giovanni la torre
Nessun commentoAbbiamo da recuperare un po’ di argomenti dell’attualità pregressa che siamo stati costretti ad accantonare per diffondere la saggezza che molto generosamente il nostro ministro genio ha messo a nostra disposizione dagli studi della Rai, e per parlare di un argomento urgentissimo come la riforma fiscale. Parliamo ora della vicenda che ha riguardato colui che per diversi anni è stato il dominus della finanza italiana: Cesare Geronzi. In particolare ci preme parlare della sua parabola presso le Assicurazioni Generali dove, a detta di certi giornali, il Nostro avrebbe avuto un ruolo importante. Prima però ci sia consentita una parentesi per svolgere una considerazione di carattere generale. In un anno o poco più che ha passato alle Generali facendo, come ci dicono sempre i giornali, più danno che bene, il rag. Geronzi ha percepito, tra emolumenti e liquidazione, circa venti milioni di euro, cioè quaranta miliardi delle vecchie lire. Allora, finché non ci renderemo tutti conto che questa sperequazione nella distribuzione dei redditi (stiamo parlando in generale) è la CAUSA della crisi e non l’effetto, a motivo che ha determinato a livello globale contemporaneamente deficit di domanda ed eccesso di risparmio che si è riversato nella speculazione finanziaria. Finché non ci renderemo conto inoltre che la crisi finanziaria è solo l’epifenomeno che ha attirato l’attenzione, e che anzi la bolla finanziaria ha nascosto per un certo tempo lo squilibrio nell’economia reale, finché non prenderemo atto di tutto questo e non correremo ai ripari, dalla crisi non ne verremo mai fuori in modo definitivo (v. LA COMODA MENZOGNA. Il dibattito sulla crisi globale. Edizioni Dedalo). Torniamo a Geronzi e Tremonti. Perché ne vogliamo parlare? Perché ci pare che rappresenti un caso esemplare di come si possa montare un’immagine e contribuire al mito del Tremonti Genio, e anche del Tremonti che ormai può far tutto, cioè una cosa e il suo contrario. E questa volta la montatura sarebbe opera di un giornale, La Repubblica, dal quale invece ti aspetteresti l’affrancamento da certi salamelecchi.
Siamo nel febbraio del 2010 quando le voci su Geronzi che traslocherà da Mediobanca a Generali si fanno insistenti, anche per sfuggire a eventuali defenestramenti seguenti a possibili condanne giudiziarie. Repubblica, che ha sempre l’aria di confidarti in esclusiva cose riservatissime, un po’ con l’atteggiamento di Totò di quando faceva quel particolare movimento delle labbra sporgenti e diceva “birra e salsicce”, subito rileva che quella nomina è il segno di un “blocco di potere politico-economico-finanziario che si cementa nel triangolo Roma-Milano-Trieste” il quale rideterminerà i nuovi equilibri economici nazionali in alternativa alla “galassia” di Montezemolo e Profumo, il tutto sotto la regia non solo della coppia Berlusconi-Letta, ma anche di “chi coltiva progetti per il dopo-Berlusconi, come Giulio Tremonti, [che] sta mettendo in piedi un blocco di contro-potere misto, metà pubblico e metà privato, che spazia dalle banche locali alla futura Banca del Sud, dalla Cassa depositi e prestiti alle Poste, dalla Consip alla moltiplicazione delle Spa di Stato nella Difesa e nella Protezione Civile.” Nel marzo successivo l’esistenza del disegno segreto trova conferma; sempre sul quotidiano romano infatti si legge: “La galassia del nord tra qualche mese potrebbe non essere più la stessa. Se prenderà piede il disegno concertato nelle ultime settimane da Cesare Geronzi d' intesa con Giovanni Bazoli e Giulio Tremonti, le Generali potrebbero diventare una corazzata pronta a scendere in campo per difendere il sistema finanziario ed economico nazionale”. E infatti il disegno non solo diventa realtà con la nomina del ragioniere di Marino a presidente delle Generali, ma questi nella prima riunione con i dirigenti conferma anche tutto il resto, annunciando che la Compagnia dovrà preoccuparsi non solo di guadagnare con le polizze ma anche di “fare sistema”, cioè di dare i capitali a Tremonti quando questi vuol giocare a fare Colbert. Quindi il “birra e salsiccia” di Repubblica era vera. In un altro articolo viene confermato che Geronzi “in questi anni ha saldato soprattutto un asse di ferro prima con Gianni Letta, ora anche con Giulio Tremonti”. In aprile poi addirittura si parla di fusione Generali-Mediobanca e anche a questo proposito Repubblica fa notare che Geronzi “è legato a doppio filo sia al blocco berlusconiano incarnato da Gianni Letta, sia al blocco leghista imperniato su Giulio Tremonti.” Nell’aprile 2011 Geronzi viene finalmente cacciato dalle Generali, al cui management e al cui azionariato non è mai andato giù quel “fare sistema” confermato anche in un’incauta intervista al Financial Times dove addirittura parla di finanziare il Ponte sullo Stretto. Repubblica annuncia trionfante “Cambio di Regime” e parla di Geronzi in pratica come uno della cricca messa in piedi da Gianni Letta, si parla addirittura di P4. E tutto questo sarebbe avvenuto grazie a chi? Indovinate un po’? Ecco detto da Repubblica, sempre premettendo “birra e salsiccia”: “Con il contributo decisivo di Giulio Tremonti, e questa è l' altra enorme novità politica: attraverso Geronzi, il ministro dell' Economia affonda la lama nel cuore del suo «carissimo nemico» Letta. Si crea così una rottura, proprio nell' ingranaggio vitale dell' apparato. Si produce una sconnessione, proprio dentro il circuito di potere che in questi anni ha garantito continuità al sistema.” Come vedete, cari signori, Tremonti per Repubblica fa tutto e il suo contrario, però sempre vincente. Ci resta solo un dubbio che gradiremmo che Repubblica, e in particolare Massimo Giannini, ci togliesse. Visto che se Geronzi ha vinto, ha vinto Tremonti, se ha perso ha sempre vinto Tremonti. E se Geronzi avesse pareggiato? E con questo grande interrrogativo irrisolto vi saluto.
{ Pubblicato il: 20.06.2011 }