autori vari
Nessun commentoBisogna precisare che un partito liberale e progressista, che si collocherà
molto probabilmente nel csx, e cmq nell'eldr-alde e nell'internazionale
liberale, con un ampio progetto politico paneuropeista ed eunomista, già c'è:
si chiama Partito Illuminista Unitario .
Sono 10 anni che ci stiamo lavorando e siamo arrivati a superare gli 83mila
iscritti . Si veda il sito www.illuministi.eu ed il blog http:
//partitoilluministaunitario.blog.tiscali.it .
Io - Mario FABRIZIO - ne sono il presidente onorario e sono\ siamo aperto\i ad istanze che provengono dalla società civile e dal mondo della cultura liberale (Fondazione Critica Liberale compresa) .
05. LUCA BAGATIN il il 23.09.2011
Partiti e partitini liberali ne esistono già. Abbiamo il nostro PRI, poi il PLI ed i radicali. O, meglio, quel che resta delle forze laico-liberali dopo il golpe di Tangentopoli di cui, qui, nessuno sembra parlare.
[partitini, tutta robaccia più che compromessa per anni e anni col regime berlusconiano, tutti traditori della loro tradizione e dei loro valori, destinati a finire nella ricerca affannosa di qualche poltroncina... ombre di partiti già immersi nella corruzione della prima repubblica. e.m.]
04. RICCARDO LANFRANCHI il 23.09.2011
Quella di Vetritto è una analisi veramente lucida che peraltro condivido...a volte le cose che non riusicamo a vedere sono proprio quelle in cui siamo immersi. Trovo anche che fcl abbia fotografato con precisione il disagio di molte persone che come il sottoscritto non riescono a trovare una direzione e
soffrono la mancanza di qualcosa o qualcuno che li rappresenti, tutto ciò porta soltanto ad accentuare l'individualismo e l'immobilià. L'impresa che fcl si pone è ardua e temo che per vedere germogliare i frutti di un nuovo umanesimo si debba attendere una primavera ancora lontana, non posso ambire date le mie modeste competenze ad annoverarmi tra i coltivatori...ma che diamine servirà anche il concime!(come dice De Andrè "dal letame nascono i fiori")...
03. MAURIZIO LAMACCHIA il 23.09.2011
1. Che bello leggere qualcuno che pensa!
2. Come ti ho detto già tante volte, ho sempre pensato che il dramma dei movimenti di liberazione sociale, il loro peccato originale, stava nell'essersi costituiti in opposizione al liberalismo invece che come loro naturali eredi - eredi di un pensiero e di un'esperienza grandiosa di emancipazione dell'uomo
da incorporare e portare al suo naturale e necessario compimento con lo
sviluppo della giustizia sociale.
Perciò, come tu avevi immaginato in anticipo, mi ritrovo in moltissime cose con l'angolo visuale dell'articolo che mi hai mandato.
Condivido pienamente anche l'analisi delle ragioni strutturali della crisi delle sinistre di tutto il mondo.
Condivido di meno il rigetto della socialdemocrazia; ma mi voglio spiegare meglio.
Vogliamo dichiarare superati gli schemi culturali dei partiti socialdemocratici? Sono d'accordo. Perchè dico: meno male che ci sono almeno loro,
a difendere i movimenti per i diritti civili, ma glielo si legge in faccia che non fa parte del loro dna, che assolvono al loro compito con sofferenza per il tempo sprecato a doversi occupare di cose marginali. I ceti medi, il nuovo arcipelago
sociale in cui si è spezzettata la nostra società: sono afasici nei loro confronti, non hanno parole e proposte per una realtà che non riescono a capire. I movimenti referendari, i nuovi movimenti giovanili: arrivano sempre in ritardo e vanno via per primi. La libertà di espressione (qui parlo dell'Italia): Difendono a parole i giornalisti e i dirigenti televisivi epurati, ma si sente il
loro sospiro di sollievo per l'allontanamento di quanti, ancorchè collocati
nel loro stesso schieramento, non sono allineati alle burocrazie di partito. E non hanno saputo fare un serio sforzo di analisi per formulare proposte adeguate ai radicali cambiamenti planetari che hanno investito le nostre economie.
Se invece vogliamo dire che è superato il modello socialdemocratico, qui sono molto meno d'accordo. Certo, incontra enormi difficoltà a causa dei mutamenti socioeconomici, demografici, ecc. (e soprattutto, in ultima analisi, a causa dei mutati rapporti di forza sociali). Ma devo ancora sentire qualcuno che sappia
dimostrare seriamente che per esempio i "vecchi" sistemi di welfare, a
cominciare dai sistemi pensionistici tanto presi di mira, e i "vecchi" mercati del lavoro fondati sui contratti a tempo indeterminato, siano strutturalmente incompatibili con lo sviluppo economico. Al contrario: perchè sui giornali non si legge mai una seria riflessione sul come mai le società scandinave (e credo che si possa parlare in termini simili anche di altri casi, come quello del Canada) hanno retto meglio di chiunque altro alla catastrofe di questi anni?
