'ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spiritonazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo [ndr: PIL].

Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini.

Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese).

E oggi, Bersani, non ci sono le risorse per fare quello che solo pochi anni fa era auspicabile.

Gli innovatori sono stati emarginati, il nuovo pensiero culturale ridicolizzato dai centri di potere, e la classe politica a rubare a mani basse tutto quel che si poteva rubare. E tu oggi Grillo ci vieni a raccontare la favola del PIL del '68 di Kennedy. Solo per un tuo bieco interesse. Dove eravate voi 5 stellati quando qui a Parma si combatteva colpo su colpo contro la Parmaconnection? Inesistenti!

Bersani, ma non ti chiedi perché gli italiani hanno preferito un comico a te che ti pensi invece persona seria e preparata, politicamente responsabile? Tra l'altro un popolo allevato da voi... Neanche a Bettola, tuo paese, ti hanno creduto (han votato Silvio il 41%!! contro il vostro 32,66% ( http://www.luigiboschi.it/node/43594 ). E a Piacenza non sei amato, circolano piuttosto voci strane... Nemo profeta in patria, è vero, ma quando si gioca sul livello nazionale beh, qualche amico/nemico che si tappa il naso e ti vota li dovresti avere... in maggioranza, e invece no!

Bettola per te, un po' come Gallipoli per D'Alema. Sembra non ci sia feeling nemmeno a Gallipoli con i vostri compaesani. Alla Camera hanno votato la coalizione per Berlusconi il 34,5% contro il vostro 26,7%. Il PDL è il primo partito con il 29,8%. Il M5S è al 26,6% ( http://www.repubblica.it/static/speciale/2013/elezioni/camera/comuni/gallipoli.html )

Forse, Bersani, a Parma, se aveste fatto un mea culpa sull'inceneritore, e aveste dato retta a una minoranza di persone del partito (Maurizio Vescovi l'unico che ha votato contro) che era contraria, adottato una strategia diversa... Forse se ti fossi battuto perché il Regio non venisse più gestito da Meli-Carra &C. e ti fossi informato che cosa era l'OTR di Parma (orchestra emanazione di Ubaldi gestita da Pellegrini e Maghenzani); Forse se ancora oggi ti informassi cosa avviene (niente!) a Parma nell'Assessorato alla cultura (che dovrebbe essere invece strategica (Mauro Gallegati) nella qualità della nuova economia della decrescita... Eppure l'Assessore Maria Laura Ferraris ci è stata calata dall'alto del suo curriculum(?) e da Torino. Grillo dicci chi l'ha paracadutata qui! Con quale missione; Questa è trasparenza? Scelte per meritocrazia? Un altra regola da introdurre Grillo: gli assessori non possono far parte dei CDA né di partecipate, né di Fondazioni. E questo avviene ancora, invece, nella tua Stalingrado, Grillo.E la tua Ferraris ne costituisce l'esempio. Una contraddizione con il nuovo corso politico. Una paracadutata senza qualità che oltre a non fare l'Assessore alla cultura predilige la frequentazione dei CDA e nomina la Trombella ex moglie del sindaco Ubaldi al coordinamento di mostre, beni culturali.

Cosa si fa in SPIP, perché non la si vuole far fallire? (favori alle banche? Coperture di terzi che non compaiono? La prescrizione che salta perché si ripartirebbe dalla data del fallimento con quasi certamente bancarotta fraudolenta per chi sedeva in CDA e da politico ne tirava le fila?) E le partecipate? Vogliamo dire a che serve STT? Una holding di società o in liquidazione o in fallimento? Rispetto a prima si è cambiato solo l'amministratore unico: Bussolati è subentrato alla Piermarioli -nominata da Ciclosi! Nell'interregno fino al voto, avrebbe fatto meno danni Vignali di quel commissaario-. Ma di fatto che c'è di nuovo? Qual è il nuovo piano industriale di STT? Inesistente! Vi è la precarietà del lavoro di persone che giornalmente eseguono ordini di superiori... e che sanno di essere sedute su una mina a tempo. Questo è stato ridotto il lavoro nella pubblica Amministrazione a Parma anche nell'era di Grillo. E si continua a calpestare solo loro, con le loro famiglie, di chi vi lavora, obbligate a eseguire ciò che gli viene ordinato di fare. Scartoffie!! Anche nel territorio di Grillo si riproducono!! e non sono di poco conto. Sono le partecipate che tengono il Comune sull'orlo del baratro. Lo sa bene l'assessore Gino Capelli. Ma cosa si fa di concreto? Non vedo pratiche risolutorie né a breve, né a lunga scadenza.

