giovanni la torre
Nessun commentoDopo la precedente news un lettore mi ha chiesto di affrontare subito il tema dell’antimercatismo di Tremonti, visto che è l’altra cifra del personaggio oltre a quella del “genio”. Accolgo volentieri l’invito anche perché comunque l’argomento era in cantiere e solo l’urgenza dell’attualità finora mi ha impedito di affrontarlo. Caduto il Muro, dice Tremonti, comincia l’idolatria del mercato (già questa tempistica andrebbe discussa, ma lo rinviamo), cioè il mercatismo, con il suo portato storico: la globalizzazione, indicata da tutti come fonte di ricchezza per l’intera umanità. Ora, a parte la considerazione che facciamo en passant, che per quanto riguarda l’ “idolatria del mercato” si tratta se mai di una “ripresa” di concetti affermatisi sin dall’ottocento, e non di inizio di nuove ideologie, ma ci fermiamo perché altrimenti la conversazione diventa troppo teorica, a parte inoltre che allora ci chiederemmo quali fossero invece gli idoli di Reagan e Thatcher, i quali governavano da un decennio, a parte tutto questo non sappiamo poi dove abbia rilevato Tremonti che “tutti” dicevano che la globalizzazione avrebbe arricchito tutti. E’ sterminata la letteratura di economisti e scienziati sociali che hanno criticato fortemente le forme che la globalizzazione andava assumendo concretamente, e le disuguaglianze che andava creando. Questa è una caratteristica di Tremonti molto diffusa nei suoi libri, e non solo: inventarsi un nemico, attribuirgli tutte le tesi che vuole e poi trafiggerlo con la sua affilata dialettica (si fa per dire, ovviamente) e risultare l’ “unico” che ha detto certe cose. Infatti anche da Santoro, se vi ricordate, ha detto che lui invece, a differenza del resto del mondo, ne “Il Fantasma della Povertà” (1995) aveva criticato e previsto tutto (v. T. news n. 25). Detta così, chissà quanti allocchi avrà convinto: lui, se gli fosse data la possibilità, sarebbe il giustiziere del mondo intero. Con quel libro fa cominciare la trilogia dell’antimercatismo a uso degli sciocchi. In realtà in quel libro, il nostro genio, annunciava che “il fantasma della povertà sta tornando in Occidente” (p. 173). Della giustizia nel mondo, dei valori di solidarietà antimercatistici non se ne trova traccia. In quel libro c’era la preoccupazione che “nella migliore delle ipotesi l’operaio orientale fa concorrenza sul salario dell’operaio occidentale; nella peggiore, gli ruba il posto di lavoro” (p. 177, corsivo nel testo). Non solo, arriva a lamentarsi che “l’Occidente non stacca più il ‘dividendo’ coloniale, non fruisce più dell’impressionante flusso di ricchezza fisica che ha reso opulenti vaste regioni del Nord” (p. 175). Addirittura ne “La Paura e la Speranza” (2008) arriverà a scrivere, a ulteriore precisazione del concetto: “e così una massa di circa un miliardo di uomini, concentrata prevalentemente in Asia, è passata di colpo dall’autoconsumo al consumo (...) E’ una massa che prima faceva vita a sé (…) ora è una massa che non è più isolata, che comincia a vivere, a lavorare, a consumare più o meno come noi e insieme a noi, attingendo a quella che una volta era la nostra esclusiva riserva alimentare, mineraria, energetica” (p. 6, corsivo nel testo). Signori, dove stanno i valori antimercatistici, antiglobalizzazione, i “valori cristiani” di cui vanno cianciando commentatori e cardinali? Qui c’è solo la paura dichiarata apertamente di perdere i privilegi “coloniali” di chi vive nel primo mondo, il raccapriccio di constatare che c’è molta gente che prima era esclusa e che ora consuma “come noi e insieme a noi” (e ha avuto anche il coraggio di metterlo in corsivo). E poi, non mi stancherò mai di ripetere che il mondo che ammettiamo, senza concedere, che lui critica è lo stesso che nel suo piccolo ha contribuito a creare o quanto meno a propagandare con il libro Lo Stato Criminogeno (1997), pertanto la lotta che eventualmente lui ingaggia è contro se stesso.
Ne “La Paura e la Speranza” ripete che “il fantasma della povertà sta bussando alle nostre porte”. Ci pensate questo povero fantasma che continua a bussare per tredici anni (dal 95 allo 08)? Va bene che forse le nocche delle dita di un fantasma non si consumano, però è sempre una rottura. Non credete? Oltre alla paura di perdere i privilegi, in quel libro, come negli altri, c’è anche una strana concezione della storia, secondo la quale l’epoca in cui vive l’autore è quella definitiva, e non una mera contingenza che costituisce il superamento di quella precedente e verrà superata a sua volta da quella successiva. Per Tremonti il rischio di una supremazia della Cina viene avvertita e segnalata come una catastrofe senza precedenti e definitiva e non, qualora si verificasse, un’ulteriore tappa nell’inesauribile corso della Storia. Potrei continuare ancora a dire cosa ha veramente detto Tremonti nei suoi libri sull’argomento ma mi devo fermare rinviando ancora una volta a quanto ho già scritto ne “IL GRANDE BLUFF. Il caso Tremonti” (Ed. Melampo). Quanto poi al protezionismo, logica conseguenza di tutte le “tesi” di Tremonti, manca nei suoi libri, ma si tratta di una mancanza comune a tutti coloro che invocano quella politica, un’analisi di quali potrebbero essere le reazioni della Cina e dei suoi alleati nei confronti delle nostre esportazioni. E qui il discorso si farebbe troppo lungo.
{ Pubblicato il: 09.09.2011 }