elisa ferrero
Nessun commentoL'incidente all'ambasciata israeliana mi fornisce anche l'occasione per dare un esempio del dibattito in corso in Egitto sulle relazioni con Israele, oggetto di molte domande dall'inizio della rivoluzione. Vi propongo la lettura di tre articoli che esprimono opinioni diverse sull'irruzione nell'ambasciata israeliana e suppergiù coprono l'intero "spettro" dei diversi punti di vista in Egitto. Ho volutamente tralasciato le opinioni degli islamisti, per mostrare come la questione non abbia nulla a che vedere con la religione, esistendo anche all'interno dell'area laica una grande diversità di vedute, alcune delle quali molto vicine alle posizioni degli islamisti.
Il primo articolo, comparso sul quotidiano al-Shorouq, è di Amr Hamzawi, noto intellettuale di area liberale, docente di scienze politiche all'Università del Cairo e fondatore del partito Misr al-Hurreya. Hamzawi esprime una netta condanna dell'attacco all'ambasciata israeliana.
Il secondo articolo, anch'esso ospitato su al-Shorouq, è di Tamim al-Barghouthi, poeta, figlio della nota scrittrice egiziana Radwa Ashour e del poeta palestinese (profugo) Mourid al-Barghouthi. Tamim al-Barghouthi può definirsi come il tipico esempio di palestinese della diaspora di seconda generazione, che non ha mai potuto vivere sulla sua terra di origine. Il suo sostegno all'irruzione nell'ambasciata israeliana è privo di ambiguità.
L'ultimo articolo, questa volta tradotto dall'inglese, è preso dal blog "The Arabist" di Issandr el-Amrani, scrittore e analista del Medio Oriente. Si può dire che l'opinione di el-Amrani sull'accaduto all'ambasciata israeliana sia un po' una sintesi delle due precedenti: nessuna simpatia per Israele e la sua politica, ma netta condanna della violazione dell'ambasciata israeliana.
Immagino che alcuni saranno turbati dai toni forti usati in alcuni casi nei confronti di Israele. Non voglio entrare nel merito, tuttavia mi limito a consigliare a queste persone di ascoltare con attenzione. Piaccia o non piaccia, questi toni e queste opinioni non rappresentano una minoranza nel mondo arabo. Tutt'altro. Non serve ignorarle, non serve reprimerle, non serve condannarle (si è sempre fatto e la situazione si è solo aggravata). Sarebbe un grave errore squalificarle sbrigativamente come fanatismo, innata predisposizione all'aggressività nei confronti di Israele o mancanza di autocritica. A queste posizioni, invece, se non vogliamo finire tutti nei guai, bisognerà dare una risposta ragionevole, giusta e concreta, come vado dicendo da tempo. Non c'è altra via, non si può aggirare lo scoglio. Non ci si può più nascondere dietro pur lodevoli dialoghi e iniziative di pace edulcorate che tranquillizzano le coscienze, ma non mutano sostanzialmente la situazione. La situazione, ora, è mutata da sé e noi dobbiamo prenderne atto. La posta in gioco è la vita di tantissime persone. Il mio è un semplice consiglio di osservatrice del mondo arabo, poi si può continuare a chiudere gli occhi, accusando chi punta il dito sulla piaga di essere violento, non dialogante, antisemita e tutto il corredo di accuse che si sente rivolgere chi cerca di comprendere la prospettiva degli arabi sulla questione palestinese (e su tante altre questioni). O chi denuncia apertamente delle ingiustize evidenti.
n.172
Non ha avuto il successo sperato il "venerdì del terribile silenzio", in programma per oggi. Anzi, la partecipazione è stata davvero imbarazzante, attorno al migliaio o poco più. C'era più gente al funerale del primogenito di Nasser, deceduto ieri, al quale ha partecipato anche il feldmaresciallo Tantawi. Dunque, niente di significativo, oggi, dal fronte delle piazze.
Più interessante il fronte processi e quello politico. Ieri è giunta la condanna a dieci anni di prigione di Ahmed Ezz, magnate dell'acciaio, quella a quindici anni dell'ex Ministro del Commercio (in absentia, purtroppo) e quella a dieci anni del direttore dell'Authority per lo Sviluppo Industriale. La condanna è per corruzione, ovviamente. Mubarak, invece, durante il proprio processo, ha commentato, per la prima volta, le accuse rivolte contro di lui. Ha detto che non avrebbe potuto ordinare di sparare sui manifestanti, perché la Costituzione non dà tale potere al Presidente. Mah...
In ambito politico, si avvicinano - non si quanto velocemente - le elzioni parlamentari. In attesa di queste ultime, tuttavia, vi sono altre elezioni che attirano l'attenzione, non meno importanti, se si considera il fatto che potrebbero costituire una buona cartina di tornasole per i risultati di quelle parlamentari. Si tratta delle elezioni sindacali. Ieri, i Fratelli Musulmani hanno annunciato una schiacciante vittoria in quelle del sindacato degli insegnanti, anche se alcuni hanno contestato questa pretesa. La Fratellanza avrebbe infatti presentato candidati solo per il 40% dei posti e di questi ne avrebbe vinti 20%. I Fratelli avevano già ottenuto una vittoria a giugno, nelle elezioni del sindacato dei farmacisti. Per quanto riguarda, invece, le elezioni della commissione didattica dell'Università di Ayn Shams, i Fratelli Musulmani avrebbero conquistato solo un posto su 14, contro 10 ottenuti dalla corrente che sostiene l'indipendenza delle università. A ottobre, ci saranno le elezioni sindacali degli avvocati che saranno un test ulteriore.
E i salafiti, che oggi hanno anche organizzato una piccola marcia di centinaia di persone contro le leggi di emergenza, fondano il quarto partito: al-Islah. E' un partito di giovani che, distinguendosi dagli altri, dice di fare riferimento ad al-Azhar.
La chiesa copta, invece, assiste a una piccola fuoriuscita di fedeli. Sono i membri del movimento chiamato "Il diritto di vivere", che chiedono di poter divorziare e risposarsi mediante matrimonio civile (che non c'è, per ora, in Egitto). Papa Shenouda, alle loro proteste, aveva risposto dicendo che potevano sposarsi al di fuori della chiesa. Ma se il diritto familiare che regola matrimonio e divorzio dipende dalla religione e non c'è una legge civile, come fanno? La soluzione è la conversione all'islam, soluzione ingiusta per chi vuole preservare la propria fede. Comunque, i membri di questo movimento hanno deciso di abbandonare la chiesa-ortodossa restando cristiani. Non ho ben capito come risolveranno la questione del divorzio, tuttavia. Probabilmente, lasciando la chiesa, potranno fare appello alla sharia, che si applica in tutti i casi "ibridi".
Nel frattempo, continua la crisi tra Tel Aviv e il Cairo. Il Primo Ministro Sharaf ha detto ieri che il trattato di Camp David non è un testo sacro e che, se le parti in causa lo riterranno opportuno per la pace, si può modificare. Tel Aviv non l'ha presa bene e ha convocato l'ambasciatore egiziano per informarlo che Camp David non è in discussione.
{ Pubblicato il: 17.09.2011 }