Ecco, forse Bersani, avresti qualche argomento da contraddire a Grillo su cosa sta facendo a Parma. Ma visto che qui il PD è ancora sotto schock dalle precedenti amministrative e si è cambiato tutto per non cambiare niente... Tu di Parma non hai argomenti su cui dibattere, mentre ne avresti! In primis con i tuoi.

Il sindaco Pizzarotti che parla di trasparenza ma non ha la cultura per praticarla; né ce l'ha nel suo DNA; quella di Pizzarotti non è certo l'esempio di democrazia deliberativa della rete. E' solo un furbetto che si spaccia per informatico, ma che il suo diploma Ipsia, non rilascia. Le sue giustificazioni da volta gabbana nella clamorosa sconfitta sulla crociata contro l’inceneritore è emblematica. Promesse fatte e rinnegate, il peggio della politica. Sta imparando in fretta il linguaggio politichese! Basta vedere nella pratica del Regio: non risponde nemmeno ai suoi concittadini, come per esempio, alla richiesta di trasparenza politica richiesta, non portando in discussione nel CDA della Fondazione Regio la genesi e le motivazioni della lettera servile di Fontana -ex senatore PD- (firmatario di Bersani) su richiesta di Molossi (direttore Gazzetta di Parma). Ma guarda un po'! E poi ci si chiede perché il PD continua a perdere? Perché dentro si annidano ancora personaggi squallidi e traditori come l'ex scaligero.  Ha l'inciuco nel suo DNA! L'opportunismo come etica. Una mano lava l'altra. Pizzarotti, ricordati, chi chiede la verità ha sempre ragione. Questa pagina di degrado etico tua e di Fontana, rimarranno nella storia del Regio.

Grillo nella tua Stalingrado, al vertice della più importante istituzione culturale, c'è un servo senza dignità. L'ha venduta! Si è rivelato di suo pugno. Incapace di trovare risorse private, per ora le ha raccattate dalle nostre tasche. Il Comune che sborsa 2.440.000 euro per il Regio. Di azioni di responsabilità, almeno come segnale politico, nei confronti di chi ha prodotto il danno (capitale della Fondazione a -1.900.00 e 9.000.000 di debiti) non se ne parla! Sarebbe controproducente Pizzarotti?

Se tutti i creditori facessero i decreti ingiuntivi, come ha fatto l'OTR, la Fondazione chiuderebbe. E per far fronte a questa situazione si sta siglando un mutuo di oltre 4.000.000 di euro con una banca che ovviamente pagheranno i cittadini. Ed ecco che si rivela perché la Giunta ha deliberato velocemente in occasione del Nabucco, il versamento di 2.156.000 euro, quale contributo residuo relativo all'anno 2013 a favore della Fondazione Teatro Regio, da spendere come credibilità con le banche. Perché solo forse a partire dal 2016 (se arriveranno gli sponsor -per ora non si va oltre a quelli indigeni- e se Fondazione Cariparma manterrà gli esborsi degli anni passati, cosa che per ora non ha garantito) il teatro raggiungerà il pareggio! Questo Pizzarotti, Grillo, sarebbe il vostro tzunami?

Sulla prima casa per tutti, da anni, Bersani, avevo presentato una proposta: Niente, tutti muti anche dal tuo partito! Il reddito di cittadinanza non è qualcosa di nuovo, ma da tempo se ne è già discusso,anche Veltroni lo proponeva, si devono trovare le risorse per renderlo possibile.

