elisa ferrero
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Questa mattina, il feldmaresciallo Tantawi, capo delle forze armate - e per ora anche dell'Egitto - si è finalmente recato a testimoniare al processo Mubarak. La sua udienza è stata brevissima, circa un'ora, durante la quale gli sono state poste una decina di domande. Pare siano stati ammessi pochissimi avvocati. Come al solito, si sa poco del contenuto di tale testimonianza, perché il processo ora si svolge a porte chiuse, senza la presenza dei mass media. Tuttavia, la candidata alla Presidenza Buthayna Kamel - che è anche giornalista - ha scritto un tweet nel quale afferma che la testimonianza di Tantawi avrebbe scagionato Mubarak dall'accusa di aver ordinato di sparare sui manifestanti. Questa non è stata una sopresa per nessuno, del resto.
Domani era prevista la testimonianza del Capo di Stato Maggiore Sami Anan, ma il processo è stato aggiornato al 30 ottobre, facendola saltare. C'è preoccupazione per come sta andando il processo, tanto che alcuni avvocati hanno richiesto la sostituzione del giudice Ahmed Refaat, domanda che verrà presa in considerazione il 30 ottobre, alla ripresa del processo.
E' ripreso oggi anche il processo per l'assassinio di Khaled Said, anch'esso rinviato al 22 ottobre (tanto per cambiare). Ma con una novità: il processo riprenderà a porte chiuse, come quello di Mubarak, fino alla sentenza finale. Non si capisce la motivazione di tale decisione, che ha provocato forti proteste. Certo non è un bel segno.
L'ondata di scioperi continua, sopraffacendo tre settori vitali del paese: sanità, istruzione e trasporti. Oggi si è tenuta la milioniya degli insegnanti, davanti al palazzo del Consiglio dei Ministri. Anche se erano solo migliaia e non un milione, gli insegnanti hanno sfogato la propria rabbia chiedendo le dimissioni del Ministro dell'Istruzione e un salario minimo di 3000 pound. Anche i lavoratori del settore trasporti hanno organizzato una marcia per oggi: in autobus! Fino a piazza Tahrir e al palazzo del Consiglio dei Ministri.
E il governo, domani, si riunirà in seduta straordinaria proprio per valutare la situazione scioperi, oltre che per riesaminare la legge elettorale, dopo le critiche pesanti delle forze politiche. Il Consiglio Militare ha infine deciso di sottoporla all'ennesima revisione. Si mormora che i militari potrebbero venire incontro alle richieste delle forze politiche, aumentando a due terzi la percentuale di parlamentari da eleggere con il sistema proporzionale. Ma per ora sono solo voci.
Per finire, vorrei proporvi (per chi capisce l'inglese) un'intervista del blogger e attivista Hossam el-Hamalawy, il cui nome, di tanto in tanto, è comparso in questa newsletter. Hossam el-Hamalawy fa parte dei Socialisti Rivoluzionari, dunque è un esponente di quella che si può chiamare sinistra radicale, molto impegnata nella lotta per i diritti dei lavoratori. L'intervista è piuttosto lunga (attenzione allo stacchetto musicale!) e copre vari argomenti d'interesse sulla situazione attuale in Egitto: l'irruzione all'ambasciata israeliana, i Fratelli Musulmani, le leggi di emergenza, la libertà di stampa, gli scioperi, i problemi dei lavoratori, le elezioni, il modello turco, la primavera araba. Consiglio di ascoltarla per avere il punto di vista di un protagonista dalla sua viva voce. Tra le tante osservazioni fatte da el-Hamalawy, ce n'è una che vorrei sottolineare e sottoporre a riflessione. Secondo lui - che è ancora ottimista - il successo della rivoluzione, in questo momento, non va giudicato in base al numero di persone che si riesce a portare in piazza, ma in base al numero di istituzioni che si riesce a ripulire dal vecchio regime. Gli scioperi attuali stanno cercando di fare anche questo. Le domande dei lavoratori non sono solo di tipo economico, ma anche politico, perché mirano a rimuovere i tanti mini-Mubarak presenti in ogni settore. E' questa la vera sfida del momento, secondo el-Hamalawy. Non le elezioni che - sempre secondo lui - produrrebbero, nella situazione attuale, un Parlamento inutile, non libero, senza poteri, sia che vincessero gli islamisti, sia che vincessereo i laici. Se volete ascoltare tutta l'intervista, ecco il link:
http://www.jadaliyya.com/pages/index/2677/interview-with-hossam-el-hamalawy-on-counter-revol
N.179
