giovanni la torre
Nessun commentoTREMONTI NEWS N. 7
Nel rappresentare il “senso dello stato” del ministro Tremonti, abbiamo accennato nella “news” n. 5 a come la pensava (e chissà che non lo pensi ancora nel proprio intimo) sull’evasione fiscale. Visto che ci siamo, completiamo il discorso su Tremonti e il sistema tributario, dato anche che il Nostro ci annuncia sempre che ha in cantiere la “riforma fiscale”, da almeno sedici anni.
Premettiamo che Tremonti è un maestro nel coniare slogan e giochi di parole, nel fare fuochi di artificio verbale. Nel mio libro “Il Grande Bluff. Il Caso Tremonti” vi è addirittura un’appendice ad hoc di ben cinque pagine, intitolata “Also Sprach Tremonti”, dove viene riportata una selezione di queste espressioni. Molte volte questi giochi di parole servono solo a nascondere il vuoto scientifico e concettuale che vi è dietro. L’espressione che ha coniato Tremonti per lucrare elettoralmente sull’idea della riforma fiscale, che però finora si è guardato bene dal fare, è che “nella tassazione bisogna passare dalle persone alla cose”. Geniale, veramente geniale! Ci pensate? Mentre noi stiamo tranquillamente a casa a leggere un libro o a ascoltare musica c’è una “cosa” che esce dal cassetto, si reca a nostra insaputa all’ufficio più vicino dell’Agenzia delle Entrate e dice: “buon giorno! Sono venuto a pagare le imposte al posto di Giovanni La Torre”. Bellissimo! Uno slogan degno del miglior Tremonti. Uno slogan al quale infatti hanno abboccato in tanti.
Ora, le “cose” si possono tassare attraverso due vie: colpendo il patrimonio o colpendo i beni al momento dello scambio. La prima via può essere percorsa solo eccezionalmente, ed infatti non è escluso che non si ricorra prossimamente. Perché tassare invece in via ordinaria il patrimonio in sostituzione del reddito sarebbe ingiusto, illogico, precapitalistico, e retrocederebbe il sistema fiscale italiano nella situazione preunitaria, se non prenapoleonica. L’altra via, quella di procedere alla tassazione al momento dello scambio, viene già abbondantemente usata non solo dall’Italia ma da tutti gli stati, e l’imposta che la rappresenta maggiormente è l’Iva. Allora passare “dalle persone alle cose” può significare solo aumentare l’Iva, altre vie significative non ce ne sono.
A questo punto due considerazioni, una generale e l’altra particolare italiana. Quella generale vuol richiamare l’attenzione su un concetto elementare di Scienza delle Finanze, e cioè che le imposte indirette, come quelle sui consumi, sono “oggettivamente regressive”, cioè incidono di più sul reddito dei poveri che su quello dei ricchi. Se una persona guadagna 1.000 euro al mese li spende tutti in acquisti per sopravvivere. Allora il 20% di Iva sugli acquisti inciderà per il 20% sul suo reddito. Un altro signore che guadagna 20.000 euro al mese forse ne spenderà solo 8.000 in acquisti ed allora sul suo reddito inciderà solo per l’8%. Quindi per quest’ultimo signore se si passasse “dalle persone alle cose”, cioè dall’imposta progressiva sui redditi a quella sui consumi, farebbe un guadagno netto rilevantissimo. In concreto quindi per realizzare quel passaggio auspicato da Tremonti è necessario aumentare l’aliquota Iva (tassa sulle cose) in modo da poter diminuire quella Irpef (tassa sulle persone, più precisamente sul “reddito delle persone”), con la conseguenza di aumentare quell’effetto regressivo di cui si è detto prima. Ora, va rilevato che l’aliquota ordinaria Iva in Italia è già superiore a quella vigente in paesi come Francia, Germania e Spagna, tanto per citare i nostri partner più prossimi, quindi non si capisce come realizzare la cosa. Qualcuno dirà che bisogna aumentare l’aliquota solo per i beni di lusso. Facciamolo pure, ma quante Ferrari, Rolex e quant’altro si devono vendere per coprire per esempio il passaggio a due sole aliquote Irpef promesso quasi vent’anni fa dalla coppia Berlusconi-Tremonti, che pare costerebbe almeno 20 miliardi di euro? Qualcun altro ha rilevato che in altri paesi l’incidenza delle imposte indirette sul totale delle entrate è superiore a quello che si riscontra in Italia. Questa obiezione contempla una sola risposta, vista che non abbiamo un’aliquota Iva inferiore: l’Iva è l’imposta maggiormente evasa in Italia.
Per fortuna nella Costituzione italiana è scritto (art. 53, 2° c.): “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. A mio modesto avviso un massiccio spostamento dall’imposizione diretta a quella indiretta, oltre a rappresentare un arretramento rispetto alle conquiste del liberalismo democratico, presenterebbe seri profili di incostituzionalità.
… Come vedete mi sono fatto prendere anch’io da questa tremontata della riforma fiscale, come se la dovesse fare veramente, quando invece lui stesso sa che non la farà mai. Si tratta solo di uno dei tanti ballon d’essai, come quello che bisogna riformare l’art. 41 della Costituzione per togliere qualche permesso e certificato alle imprese. Prossimamente dirà che per togliere il certificato di nascita nei concorsi pubblici bisognerà modificare il trattato istitutivo dell’ONU.{ Pubblicato il: 16.12.2010 }