giovanni la torre
Nessun commentoTREMONTI NEWS N. 13
Come volevasi dimostrare la montagna ha partorito il topolino. Ci riferiamo alla modifica dell’art. 41 della Costituzione, idea che abbiamo sempre considerato pura fuffa mediatica, come tutte le idee “geniali” del nostro super ministro. Rifacciamo il percorso di quest’altro “pensiero” tremontiano:
1) anno 1997. Sono gli anni successivi alla fine della Prima Repubblica e con essa delle Partecipazioni Statali. Per essere di moda e prepararsi a vincere le elezioni del 2001 bisogna essere contro l’intervento statale nell’economia. Tremonti pubblica allora Lo Stato Criminogeno dove a pag. 167 viene auspicata una rivoluzione legislativa che abbia “un solo principio ispiratore: <tutto è libero, tranne ciò che è vietato>. Il campo dei divieti deve essere limitato all’ORDINE PUBBLICO”; temendo che possa non essere compreso il professore aggiunge “inteso nel senso LETTERALE del termine”. Quindi devono essere vietate solo le attività che provocano sommosse, colpi di stato, e simili;
2) ottobre 2005. L’antistatalismo è ancora di moda ma ci sono altri “anti” nella mente e nella penna del ministro, come l’anti europeismo e l’antieuro, ma noi restiamo solo al primo. Tremonti pubblica Rischi Fatali dove ribadisce il concetto del 1997 ma con una significativa modifica. Qualcuno deve avergli detto “Signor Onorevole Ministro Professore, aver limitato i divieti al solo ordine pubblico significa che per esempio la libertà di fare impresa non si deve fermare neanche di fronte ai reati, come per esempio la truffa, la corruzione, l’omicidio, ecc. …”. E così a pag 111 del nuovo libro leggiamo: “… che in Europa per cinque anni ogni iniziativa economica è (sic) libera, escluso solo ciò che è vietato dalla legge penale.” Nel 2005 ha quindi ripiegato dall’ordine pubblico al penale, inoltre adesso la proposta è “per cinque anni”. Segnaliamo pure che questa proposta era inserita in una serie di altre rivolte all’Europa;
3) marzo 2008. Da quasi un anno è scoppiata la crisi globale, l’antistatalismo non è più di moda dato che è convinzione diffusa che siano state proprio le eccessive libertà concesse ai mercati a farla deflagrare. Tremonti subito volta bandiera, anche in vista delle elezioni di quell’anno, cavalca e alimenta le paure del momento, soprattutto: la Cina, gli immigrati, l’eccessiva libertà economica, oltre, naturalmente, l’Europa. Il ministro pubblica allora La Paura e la Speranza dove veste il saio dell’antimercatista, ma non penitente perché lui le cose le ha sempre dette “prima”, solo che gli altri non le capiscono o non le sanno leggere tra le righe. In questo libro vengono ripetute le proposte per l’Europa contenute nel precedente libro tranne una. Quale? Indovinate un po’! Ma si che avete indovinato. Sparisce la proposta che ogni iniziativa economica deve essere libera tranne quelle che vanno contro il codice penale. Per forza! Se fosse rimasta, tutta la retorica dell’antimercatismo sarebbe stata smascherata. Non solo. Si sostiene anche che “è annunciato un clamoroso ritorno del pubblico” (pag. 18);
4) maggio 2010. La crisi ha imposto misure drastiche ai bilanci pubblici. L’UE ha puntato una pistola alla tempia del governo italiano affinché si astenga dalla finanza allegra che ha sempre caratterizzato i suoi rappresentanti. Sembra che l’antistatalismo sia di nuovo di moda e Tremonti non vuol perdere l’occasione di stare sempre dalla parte di chi ha ragione. Quale modo migliore per farlo se non rispolverando quell’idea “geniale” che era sparita nel libro del 2008? Infatti in un’intervista al Corsera dice di voler inserire: “una norma rivoluzionaria per cui tutto è libero tranne ciò che è vietato dalla legge penale o europea. Per due o tre anni”. Notare che ora ha aggiunto anche le norme europee. Evidentemente qualcuno deve avergli detto che la libertà assoluta d’impresa potrebbe scontrarsi con le norme stabilite a Bruxelles, dove la “sapienza” del nostro ministro genio non viene ancora adeguatamente compresa e osannata. Notare pure che ora dice che la cosa sarebbe provvisoria, per due o tre anni. L’ineffabile giornalista-intervistatore, con l’aria dello studente che pensa di fare una domanda intelligente della quale un giorno il professore si ricorderà, chiede: “Ma richiederebbe una modifica della costituzione.” E il professore: “Probabilmente sì. E io, oltre a proporla, vorrei essere tra i firmatari di una legge di riforma così fatta”. Non rendendosi conto, professore e allievo, che modificare una Costituzione, oltre tutto “rigida” come quella italiana, per una vicenda che dovrebbe riguardare due o tre anni sarebbe una bestialità bella e buona;
5) agosto-settembre 2010, febbraio 2011. Qualcuno deve aver detto al professore che il restringere le limitazioni al solo codice penale e alle leggi europee lascerebbe fuori tutto il codice civile. Vorrebbe dire che chi fa impresa é libero di non rispettare i contratti? Di non saldare i debiti? E se le imprese del nord est si trovassero dalla parte del creditore? … Eh già! Avrà pensato il nostro ministro raffinato intellettuale. Ed ecco che allora in due interviste a Il Sole 24 Ore e a Repubblica declama l’ultima versione (almeno per ora) di questa geniale trovata rivoluzionaria: “tutto è libero tranne ciò che è vietato dalla legge.” Senza alcun aggettivo, cioè la versione confluita nel disegno di legge costituzionale. Con il che si sarebbe giunti a una sorta di pleonasmo, a uno di quei distillati di saggezza simili a quelli che dispensava un comico della mitica trasmissione “Quelli della Notte”, Catalano mi sembra si chiamasse, maestro nel coniare aforismi lapalissiani.
Ecco il ministro genio che il Pd e i giornali di sinistra stanno spingendo verso Palazzo Chigi.{ Pubblicato il: 11.02.2011 }