C'è tanta carne al fuoco, in Egitto, in questa nuova fase della rivoluzione egiziana, non più di piazza, ma piuttosto di ribellione quotidiana e resistenza civile. Il clima generale, per certi versi, ricorda sempre più quello dei tempi di Mubarak. Sono tornati anche i fermi all'aeroporto di egiziani e stranieri sgraditi, in base a liste compilate dagli organi di sicurezza. Una ricercatrice francese, in procinto di iniziare un lavoro all'American University, è stata rispedita in patria con la figlia. Pare che avesse studiato e sostenuto le lotte dei lavoratori del 2009. Un attivista politico egiziano, invece, è stato trattenuto all'aeroporto per controlli al ritorno da un viaggio in Libano. Proprio come ai cari vecchi tempi.Ma in questo clima di rinnovato "controllo", sono in tanti a ribellarsi. Così, in questa rivoluzione senza leader, di tanto in tanto emergono in superficie dei protagonisti (non mi piace chi li chiama eroi) con nome e cognome. Oggi, dopo l'indignazione causata dalla testimonianza del feldmaresciallo Tantawi nel processo Mubarak, sulla quale sono corse voci contrastanti per il black out mediatico imposto dal giudice, un giornalista ha preso l'iniziativa di rompere il segreto e rivelare l'intero testo della deposizione, assumendosi coscientemente tutte le pesanti conseguenze. Il giornalista, di nome al-Walid Ismail, ha diffuso su Twitter la deposizione grazie all'aiuto di un secondo giornalista, Mohamed al-Garhy, che ha fatto da tramite, mettendo anche lui nome e cognome. La "pubblicazione" su Twitter - che dunque non coinvolge nessuna testata giornalistica, ma lascia tutta la responsabilità al singolo individuo - è stata subito diffusa e tradotta in tutti gli angoli del mondo virtuale.
Anch'io, come sempre connessa a internet, ho raccolto per circa un'ora e mezza i tweet con la testimonianza di Tantawi, che vi passo qui sotto. A un certo punto, la trasmissione si è interrotta, causando il panico tra i cybernauti. Si è pensato che al-Garhy fosse stato fermato dalla sicurezza e alcune persone sono subito partite alla sua ricerca, per sincerarsi se stava bene. Nel giro di venti minuti l'hanno trovato, scoprendo che aveva solo interrotto la trasmissione per rispondere al telefono. Tuttavia, questo dà l'idea del clima che c'è in Egitto in questo momento.
Ma arriviamo alla testimonianza di Tantawi. Come vedrete, in sostanza il feldmaresciallo salva Mubarak dalle accuse e addossa la colpa a Habib al-Adly (come da copione). Ricordo che Tantawi, tempo fa, aveva dichiarato che le forze armate si erano rifiutate di eseguire l'ordine di sparare sui manifestanti. Dunque, quest'ordine devono averlo ricevuto da qualcuno. Ecco la testimonianza completa:
Giudice: Il 22 gennaio si tenne una riunione: l'ex Presidente ne conosceva il contenuto e i risultati?
Tantawi: La riunione era presieduta dall'ex Primo Ministro (Ahmed Nazif), penso che a lui (il Presidente) furono riferiti.
G: Tra il 25 gennaio e l'11 febbraio si tenne qualche riunione tra lei e Hosni Mubarak?
T: Nessuna riunione diretta, ma quando ricevemmo gli ordini (di scendere in strada) il 28 gennaio, ci furono delle telefonate tra me e l'ex Presidente.
G: Che cosa successe durante queste riunioni?
T: Si tennero per conoscere il ruolo delle forze armate, specialmente il 28 gennaio. Il 28 gennaio fummo mandati nelle strade per aiutare la polizia. L'aiuto alla polizia era stato pianificato in precedenza. Le forze armate vengono chiamate quando la polizia non è in grado di svolgere il suo ruolo e ha bisogno di aiuto. Mubarak (capo delle Forze Armate) diede ordini in proposito. Ci fu ordinato di proteggere servizi importanti e questo è ciò che successe.
G: Mubarak ordinò a Habib al-Adly che la polizia usasse la forza contro i dimostranti, incluso pallottole di gomma e proiettili veri, tra il 25 e il 28 gennaio?
T: Non ho informazioni su questo e non penso che sia accaduto.
G: Mubarak diede istruzioni agli imputati su come affrontare la situazione?
T: Non ho informazioni su questo.
G: Lei fu informato dell'esistenza di qualche rapporto su come la polizia aveva trattato i manifestanti?
T: Questa è una faccenda che riguarda la polizia, ma penso che le proteste dovessero essere disperse senza l'uso di munizioni.
G: I dipartimenti delle forze armate osservarono l'uso di cecchini da parte della polizia durante quegli eventi?
T: Non ho informazioni.
