paolo ercolani
Nessun commento“Gli uomini sono tutti cani in calore”, è la sentenza caustica e definitiva di Maureen Dowd sul New York Times dell’8 giugno, a commento dell’ennesima vicenda che vede un politico americano coinvolto in uno scandalo sessuale. Si tratta di Anthony Weiner, deputato liberaldemocratico di quarantasei anni, sorpreso in chat erotiche, con tanto di scambio di fotografie porno, con ragazze molto più giovani. Galeotto fu Internet, ovviamente. Penosa la sua difesa, retaggio dell’atavico puritanesimo americano: “Non ho mai fatto sesso fuori del matrimonio”. Già, perché “tweetin is not cheating” (twittare non è tradire). Buffo, o forse eloquente, che in inglese il sostantivo twitter vuol dire cinguettio, ma esprime anche uno stato di ansia, di agitazione.
Il bravo maritino è stato ovviamente messo alla gogna, cacciato da tutti i consessi, costretto a pubblica abiura, merdificato e despecificato dalla specie umana. Ora, a parte il fatto che non mi risulta che nessuno abbia messo in luce il vero aspetto per cui i cittadini americani dovrebbero avere dei dubbi sul suo valore come rappresentante al congresso (uno che non si limita a spedire foto del suo aggeggio, ma ci mette anche la faccia, fa riflettere sulle sue doti, intellettive…), a parte questo credo ci sia di che riflettere.
Gli uomini sono tutti cani in calore, degli hot dogs in libera uscita dai Mc Donald di tutto il mondo? Possiamo anche prenderlo per buono, purché l’onestà intellettuale ci porti a precisare che il deputato americano aveva trovato pane per i suoi denti, ragazze più o meno giovani assai lusingate di essere al centro delle attenzioni, seppure virtuali, di un uomo bello e potente. Ci sarebbero delle affinità col nostro Paese, se non fosse che all’omuncolo nostrano non si addice propriamente l’aggettivo bello, e anche sul potente pare che ci si dovrebbe accordare. Ma sorvoliamo altrimenti il discorso si farebbe troppo complicato.
Insomma, un banale esercizio assai prolifico in filosofia, ricondurre problemi complessi alla semplicità originaria, ci fa capire che torniamo sempre all’essenza dell’essere umano: quell’istintualità animale che abbiamo bellamente rimosso in secoli di faticosa costruzione della civiltà. Basta questo per capire che il maschio sente l’istinto di corteggiare, conquistare, attirare l’attenzione della femmina (non di tutte, una per volta almeno), ed ella prova piacere nell’essere oggetto di attenzioni, di interesse e di corteggiamenti da parte dell’uomo. E’ persino pleonastico scriverlo, eppure ce ne dimentichiamo spesso, o meglio non siamo spesso disposti a riconoscerne le fisiologiche conseguenze.
Internet, le chat, i giochi in rete, la possibilità di interagire in una realtà, quella virtuale, che esalta certe dinamiche più sofisticate e, perché no, perverse (perché più sottili, meno dirette) dell’accoppiamento umano, non ha fatto altro che presentare un nuovo scenario di potenziale espressione di queste pulsioni coessenziali all’essere umano. Siamo noi a dimenticare, piuttosto, che secoli di civilizzazione ci hanno spinto a dotarci di sovrastrutture comportamentali tutt’altro che naturali, come l’accoppiamento prolungato, il dovere di fedeltà a vita a uno stesso uomo o donna, la creazione di un ambiente meraviglioso e letale quale è la famiglia (Monicelli docet!). Non è mia intenzione qui ritirare fuori discorsi atavici, figli di un ribellismo sessantottino o di un libertinismo seicentesco (quest’ultimo assai più nobile, per la cronaca) ormai consegnati alla storia e alla sensibilità di ciascuno, però è fuori di dubbio che, come insegnava il grande Freud, per le pulsioni represse e per la faticosa costruzione di una civiltà umana (che abbia rimosso l’animalità), c’è un prezzo da pagare, che egli chiamava “disagio”, che è tanto più dirompente e si presenta in maniera tanto più pervertita (non perversa, stavolta) a seconda di quanto è stata lunga nel tempo e frustrante nei modi la rimozione. Pensiamo ai fenomeni di pedofilia, non a caso concentrati in un ambiente, quello della Chiesa, sessuofobico e repressivo per antonomasia.
Internet, a ennesima riprova del suo potenziale rivoluzionario, costituisce da questo punto di vista un luogo in cui uomini e donne possono tornare a manifestare liberamente le proprie pulsioni, perché si tratta di una dimensione totalmente nuova, dalle potenzialità infinite e dalle dinamiche che titillano le fantasie più ludiche. Certo, che anche Internet sia luogo di perversioni e pervertiti è fuori di dubbio, perché anch’esso paga lo scotto di essere frequentato da soggetti che sono repressi nella società vera, vittime di meccanismi coercitivi che li spingono sovente al ridicolo (e la perversione fa comunque parte delle possibilità del genere umano). Come nel caso del citato deputato americano, o nel caso del nostro cane che prova ad avere rapporti sessuali col peluche con cui di solito gioca. Ma nei confronti del cane siamo decisamente più accomodanti, ci fa tenerezza, ci suscita simpatia. All’uomo, questo essere civilizzato e depositario di tante doti sovranimali, ciò non è consentito senza che subentri il giudizio inappellabile e moraleggiante, come nel caso della columnist di un grande quotidiano del paese bigotto per eccellenza. Dimentica, la signora, che se per i maschietti il rischio è spesso dato dal ridicolo, per le femminucce è dato dal non casuale proliferare di patologie ansiose e di disturbi dell’identità. Uomini e donne, insomma, paghiamo entrambi un grande obolo a quella grande conquista che chiamiamo civiltà, e non porta da nessuna parte impancarsi a giudici moralisteggianti di quello o quell’altro caso.
Sarebbe una grande battaglia dei liberali quella del tentativo di riscoprire anche la dignità animale dell’individuo, al fine di ricostruire una società in cui il piacere, il divertimento, il corteggiamento e persino i giochini più o meno erotici e perversi (fra adulti consenzienti, sia chiaro!), tornino ad avere quella dignità che, a pensarci bene, non hanno mai avuto.
Innanzitutto perché a trionfare non sia quella (falsa) morale bigotta che nella storia, il suo insegnamento è chiaro, ha solo finito col produrre la “doppia morale”, quella per cui a preti, ricchi e potenti di turno era concesso tutto e anche di più. Proprio in nome della stessa morale in nome della quale erano stati eletti o che dicevano di imporre per far guadagnare alle nostre anime il regno dei cieli.
{ Pubblicato il: 13.06.2011 }