paolo ercolani
Nessun commentoSignor Presidente del Consiglio, chi le scrive non ha alcuna stima di lei, non l’ha certamente votata e si è augurato, per quasi vent’anni, che anche il popolo italiano non la votasse col largo consenso di cui sappiamo.
Certo, a voler misurare la sua vicenda personale con il metro cinico di questa epoca triste, quella per cui conta soltanto il successo ottenuto, magari con cinismo e perché no con astuzia e imbroglio, si potrebbe anche provare ammirazione per un uomo che è stato capace di costruire un impero, essendo partito dal piano bar sulle navi da crociera.
Ma, lei mi perdonerà, non mi riesce proprio. Non mi riuscirebbe neanche se fossi qui a scriverle in qualità di imprenditore, ma il fatto che la sua veste, da troppi anni a questa parte, sia quella di colui che dovrebbe curare gli interessi del popolo italiano, le vicende della nostra meravigliosa e triste nazione, lo trovo degradante e umiliante.
Sì, lo so, possiamo dircelo a “quattr’occhi”, lei è stato capace di fotterci tutti. Grazie alle sue indubbie doti di comunicatore e al suo staff esperto di messaggi pubblicitari, con un’accorta campagna cognitiva e culturale, prima ancora che mediatica e dis-informativa, lei non ha convinto soltanto il popolo dei presunti sprovveduti e ignoranti di cose politiche, ma anche persone dotte e impegnate sul fatto che il nostro paese andava salvato dal pericolo comunista, da una masnada di nipotini di Stalin che non vedevano l’ora di prelevare i nostri conti in banca, requisire le nostre case e tutte le proprietà e istituire un infelice regime liberticida che ci avrebbe condotti dritti fino ai gulag.
Ma soprattutto, gliene va dato atto, lei ha umiliato una classe politica vecchia, incapace di comunicare, irretita all’interno di schemi vetusti e logori, quella classe politica della sinistra che pensava (illusi!) che bastasse tangentopoli e qualche abiura del passato per prendere il potere nel paese e non lasciarlo più.
D’Alema, Veltroni e compagnia bella, ancora persi nei loro collettivi di morettina memoria, nelle formule intellettualistiche estranee al sentire della gente comune, con le loro giacche di velluto tristi, sono stati spazzati via dal ciclone della sua comunicatività, fatta di sfondi azzurri, di slogan semplici e diretti, di proclami tanto assurdi quanto accattivanti (il nuovo miracolo italiano, il milione di posti di lavoro etc.).
Un’abilità comunicativa immensa, tanto che ancora oggi rimane, pesante come un macigno, il dubbio se sia stata più la sua grandezza di comunicatore, o l’imbelle passività dei suoi avversari (unita alla beotaggine di buona parte del popolo, rincoglionito da decenni di telefilm e telenovele propinateci, manco a dirlo, dalle sue televisioni), a rendere possibile questo secondo ventennio di vergogna della storia patria in meno di un secolo.
Tanto che persino all’interno della nostra rivista, composta di menti lucide, aperte e liberali, ci si divide sul modo di opporsi alla sua persona (e al retroterra culturale che lei si è portato dietro), su quanto si possa essere diventati estremisti o poco liberali nell’assumere toni gravi e netti. Il tutto è triste perché, mutatis mutandis, non può non tornare alla mente il primo ventennio di vergogna del nostro paese, quando proprio molti liberali (non Gobetti, non Matteotti, non Gramsci, che all’inizio era vicino alle posizioni liberali) acconsentirono al regime fascista, lo legittimarono e nobilitarono in nome, pensate un po’, del pericolo comunista che arrivava dalla vicina Unione Sovietica. Ora, a parte il fatto, amaro, che i decenni passano per il nostro paese senza che noi ce ne accorgiamo, perché le questioni e le divisioni rimangono tristemente le stesse, c’è da prendere atto che neppure fra i suoi oppositori si è affermato un concetto tanto semplice quanto doveroso per ogni persona che abbia a cuore la libertà: che lei è il nemico della libertà e che pur di farla tornare a casa bisognerebbe unire le forze e trovare un sentire - e un agire – comuni nell’abbattimento del suo regime nefasto e disastroso invece che dividersi su intellettualistiche (bene che vada) questioni di lana caprina. Buone per gonfiare l’ego degli intellettuali, ma assai sterili ai fini di una entrata, finalmente, del nostro paese nella casa comune della modernità e della dignità.
Qualunque cosa succeda e succederà lei ormai ha vinto, è inutile nasconderselo o costruirsi versioni rassicuranti. Magari il suo regime è alla fine, come pensano in molti, ma questo non può sorprendere, perché l’eternità non è fra le facoltà concesse al nostro umano esistere. Insomma, che lei crolli dopo vent’anni è assai più normale del fatto che lei abbia goduto per così lungo tempo di un consenso fondato sul nulla. Perché nulla lei ha fatto per il bene del popolo italiano, nulla di liberale c’è stato nella sua azione di governo, mentre la lista delle sue nefandezze, malefatte, incompetenze e umiliazioni del pubblico decoro sarebbe fin troppo lunga persino per lo spazio infinito di un sito elettronico.
Spesso si dice che nella fine di una cosa, che sia un rapporto amoroso o la vicenda di un governo, si vede la qualità di quel rapporto o di quel governo. E la sua fine la dice lunga, fra orge con minorenni, sputtanamenti internazionali, discredito dell’onore nazionale, improvvisazioni e ingiustizie nella politica economica. Per non parlare della classe politica di centrodestra che lei ci lascia: tutti elementi che fin dalla fotografia di identità potrebbero andare bene per un trattato di psicopatologia applicata o per un’operetta di paese che insceni una comica sui matti e ridicoli del posto. A proposito di prima repubblica si parlava di “nani e ballerine” in senso metaforico. Lei è riuscito a fare pure peggio, perché possiamo pure fare a meno della metafora e tenerci quelli che a tutti gli effetti, persino nella fisiognomica, sono dei nani e ballerine.
Arrivo alla conclusione: magari a lei non gliene frega nulla, non è nella sua sensibilità né nel suo bagaglio culturale. Forse non serve a nulla dirle che lei ha l’occasione di compiere un estremo gesto di responsabilità (almeno ora, almeno alla fine), forse lei ha troppo bisogno del potere per salvare le sue vicende giudiziarie. Forse non le interessa che il nostro paese è allo sbando, allo sfascio etico, professionale, politico. Che siamo irrisi da tutto il mondo, attaccati da una speculazione finanziaria che annusa la nostra debolezza, che i nostri ministri e deputati sono degli affaristi spregiudicati e degli incompetenti da barzelletta che ci condurranno allo sfascio mentre sempre più giovani e famiglie sono allo stremo. Forse a lei non importa nulla. Ma se dovessi per caso sbagliarmi, e se per caso lei avesse modo di leggere questa missiva, la prego, la prego con tutto il cuore. Se ne vada!
{ Pubblicato il: 19.07.2011 }