G: Le indagini hanno scoperto che molti ferimenti e morti furono causati da proiettili di gomma. Come lo spiega?
T: Non ho informazioni su questo. Ci sono molte possibilità (per spiegarlo), ma non ho informazioni.
G: La polizia è la sola responsabile delle morti e dei ferimenti dei manifestanti?
T: Non so cosa successe.
G: Può specificare se ci furono elementi infiltrati?
T: Non è confermato, ma penso di sì, ci furono.
G: Chi furono questi infiltrati?
T: Forse criminali.
G: Ha informazioni su una possibile infiltrazione di elementi stranieri?
T: Non ho conferme, ma esiste la possibilità.
G: In generale, il Presidente era autorizzato a intervenire per proteggere la sicurezza del paese, ordinando il modo di comportarsi?
T: Il Presidente poteva dare ordini, naturalmente era autorizzato. Ma tutto era pianificato in anticipo e ognuno conosceva il suo ruolo.
G: A chi erano dati, di solito, questi ordini?
T: Gli incaricati erano noti, ma il Presidente poteva decidere, sicuramente.
G: L'incaricato degli ordini doveva eseguirli, indipendentemente dalle conseguenze di tali ordini?
T: Gli ordini erano discussi, gli incaricati li discutevano con il Presidente. Ordini decisivi vanno discussi.
G: Mubarak è direttamente e individualmente responsabile, assieme agli esecutori degli ordini da lui personalmente emanati, del modo in cui sono stati trattati i dimostranti?
T: Se Mubarak ha dato l'ordine di far fuoco sui manifestanti c'è responsabilità condivisa. Ma non so se ha dato quest'ordine.
G: Sa se Mubarak sapeva dalle sue fonti che i manifestanti venivano uccisi?
T: Bisognerebbe chiedere ai suoi assistenti.
G: Sa se Mubarak intervenne in qualunque maniera per fermare il bagno di sangue?
T: Penso che lo fece e ordinò un'inchiesta.
G: Può confermare, senza ombra di dubbio, la responsabilità di Mubarak nel ferimento e nell'uccisione dei manifestanti?
T: Questo devono stabilirlo le indagini.
G: In base alla sua esperienza, il Ministro degli Interni poteva prendere provvedimenti nei confronti dei manifestanti senza l'approvazione del Presidente?
T: I provvedimenti da prendere erano noti a tutti nel Ministero degli Interni e pianificati in anticipo. Ma in ogni caso (al-Adly) faceva rapporto al Presidente sulle proteste.
G: Habib al-Adly prese autonomamente, con l'aiuto degli altri imputati, la decisione di fronteggiare le proteste, uccidendo e ferendo i dimostranti?
T: Non ho informazioni su questo.
G: Pensa che l'ordine di aprire il fuoco sui manifestanti e usare veicoli per investirli fu dato solo da al-Adly e dai suoi assistenti?
T: Non posso dire cosa successe, ma è possibile che abbia dato degli ordini. Non lo so, il responsabile è chi li ha dati.
G: E' vero, oltre ogni ragionevole dubbio, che l'ex Presidente non sapeva nulla della risposta della polizia nei confronti dei dimostranti, che non diede ordini su come affrontarli e che fu solo responsabile della sicurezza del paese?
T: Non so cosa successe. Ma penso che il Ministro degli Interni dovesse far rapporto al Presidente. E' possibile che (Mubarak) non fosse al corrente della situaizone. Non ne sono sicuro.
G: Ci furono morti e feriti nell'esercito?
T: Sì, ci furono dei martiri.
G: Il MInistro degli Interni collaborò con le forze armate nel proteggere le proteste?
T: No.
G: Lei fu informato della perdita di munizioni appartenenti all'esercito?
T: No, ci fu solo dell'equipaggiamento danneggiato che fu riparato.
G: Fu informato della presenza di elementi di Hamas e Hezbollah infiltratisi attraverso tunnel per provocare disordini?
T: Questo non successe durante le proteste. Noi impediamo che queste cose accadano. Distruggiamo tutti i tunnel che scopriamo.
G: Furono arrestati degli stranieri in piazza Tahrir, poi consegnati alla Procura Militare?
T: No, nessun straniero fu arrestato.
G: Durante la riunione del 20 gennaio fu presa la decisione di tagliare le comunicazioni?
T: No, questo non successe.
G: Alcuni generali affermano che fu ordinato loro di disperdere le proteste con la forza. Fu chiesto questo alle forze armate?
T: Durante la cerimonia di laurea all'Accademia di Polizia ho detto, perché la storia lo sappia, che nessun militare ha aperto il fuoco sulla gente.
{ Pubblicato il: 26.09.2011 }