paolo ercolani
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La sensazione, però, volendo andare al di là del conformismo imperante sui media, è che corriamo seriamente il rischio di lasciarla andare senza fare nulla o quasi. Poniamo il caso infatti, ancora tutto da dimostrare, che il regime «al sonnifero» di Silvio B. sia veramente alla frutta. Giochiamo pure ad accettare con entusiasmo gli slogan tanto decantati dai media nostrani, che il vento è cambiato, che il popolo italiano si sta risvegliando e, con esso, la coscienza civica e culturale di un intero paese non più disposto a tollerare demagogie populistiche e incompetenze furfantesche.
Prendiamo per buona questa versione e analizziamo i fatti col presupposto tranquillizzante di una riscossa ormai imminente. Cosa vediamo? Vediamo, per esempio, il ricomparire di un fenomeno assai inquietante. La riapparizione delle interviste fiume a un signore, Massimo D’Alema, che ancora una volta, con la puntualità di un’allergia primaverile, torna a pontificare con spocchia tanto fastidiosa quanto immotivata su cosa bisogna fare per far tornare il centro-sinistra alla guida del paese. Dispiace che a prestarsi a questa pratica ormai logora e patetica sia un giornalista valido e intelligente come Massimo Giannini. Con la sua solita aria da fine statista e profondo conoscitore della «macchina» politica, il «multi-ex» della sinistra (sinistrata) italiana (ex segretario, ex presidente del consiglio, ex direttore de L’Unità etc.), discetta con incurante saccenza e impavida assenza di auto-ironia dimenticandosi di essere il capostipite di un’intera generazione di dilettanti allo sbaraglio che è riuscita a combinare i disastri più assurdi, fino a regalarci il secondo ventennio di vergogna della storia patria.
D’Alema, ma anche Veltroni, anche gli ex Dc e l’intera dirigenza del centro-sinistra sono riusciti a ripudiare con assenza di critica ed elaborazione culturale, e senza la capacità di un progetto nuovo, la storia alle proprie spalle per consegnarsi mani e piedi, e con loro un intero popolo, alla sciagura di un imprenditore spregiudicato e mediaticamente furbissimo e alla sua cricca di nani, ballerine e servi sciocchi. E anche nel caso delle recentissime elezioni, non dimentichiamolo per favore, il signor D’Alema e il signor Veltroni, e insieme a loro tutti quelli che pateticamente si sono fatti un restyling di immagine priva di contenuto, erano quelli che si erano opposti a Pisapia perché un estremista non poteva conquistare la borghesia milanese, quelli che a Napoli hanno messo su un disastro per poi candidare un uomo politicamente nullo, quelli che ancora oggi si accapigliano sul fatto se sia più vincente andare con Casini e col Terzo Polo (sic) oppure allearsi con Di Pietro e la sinistra radicale. Dimenticando un piccolo particolare, quello che interessa veramente tutti noi: andare dove? Non tanto con chi, ma dove? Per fare cosa? Per cambiare questo paese in che modo? Quali le grandi riforme che hanno in mente? Investire sulla ricerca? Riformare il fisco e in quale direzione? Tornare a spendere per l’istruzione pubblica, oppure continuare a elargire regali assai costosi alle scuole private della Chiesa? Costruire un paese veramente laico, in cui la centralità dell’individuo sia quella del cittadino e non del fedele di qualche religione? Pensare una riforma seria della giustizia o tornare a vincere per rimettere in quel dicastero nientemeno che l’ineffabile Clemente Mastella, come avvenne nella precedente e sciagurata avventura?
Invece no, questi geni che da vent’anni fanno da patetico contraltare alla dittatura «cazzara» di Silvio B., in questo appoggiati da media stanchi, privi di idee e di slanci critici, con gente che sta lì dentro grazie al patrono politico di turno, ancora si accaniscono se il candidato deve essere Bersani, Vendola, un salvatore della patria esterno (Monti, Draghi?), ragionano fittamente se rifare l’Unione oppure no, se andare da soli o in compagnia, se spostarsi un’anticchietta a sinistra o un cetriolino al centro. Che magnifica sensazione che danno di avere imparato dalla storia! Storia recente, poi, manco toccherebbe leggere più di tanto quei volumoni che i non laureati D’Alema e Veltroni non hanno letto e anche se li avessero letti…Ok! Stop, basta così. Il senso è chiaro, credo.
Insomma, vogliamo accorgerci che bisogna mettersi a tavolino e ripensare una nuova Italia? Che bisogna studiare e poi scrivere un programma degno di questo nome, che bisogna restituire agli elettori un progetto per il paese, un ideale per le generazioni future, un manifesto programmatico delle cose da fare per sperare di essere all’altezza dei grandi cambiamenti epocali? Si è voluto fare un partito, il Pd, unendo pateticamente le due tradizioni socio-culturali che per decenni si sono più combattute nel nostro paese. E adesso si vede. Quando arriva il momento di non essere uniti nell’opposizione al «cazzaro» di turno, ma di unirsi per pensare un paese nuovo e delle politiche riformistiche, è fin troppo evidente che tornano a galla i retaggi del passato. Di chi ricorda la scuola bigotta del libro Cuore e di chi ancora vive della rendita sciagurata del Sessantotto. Ed è solo un esempio. Così non si va da nessuna parte e invece di aspettare che Silvio B. crolli, sarebbe ora di cominciare, già da subito, già da ieri, ad azzerare questa classe dirigente (sic) del centro-sinistra e i loro ridicoli partiti post-moderni (tanti generali e poche truppe, poche idee ma ben confuse!) e costruire una grande casa comune unita innanzitutto da un programma di riforme, sulla scuola, sulla politica industriale, sulla giustizia, sulla laicità dello stato, sull’idea dell’Italia che vogliamo.
Se non si farà questo, se i soliti noti aspetteranno il crollo di Silvio B. per tornare al potere per i soliti cinque mesi (in attesa di azzuffarsi su tutto e anche di più), allora non avremo imparato nulla, non cambierà davvero nulla e avremo perso quella grande occasione, che forse è anche l’ultima, di costruire un paese unito degno veramente di questo nome!
Ps Dimenticavo, la cosa buffa, anche se non c’è da stare allegri per niente, è che tutta questa giaculatoria partiva da un presupposto volutamente dato per scontato, ma che non lo è affatto: la fine di Silvio B. Calcolando che neppure questa è acquisita, mi scorre come un brivido di terrore al pensiero di quanto tempo dovrà ancora passare prima che potrò smettere di leggere le illuminanti interviste a quel grande e furbissimo statista che è Massimo D’Alema…
{ Pubblicato il: 06.06.2011 }