giovanni la torre
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Nelle due precedenti "news" abbiamo mostrato come per Repubblica qualunque cosa accada Tremonti sta sempre dalla parte del vincitore. Avevamo attribuito quell’atteggiamento a Massimo Giannini, e invece cominciamo a pensare seriamente che si tratti dell’indirizzo ormai assunto dai giornali del gruppo De Benedetti. Evidentemente l’ingegnere piemontese un po’ per non essere tagliato fuori dalla rete di interessi che sta creando il super ministro, un po’ per coprirsi qualora il centro sinistra non dovesse vincere neanche la prossima volta, ha deciso di sostenere il nostro Genio. Ricordo che all’inizio di settembre dello scorso anno, più o meno nello stesso giorno (il 4), L’Espresso andava in edicola con Tremonti in copertina e contemporaneamente La Repubblica dedicava al ministro un’intervista (ovviamente di Giannini) che occupava per intero entrambe le pagine 2 e 3 con richiamo nella prima. Non bisogna essere Mcluan per sapere che sono queste le cose che influenzano l’opinione pubblica e non qualche articolo in secondo piano dove se mai l’interessato viene criticato. Ecco, in quell’occasione istintivamente mi venne in mente il personaggio di Rutelli-Sordi fatto da Guzzanti, il quale piangendo diceva: “a Berluscò ricordati degli amici. Ricordati di chi ti ha voluto bene.” Quando ho visto quell’uno-due Repubblica-Espresso ho immaginato subito De Benedetti che diceva: “a Tremò ricordati degli amici. Ricordati di chi ti ha voluto bene.” Non nascondo che pare abbastanza spiegabile questo appoggio da parte di un importante finanziere-imprenditore per i motivi che abbiamo detto sopra. Meno comprensibile ci appare l’atteggiamento di certi giornalisti che si autodefiniscono sempre più liberi dei loro colleghi di altri giornali. Come pure appare meno comprensibile che lo stesso appoggio a Tremonti venga da parte di politici del Pd, i quali evidentemente non hanno capito nulla delle recenti elezioni e si sono ringalluzziti a modo loro. Essi continuano a credere che Tremonti ci libererà da Berlusconi per poi consegnare a loro il potere in Italia, commettendo così con Tremonti lo stesso errore che fu commesso quando sottovalutarono la capacità di gestire il potere per sé solo da parte di Berlusconi, sì da lanciargli ogni sorta di ciambella nei momenti di difficoltà.
Tornando a Repubblica, la difesa di Tremonti viene fatta anche dallo stesso Scalfari, certo in modo meno patetico di Giannini, e se mai camuffata in qualche finta critica che però ha più l’aspetto di un buffetto dato a un figlioccio che di una critica vera e propria. Per esempio domenica scorsa, dopo aver detto che forse Tremonti si è impigliato nella rete tessuta da lui stesso avverte che “Con ciò non voglio affatto dire che Tremonti non abbia le idee chiare su quello che deve fare come ministro dell'Economia, le ha chiarissime; ma non sa quale sarà il suo avvenire di uomo politico, che pure gli sta sommamente a cuore.” Povero Tremonti, ci dice Scalfari, è un genio incompreso e che noi italiani forse non meritiamo perché non gli garantiamo il futuro politico. La grande idea cui si fa riferimento, evidentemente, è la famosa riforma fiscale delle 5 imposte e 3 aliquote. Caro Scalfari certo che Tremonti ha le idee chiarissime. Capperi se ce l’ha! In quel senso però anche la Cgil per esempio ha le idee chiarissime: disoccupazione zero per cento e salari raddoppiati. Anzi se interpellasse tutti gli italiani scoprirebbe 60 milioni di “idee chiarissime”. Poi dice che il Nostro ha “scritto alcuni libri di NOTEVOLE INTERESSE tracciando una sorta di filosofia della storia economica (perbacco!) non particolarmente nuova ma nuovissima per chi aveva esordito con un programma liberale del ‘meno Stato, più mercato’.” Se Scalfari definisce di “notevole interesse” i libri di Tremonti, siamo costretti ad annoverarlo tra coloro che ne parlano senza averli letti, perché raramente abbiamo avuto a che fare con libri più banali e scientificamente sciatti di quelli di Tremonti. Se invece li avesse letti saremmo costretti a considerare il fondatore di Repubblica alquanto inadeguato a esprimere certi giudizi. E questo non sarebbe aprioristicamente sbagliato. Il fondatore di Repubblica infatti è notoriamente un grande giornalista e polemista, ma quando si mette a fare l’economista non sempre se la cava altrettanto bene. Ma quello che più emerge negli articoli di Scalfari è quel tentativo di salvare Tremonti dalle sorti del Berlusconismo e del leghismo dimenticando (in buona o mala fede?), che Tremonti è stato strutturalmente sempre legato a questa maggioranza e ne ha condiviso tutte le scelte e altre ancora ne ha ispirate. Ma il capolavoro di Scalfari e di tanti altri è che la stessa quasi bocciatura per l’Italia di Moody’s e S. P. di questi giorni, viene ascritta a “merito” di Tremonti e non a suo demerito. Di grazia chi ha gestito la politica economica nell’ultimo triennio, o nell’ultimo decennio? Chi ha provocato la crescita piatta, vera causa del peggioramento degli indici? Questo dire da parte di tanti che i giudizi delle agenzie di rating giochino a favore di Tremonti fa parte di quelle cose incomprensibili della politica italiana che la rendono così indecifrabile. Caro Scalfari, vuoi vedere che la colpa di un eventuale disastro sarà di Prodi, Ciampi e Visco?
{ Pubblicato il: 24.06.2011 }