ivo caizzi
Nessun commentonel gennaio 1994 aveva scritto questo articolo.
Luigi Bisignani, tra tanti del sottobosco politico che hanno guadagnato la
notorietà per un incarceramento marca Tangentopoli, merita uno spazio a
parte.
Un po' perchè nella categoria dei portaborse tuttofare - quelli disposti
anche a "sporcarsi le mani" - è una star. Un po' perchè la sua storia
caratterizza bene quella mentalità , molto italiana, che considera le
furbizie, gli intrallazzi e le amicizie giuste, una strada per arrivare
presto al successo: mentre la realtà insegna che portano più spesso dritti
in galera.
Bisignani ha 40 anni, laurea in Economia, moglie e quattro figli. Il padre
era un dirigente della Pirelli Argentina, amico di Giulio Andreotti e molto
stimato negli ambienti massonici. Morì presto e Luigi, con il fratello
Giovanni (ora all' Alitalia), fu affidato proprio al potente leader dc. A 20
anni era già giornalista dell'agenzia Ansa. Ma l' impegno civile di
informare lo interessava poco. Gli piaceva di più il profumo del potere. A
23 anni divenne addetto stampa di Gaetano Stammati, discusso ministro,
naturalmente in governi Andreotti.
Nell' 81 scoppiò lo scandalo P2. Bisignani risultò con Stammati nella loggia
di Licio Gelli. L'Ordine dei giornalisti, però , lo giustificò e non perse
lo stipendio dell'Ansa. Ma l' ambizione di sfondare in prima persona
s'infranse. Si rassegnò a muoversi nell' ombra. E, instancabile, intecciò
contatti coi notabili del Palazzo, del Vaticano, dell' esercito, di aziende,
di banche e di poteri non sempre palesi.
Aveva libero accesso nell' ufficio di Andreotti e non rinnegò mai i rapporti
con Gelli. Sbandierava tante altre amicizie eccellenti: dal presidente della
Repubblica Francesco Cossiga, a quello dell' Iri Romano Prodi, al direttore
della Banca d' Italia Lamberto Dini, fino a politici, finanzieri, manager,
militari, faccendieri, attrici note e meno note.
A sorpresa, si cimentò in un vero lavoro. Usando come spunto le sue
esperienze, scrisse una spy story politico affaristica clericale, che l'
editore Rusconi pubblicò nell' 88 col titolo "Il sigillo della porpora".
Per il dibattito di presentazione si esposero Andreotti (allora ministro
degli Esteri), il craxiano Giuliano Ferrara e il noto critico Enzo
Siciliano. La pubblicità , diretta e indiretta, fu massiccia. E il libro
ristampò ben quattro edizioni. Siamo alla fine degli anni Ottanta. C' era il
boom. Della P2 non si parlava più .
Così , come Andreotti ridiventò capo del governo, Bisignani lo seguì a
Palazzo Chigi, per tenere i collegamenti, anche col luogotenente
andreottiano Pomicino. Ma non aveva incarichi ufficiali. Lo stipendio lo
passava sempre l' Ansa, dove era diventato caporedattore con "incarichi
speciali", alle dipendenze del direttore Giulio Caselli: scavalcando tanti
colleghi più anziani e più presenti in redazione.
Siamo in epoca Enimont. Le tangenti di Gardini e dei Ferruzzi piovvero sui
politici anche tramite la banca Ior del Vaticano. Bisignani si prestò per
compiti delicati. Fece perfino celebrare nella Sede di Pietro il matrimonio
tra la vedova Alessandra Ferruzzi e Carlo Sama, tornato scapolo con una
sentenza della Sacra Rota.
Nel 92' uscì il secondo romanzo, "Nostra signora del Kgb", di impronta
anticomunista. Ma Andreotti perse la corsa per il Quirinale e lui riparò a
capo delle Relazioni esterne dei Ferruzzi. Dipendeva da Sama, che era
diventato il nuovo leader della famiglia ravennate e comandava, pur senza
esperienza manageriale, anche alla Montedison. Bisignani teneva i rapporti
col Palazzo. Metteva bocca nel quotidiano del gruppo Messaggero.
Ottenne la poltrona di consigliere dell' Ansa e acquistò autorità presso
tanti giornalisti ambiziosi. Sembrò perfino recuperare sul fratello, che
(con la spinta di Andreotti) era alla guida dell' Alitalia, senza aver mai
gestito prima un' azienda. Andreotti però è franato. L' inchiesta sulle
tangenti Enimont è esplosa. E a Luigi, come con Stammati e a Palazzo Chigi,
è andata male presto.
L' accusano di aver intermediato tangenti per il suo padrone Sama, che le
elargiva praticamente a ogni politico con un minimo di potere. Da un mandato
di cattura s'è salvato per un errore formale. Il secondo l' ha costretto
alla latitanza e, da ieri, in galera. Qui scriverà un altro libro?
Corriere della Sera
8 gennaio 1994
{ Pubblicato il: 21.06.2011 }