giovanni la torre
Nessun commentoTREMONTI NEWS N.10
Siamo ancora costretti a rincorrere l’attualità. Questa volta ci dedichiamo allo scambio di “idee” che vi è stato sulle pagine del Corriere della Sera tra Piero Ostellino e il Ministro Genio. Ha cominciato l’ex direttore (martedì 11) con un piccolo pezzo nel quale ha ricordato al Nostro che l’Italia “ha bisogno di politiche liberali” che “facilitino l’ingresso nella modernità”. E per incoraggiarlo gli dice che è il più autorevole candidato alla successione dell’attuale Capo, anche perché “è il più …settentrionale dei (potenziali) concorrenti”, non senza ricordargli però che a decidere alla fine sarà lo stesso Berlusconi, dato che Tremonti di voti propri “non ne ha molti”. Tremonti gli ha prontamente risposto il giorno dopo sulle stesse colonne con un pezzo più che doppio nel quale anziché parlare di cose concrete, come dovrebbe fare un ministro alle prese con problemi seri, si è lasciato andare a elucubrazioni filosofiche (alla sua maniera ovviamente) citando Hobbes, Tocqueville e Sant’Agostino e ribadendo la sua idea che è tutta colpa dei vincoli imposti alle imprese e che per togliere qualche permesso bisogna cambiare la Costituzione (pensate un po’ …). Il contenuto della risposta di Tremonti è l’ennesima conferma che il terreno preferito dal ministro “raffinato intellettuale” è quello dell’eloquio fatuo e inconcludente, delle citazioni dotte, anche se non sempre a proposito, delle frasi pseudo brillanti, e non quello dell’azione concreta in positivo. Leggendo il suo articolo si avverte la solita sensazione che il Ministro sia un povero intellettuale condannato da sempre all’opposizione inascoltata. E’ bene ricordare che ormai il Nostro ha raggiunto gli 84 mesi (diconsi ottantaquattro mesi) di permanenza al governo, cioè 7 anni (diconsi sette anni), e non ricordiamo 1 atto (dicesi un atto) con il quale abbia attuato 1 sola idea (dicesi una sola) di quelle di cui va chiacchierando con spocchia da anni. Non ha fatto la riforma fiscale, non ha fatto una riforma nel senso della modernità e della competitività. L’unica cosa che è stato capace di fare, e solo di recente, è stata in negativo: ha tagliato in modo grossolano il bilancio pubblico. Ma anche questo solo perché l’Europa e la Bce gli hanno “puntato la pistola alla tempia” dopo che, appena tornato al governo nel 2008, aveva ripreso con la finanza allegra dissipando miliardi di euro per l’Alitalia e simili; e anche perché è stata la via per dare finalmente sfogo a quel sentimento antimeridionalistico che condivide con la lega e che era rimasto troppo a lungo sopito. Ricordo che Prodi è stato al governo complessivamente per 52 mesi e Ciampi per 49, ma sono riusciti a fare (sin dai primi mesi) la riforma più importante degli ultimi 40 anni: la realizzazione delle condizioni per l’ingresso dell’Italia nell’euro; le quali, è opportuno ricordare, non contemplavano solo la sistemazione delle finanze pubbliche ma anche la drastica riduzione dell’inflazione e dei tassi di interesse. Di Tremonti, ripetiamo, non ci sovviene alcun atto degno di essere ricordato, salvo i condoni, gli scudi, le dissipazioni degli avanzi primari e l’aumento del debito pubblico. Ecco perché il suo terreno preferito è quello dello sbrodolamento verbale, perché di fare qualcosa in positivo non è capace. Le sue idee sono talmente tante, contraddittorie e cangianti a seconda delle mode e delle convenienze elettorali, che reggono solo nella sua mente e in quella dei suoi adulatori, mentre si sciolgono appena vengono sottoposte a una verifica teorica seria, prima ancora che a una verifica di fattibilità concreta.
Povero Ostellino 1! Invita Tremonti a portarci nella modernità e nella globalizzazione. Evidentemente neanche lui deve aver letto i libri del “Genio”. Riporto allora a suo beneficio solo un paio fra i tanti passi dove traspare la malinconia per il piccolo mondo antico (altro che modernità e globalizzazione). Si chiede Tremonti in modo lamentoso: “Perché abbiamo buttato via la civiltà contadina, ma non sappiamo più gestire la modernità?” (La Paura e la Speranza, pag. 10). Oppure si rammarica che con la modernità sia venuto meno “il rispetto per il particolare, l’opposto dell’universale globale; il valore proprio delle riserve della memoria, che sono qualcosa di più intenso di una parodia bigotta della tradizione; le consuetudini familiari e municipali, le esperienze di vita, i retroterra arcaici e umorali, le diversità, i vecchi valori e le <piccole patrie>” (La Paura e la Speranza, pag. 75). Ecco chi dovrebbe portarci nella modernità e nella globalizzazione.
Povero Ostellino 2! Prima i suoi inviti alla rivoluzione liberale li rivolgeva a Berlusconi, ora, appurato che il capo supremo è interessato a ben altre cose, ha ripiegato su Tremonti.
Ostellino non ha controreplicato alle elucubrazioni di Tremonti, molto probabilmente perché anche in questo caso ne avrà valutato l’inutilità. Pensiamo però che nella sua mente avrà ripetuto le stesse cose che scrisse in un articolo del 29/11/2008 sul Corriere, e cioè che Tremonti “pare più un teologo medievale che lo statista di un Paese …”, e che la sua teologia viene considerata in privato “strampalata”.
{ Pubblicato il: 21.01.2011 }