La verità è che il modello socialdemocratico è attualmente reso impossibile non da ineluttabili leggi dell'evoluzione economica-tecnologica-demografica-
sociale, ma da umanissime scelte (scelte politiche) che hanno spinto
questi processi in una certa direzione invece che in un'altra. Le politiche neoliberiste di totale deregolamentazione della destra reaganiana e poi della Thatcher hanno determinato quel colossale processo di finanziarizzazione e di globalizzazione malata delle nostre economie, tale che oggi uno smisurato potere sovranazionale e quasi impersonale (cioè, che sfugge di mano coi suoi infernali automatismi agli stessi vertici delle istituzioni finanziarie) paralizza
la libertà di scelta economica dei poteri politici (e con ciò uccide la stessa
democrazia). Una giusta e razionale crescita e allocazione delle risorse economiche reali è impedita nella misura in cui limita la crescita dell'immane massa di niente finanziario che ammorba il pianeta.
Ma "come t'ho fatto così ti distruggo", scelte fatte dai politici sono rovesciabili da altre scelte fatte da altri politici. Non è impossibile cambiare regole e rapporti di forza, nessuna legge di natura impedisce di ridimensionare drasticamente lo spazio e il potere della finanza. Sta qui l'arretratezza dei socialdemocratici (non del modello socialdemocratico), perchè in questa situazione non basta più dire "da oggi giustizia sociale e lavoro sicuro per tutti", ma bisogna anzitutto sapere come si può ristabilire la libertà di scelta rispetto alle imposizioni del potere finanziario: bisogna innanzitutto
convincersi della necessità e della realizzabilità di questo processo, dopo essersi accodati per vent'anni alle politiche neoliberiste; poi studiare e saper ascoltare per elaborare progetti conseguenti (è la parte meno difficile, le proposte sensate in circolazione cominciano a essere parecchie); e infine saperli proporre ai propri elettori.
L'altro lato del problema è l'attacco ai redditi e ai diritti di chi lavora che proviene dalla concorrenza internazionale di chi quei redditi e diritti li tiene ai minimi.
02. PAOLO CHIARIELLO il 19.09.2011:
Tutto condivisibile in pieno, per un vecchio liberale come me, almeno sin dove il testo è leggibile (il testo integrale appare vuoto) ma con due dubbi di non poco conto: il riferimento ai liberali europei; spiace dirlo ma la prova della FDP e del partito Liberldemocratico inglese, giunti al governo con grossi successi elettorali sono state finora fallimentari (soprattutto da un punto di vista liberale!); liberalizzazioni e mercato: ma anche noi della sinistra liberale, cresciuti anche con Hobhouse (ricorre quest'anno il centenario di "Liberalismo"), Dewey, Beveridge ecc. ecc. dobbiamo chinarci - proprio ora e proprio di fronte ai distruttivi fallimenti di queste concezioni - ai dogmi degli ultraliberisti? Vogliamo almeno noi distinguere, con buona pace della BDL, il liberalismo politico dal liberismo?
01. CESARE PREVEDINI il 19.09.2011:
Che commento posso fare, cari amici, DISPERATAMENTE liberali. La chiarezza di questo testo é totale, anche se, obbiettivamente, non è difficile estendere un testo di principi. Io, i miei amici, sopravvissuti ad ogni depressione intellettuale, vorremmo da tempo agire. Chi, come me me, ha avuto "un passato liberale riconoscibile", riceve periodiche sollecitazioni. Ma il liberalismo, chiaro, preciso, di Critica, non é l' unica proposta. E' la proposta che io condivido, ma anche Antonio Martino si dichiara liberale, anche il "nuovo PLI", si dichiara liberale e anche i "liberal-democratici" di vecchi amici, che da anni bordeggiano qua e là, con il solo scopo di mantenere in vita un pragmatismo personale e i liberal-socialisti (o viceversa, con lo stesso scopo?). Quindi, come sempre, il problema é l'operatività e la credibilità. Io, ovviamente, sono d' accordo che la collocazione é nel centro-sinistra. Ma sono anche conscio, come sicuramente Ercolessi, come sicuramente Enzo Marzo, delle immense differenze culturali che sussistono con il gruppo egemone del centro sinistra e sappiamo anche che la coscienza di queste differenze é ricambiata. Ed in più, ogni volta che rifletto sul tema di un Partito Liberale, mi viene da pensare che non troverei sbagliato che tutte le componenti storiche del Liberalismo, vi fossero rappresentate, ivi compreso la destra. In questo senso devo dire che mi colpì, tempo fa, quel ricordo di Malagodi, operato da Critica. A questo proposito mi ha colpito una sera, incontrando Antonio Martino e salutandolo, nel ricordo della GLI, mi disse "già i giovani liberali, che odiavano i vecchi liberali". A parte quell' eccesso, un commento interessante e, come dire, coinvolgente. Ma chi si prende l' iniziativa?
{ Pubblicato il: 20.09.2011 }