giovanni la torre
Nessun commentoLo stesso giorno in cui vi giungeva la mia mail sul presunto antimercatismo di Tremonti, usciva sul Corriere della Sera un editoriale di Angelo Panebianco che definire esilarante è dir poco. Panebianco, dopo Sallusti, è forse l’ultimo “giapponese” che si ostini a difendere Berlusconi; per lui il problema e la causa di questa nostra crisi “consiste nella incapacità dimostrata da Berlusconi di imporre una propria egemonia, culturale prima ancora che politica”, e l’appunto principale che l’editorialista fa a Berlusconi è di avere “appaltato a un intellettuale-politico di spessore la politica economica del governo”. Questa dell’ “intellettuale-politico di spessore”, non l’avevamo mai sentita, avevamo sentito chiamare Tremonti il “genio”, il “raffinato intellettuale”, il “miglior ministro d’Europa”. L’errore di Berlusconi sarebbe consistito in particolare nell’aver ignorato l’antimercatismo del super ministro. Il libro che avrebbe indotto Panebianco a quel giudizio su Tremonti sarebbe ovviamente La Paura e la Speranza del 2008. Ora, lasciamo pure che Panebianco creda alla favola del Tremonti antimercatista, e che la usi per giustificare il fallimento di B., quello che invece dobbiamo verificare, ovviamente essendo certi che confermeremo, è il giudizio di “intellettuale-politico di spessore” riguardante il Genio. Effettivamente in quel libro si trovano le risposte agli interrogativi contemporanei come meglio non si potrebbe, se poi estendiamo la verifica anche ai libri precedenti scopriremo che i mondi aperti dal Genio non solo all’economia, ma anche alla storia, alla filosofia, alla letteratura, insomma a tutto lo scibile umano, sono immensi e le risposte che dà sono ormai definitive. Per ovvi motivi ne segnaliamo solo alcuni:
- per esempio ci si chiede in tutto il mondo come facciano i cinesi a
ad avere quei tassi di crescita? Basta andare a pag. 29 de La Paura e
la Speranza (PS) e si trova la risposta: “i cinesi fanno i cinesi”;
- si discute quale sia stata la causa prevalente del crollo del
comunismo storico, basta andare a pag. 32 di Rischi Fatali (RF) e non
si avranno più dubbi: “il comunismo ha perso perché ha perso”;
ma Tremonti dà risposte anche a dilemmi che consumano i filosofi da
secoli, per esempio:
- si discute ancora se il “reale” sia quello degli empiristi inglesi,
o quello del razionalismo cartesiano, o quello dell’idealismo tedesco
o, invece, il fatto storico crociano, ebbene signori filosofi,
deponete l’ascia di guerra delle vostre dispute perché il genio dà una
volta per tutte la risposta a pag. 164 de Lo Stato Criminogeno (SC):
“è la realtà che fa la realtà”;
- oppure, ancora si affannano i filosofi a cercare di definire cosa
siano il tempo e lo spazio. L’intellettuale di spessore a pag. 172-3
di SC ci fa capire che è una disputa vana: “i nuovi mezzi di
comunicazione e di produzione stanno progressivamente causando la fine
della geografia, la fine del tempo e dello spazio”;
- ma il genio ne ha anche per i filosofi matematici, infatti a pag. 62
di RF si può leggere questa illuminante scoperta: “i grandi numeri si
fanno soprattutto con i piccoli numeri”;
- e anche per i cultori di quella zona intermedia che sta tra la
filosofia, la psicologia e la letteratura, infatti a pag. 77 di PS si
può prendere conoscenza per la prima volta di questa fondamentale
distinzione: “la memoria è una cosa, l’oblio un’altra” (Eh! se Proust
avesse avuto la fortuna di condividere il nostro privilegio di essere
contemporanei del Genio);
- ma anche la Chiesa e l’esegesi evangelica hanno da imparare
dall’intellettuale di spessore. A pag. 90 di PS si può leggere: “c’è
in specie una differenza fondamentale tra dire <siediti e aspetta> e
dire <alzati e cammina>”;
- si parla da tempo in ambito epistemologico della possibilità di
unificare le diverse scienze in un unico metodo, ebbene Tremonti è già
riuscito a fondere botanica, biologia, psicologia, politica e storia,
infatti a pag. 75 di PS ammonisce gli europei: “certo le radici da
sole non bastano. Ma senza radici non si sta in piedi;
- per finire, un ammonimento ai nostalgici lo possiamo scoprire a pag.
74 di PS, dove c’è questa illuminante scoperta: “non si può pensare a
un meccanico ritorno al Novecento, perché è un tempo che è passato”
(effettivamente non ce ne eravamo accorti).
Non sappiamo quale calibro usi Panebianco per misurare lo spessore di
Tremonti, ci auguriamo solo che non usi lo stesso per valutare i suoi
studenti.
{ Pubblicato il: 11.09.2011 }