elisa ferrero
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Da alcuni giorni, in Egitto, è iniziata una campagna di raccolta firme per richiedere la stesura di una nuova Costituzione prima di qualsivoglia elezione, presidenziale o legislativa. I promotori dell'iniziativa, che si prefigge il raggiungimento di 15 milioni di firme, sono i giovani del Libero Fronte per il Cambiamento Pacifico, uno dei tanti gruppi formatisi in seguito alla rivoluzione. Alla campagna hanno aderito già 36 gruppi politici e giovanili, tra i quali alcuni illustri: il Partito del Fronte Democratico, l'Unione dei Giovani della Rivoluzione, l'Unione dei Giovani del Maspero (gruppo di giovani copti), l'Associazione Nazionale per il Cambiamento (che sostiene Mohamed el-Baradei), il partito Ghad (Ayman Nour), il partito al-Karama, i nasseriani e il sindacato degli avvocati.
La campagna, tuttavia, pone un problema, sollevato e sottolineato in particolare dai Fratelli Musulmani. I risultati del referendum del 19 marzo, la cui validità e trasparenza nessuno ha contestato, sostengono l'ipotesi contraria, avanzata dal Consiglio Militare, di tenere prima le elezioni parlamentari. Il referendum ha dato legittimità alle Forze Armate (o almeno così loro lo hanno inteso) e alla tabella di marcia da loro proposta. Opporsi ora a tale tabella significherebbe quindi, secondo i contestatori della campagna, non accettare la volontà popolare, ossia non accettare le regole democratiche, e che a fare questo siano proprio le forze che si dicono liberali e democratiche è piuttosto imbarazzante. Questa è la posizione degli islamisti.
Alcune forze liberali, in effetti, stanno studiando un'altra strategia. Convinti che l'attuale dichiarazione costituzionale temporanea non sia pienamente legittimata da un vasto consenso popolare, per le modalità con le quali è stata redatta (attraverso una commissione nominata dal Consiglio Militare, nella quale prevalevano le posizioni islamiste, mentre molte altre posizioni non erano rappresentate, né vi era la presenza di reali esperti in materia), i liberali non vogliono tuttavia delegittimare anche il referendum, prima e unica (fino ad ora) espressione del voto popolare libero. Pertanto, stanno esaminando la possibilità di boicottare le prossime elezioni parlamentari attese in settembre, non presentando i propri partiti. Intendono lasciare soli gli islamisti, affinché il Parlamento eletto non veda riconosciuta la sua legittimità, né all'interno del paese né al di fuori. Insomma, si vuole rendere chiaro a tutti che quelle elezioni affrettate non porteranno a un Parlamento realmente rappresentativo del paese. Inoltre, un Parlamento del solo "colore islamista" non piacerebbe all'Occidente, il quale sarebbe così restio ad aiutare l'Egitto. I liberali, in pratica, stanno escogitando una bella trappola per gli islamisti, e anche per le forze armate. Già girano voci che il Consiglio Militare stia prendendo in considerazione la possibilità di scrivere la Costituzione prima delle elezioni. Come ho detto ieri, la partita è ancora aperta.
Intanto, i Fratelli Musulmani sono in piena bufera interna, sempre più divisi. Il Consiglio della Shura ha annunciato sul sito web ufficiale del movimento che Abdel Moneim Abul Futuh, il leader progressista che intende candidarsi alla Presidenza contro la decisione della dirigenza, è stato espulso. Abul Futuh nega di aver ricevuto una notifica ufficiale di tale decisione, tuttavia dichiara che per lui non fa alcuna differenza, poiché è intenzionato ad andare avanti in ogni caso. La decisione della Shura, per ora, sembra aver danneggiato solo il movimento stesso, attirandosi le ire dei giovani sostenitori di Abul Futuh e, probabilmente, guadagnando all'espulso più simpatie di prima, anche al di fuori della Fratellanza. Quel che si dice una mossa oculata...
E mentre prosegue il confronto tra islamisti e liberali, prosegue anche, da ormai sei giorni, lo sciopero dei lavoratori del Canale di Suez, già famosi per aver contribuito al crollo del regime l'11 febbraio scorso. In aprile, in seguito a uno sciopero precedente, il governo aveva promesso loro di aumentare lo stipendio base del 40% con compensi aggiuntivi e di consentire loro un pasto in più al giorno. Le promesse, tuttavia, non sono ancora state mantenute e i lavoratori del Canale hanno ripreso a scioperare. I militari hanno tentato di spaventarli sparando in aria per indurli a tornare al lavoro, ma gli operai non si sono smossi. Suez è una città coriacea.
{ Pubblicato il: 19.06.2011 }