Altro che cercare un dialogo, qui c'è solo da contrattaccare. E' palese che Grillo non vuole un dialogo in queste condizioni, perché poi avrebbe le mani legate. Vi spinge tutti compreso boom boom Napolitano (ora riabilitato dopo la posizione presa nei confronti del tedesco Peer Steinbrueck -candidato cancelliere dell'SPD come successore di Angela Merkel) a un nuovo governo tecnico e a nuove elezioni, allora la sfida è da cogliere e farle, cosa che dovevate fare già da tempo anziché prorogarle con il vostro governo tecnico Monti, che avrebbe dovuto fare almeno la legge elettorale, e non l'ha fatta!! E se oggi abbiamo il risultato dell'ingovernabilità del Paese dopo le elezioni, la responsabilità è dei politici che hanno fatto questa legge porcata... e di chi non ha saputo farne una nuova. Non è certo responsabilità degli italiani l'ingovernabilità post elettorale che invece viene di solito espressa in qualsiasi Paese. E questa è una vergogna di cui tutti i politici opposizione compresa dovrebbero pagarne personalmente le conseguenze. Almeno dovrebbero rimborsare gli inutili costi elettorali 389 milioni di euro + 91 milioni di finanziamento pubblico ai partiti, dovuti alla loro legge. E di voti, Monti, ve ne ha fatti perdere parecchi. Altro che senso di responsabilità. Il risultato di Grillo è frutto di questa disperazione economica popolare (repubblica 04/03/2013: abbiamo perso 70.000 aziende nell' ultimo quinquennio; i senza lavoro e i cassintegrati superano i 3 milioni di persone; il 40% dei giovani è disoccupato; le banche hanno chiuso il credito; i consumi interni sono crollati; le distanze sociali si sono allargate; il 30% della popolazione è a rischio povertà; sono dati impressionanti frutto della nostra politica!) Se fosse stata capita e fosse stata adottata una strategia politica adeguata anziché l'inutile asperità della austerità nei confronti della popolazione, che non porta a nulla, anzi! Aggrava la crisi, ed essere magnanimi, invece, con le banche. Ma certo, si salvano le banche (che sono portatrici di interessi di pochi), e si lasciano sul lastrico le persone.

Bersani, tu lo sai perché abbiamo perso l'europeo contro la Spagna? L'Italia era bollita e Prandelli su sua stessa ammissione, avrebbe dovuto cambiare metà squadra. Ma non se la sentì. E così non portò a casa, forse il possibile risultato, visto come era andata al primo scontro diretto dove abbiamo corso il rischio addirittura di vincere.

Questa è la crisi politica più grave del dopoguerra ed era inevitabile ci arrivassimo visti i presupposti economici, sociali e la deriva politica. Allora o il PD cambia uomini e strategie o continuerà a perdere all'infinito. Ora siamo arrivati al capolinea dove il comico per professione (bandito dal PD! E cogliendo il sugerimento di Fassino) va al potere con 8,5 milioni di voti, producendo anche una commedia all'italiana (siamo specialisti) e tu da commediante, Bersani, invece, diventi tragicomico.

(Parma, 04/03/2013)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


{ Pubblicato il: 24.02.2013 }




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Argomenti correlati: opinioni, elezioni, liberali - 2 commenti


Commento inserito da ert il 03.03.2013:
per l'abolizione delle province non occorre cambiare la costituzione,basta tenerne una e abolire tutte le altre. Poi con tutto il tempo necessario si cancella costituzionalmente anche l'ultima.
Commento inserito da Giorgio45 il 04.03.2013:
Per "il Quirinale una scelta fuori dall’agone politico". Non sarei così certo di un'amplissima scelta tra chi ha svolto opera di mobilitazione civica (qualsivoglia, si dice)di personalità adeguate al ruolo. Poi mi sembra di ricordare che Ciampi sia stato eletto Presidente senza militare in alcun partito. Comunque spero che i grandi elettori siano indotti dalle circostante a convergere su un buon Presidente universalmente stimato.