pierfranco pellizzetti
Nessun commentoono vent’anni che Silvio Berlusconi applica in politica l’identica analisi su cui ha fondato i propri successi di impresario televisivo oligopolista: “il pubblico (nel caso nostro, “i cittadini”, ndr.) va considerato e trattato come se fosse composto da ragazzini di undici anni e neppure troppo intelligenti”. Da qui la ricetta, rivelatasi a lungo vincente, del consenso ottenuto attraverso la distribuzione di balle e panzane a forma di lecca-lecca.
Il primo dato desumibile dalla sequenza amministrative/referendum di queste ultime settimane è che gli imberbi sciocchini, rimasti a lungo allo stadio di bamboccioni, ora sono finalmente diventati adulti in grado di pensare con il proprio cervello. Una metamorfosi che ha preso alla sprovvista il pifferaio di Arcore, tanto da fargli smarrire il tocco magico con cui aveva incantato vaste greggi, al punto di trascinarle fino sull’orlo dell’abisso (e con loro l’intero Paese).
Purtroppo si direbbe che - invece - allo stadio di bamboccioni siano ancora rimasti consistenti strati dell’opposizione; affetta da un’evidente “sindrome dell’orfano anzitempo”, appurato la non ancora avvenuta dipartita di quella che appare loro - tutto sommato - una figura paterna e protettiva. Sulla musica del cui piffero vorrebbero continuare a intrecciare danze estatiche.
Esempio palese di inconscio freudiano.
Lo si leggeva chiaramente nello sguardo da cane bastonato del parlamentare PD Nicola La Torre, durante il talk show su la 7 a commento dei dati referendari, quando qualcuno gli ha chiesto se non fosse il caso di porre la sfiducia in Parlamento contro l’attuale governo. “La sfiducia non è un esercizio ginnico”, è stata la risposta imbarazzata quanto elusiva di costui. D’altro canto, in perfetta sintonia con i vertici del suo partito, che auspicano un più che problematico “atto di generosa responsabilità” da parte di Berlusconi; a cui si può muovere ogni addebito meno quello di essere disponibile a farsi “generosamente” da parte. Vale per tutti il ricordo della fatica disumana che fu necessaria per schiodarlo da primo ministro dopo il ribaltone di Umberto Bossi. Si era nel lontano 1994.
Forse ancora non ci si rende conto appieno che la maturazione del corpo elettorale italiano, seppure tardiva, sega le gambe tanto ai pifferai portatori di rovina come ai rappresentanti bamboccioni, che fanno i capricci se gli si rompe il giocattolo con cui si sono baloccati in tutti questi anni; se vengono chiamati ad assumersi le responsabilità relative al loro ruolo e rango.
Il ventennio berlusconiano è coinciso con un generale rimbambimento democratico, ma anche con un simmetrico fenomeno regressivo della politica, grazie all’opera di disinnesco che l’ha resa innocua e silente. Certamente incapace di guidare e regolare i processi economici e sociali.
Tutto sommato, la sua riduzione a cospicuo benefit per privilegiati giocherelloni, a patto di non disturbare la cordata di adulti mal vissuti e in via di inarrestabile invecchiamento nelle loro operazioni di accaparramento; sovente indecenti e non di rado oltre i limiti della legalità. In primo luogo l’imperativo di non impicciare mai il capocordata.
Resta il problema, per gli italiani or ora usciti dalla tardiva fase puberale, di trovare rappresentanti che abbiano anch’essi superato psichicamente la fase dei baloccamenti onirici prevalentemente orali (Walter Veltroni?) o – a maggior ragione - quella “sadico-anale” (presso autorevoli esegeti circola un’interpretazione in base alla quale la tesi di Sigmund Freud al riguardo si riferirebbe profeticamente a Massimo d’Alema).
Non a caso le scelte dei sindaci a Milano, Napoli e Cagliari si sono indirizzate verso candidati che proponevano un’idea di politica da persone mature.
A livello nazionale sarà difficile che l’Italia possa uscire in maniera definitiva dalla suddetta condizione prepuberale se non emergerà un personale politico a misura dell’età politica raggiunta attualmente dal corpo elettorale.
Il rischio che “il dopo” rimanga nelle mani di furbetti infantili è altissimo. Dai Matteo Renzi, che si divertono un sacco alla play-station della rottamazione generazionale facendo di ogni erba un fascio, ai chierichetti del cattocomunismo papista.
La vera questione che viene imponendosi nell’agenda politica della ricostruzione democratica, dopo le giornate cariche di speranza che abbiamo appena vissuto.
{ Pubblicato il: 14.06.2011 }