SECOLARIZZAZIONE I dati di Critica Liberale e Istat misurano il distacco dalla Chiesa. Per la generazione che sta facendo le sue scelte di vita i sacramenti non sono più neppure un omaggio obbligato a tradizione e genitori
La Fondazione Critica Liberale ha reso noto il suo undicesimo rapporto sulla secolarizzazione in Italia. I numerosi dati forniti sono assai interessanti soprattutto se guardati in una prospettiva storica, cioè nell ’arco di almeno un ventennio. Se si segue questo criterio, si scopre che vi sono alcuni
indicatori che attestano una secolarizzazione incalzante e massiccia. Il più importante è quello dei matrimoni concordatari (cioè cattolici), il cui numero è sceso in modo impressionante dal 1994 ad oggi: 23 anni fa si erano sposate in Chiesa 235.990 coppie, nel 2014 sono state meno della metà,
108.054. A questa impressionante diminuzione corrisponde l’aumento nel numero di matrimoni civili passati nello stesso periodo da 55.817 a 81.711. Su questo versante, c’è anche da presumere che siano in grande crescita le
convivenze (condannate dalla Chiesa Cattolica), dato che il numero complessivo di matrimoni è calato, in vent’anni, di più di 100.000 unità, cioè di circa il 35 per cento, passando dal 292.000 del 1994 al 189.000 del 2014.
È CHIARO CHE, per poter essere valutati appieno, questi dati andrebbero messi in relazione all’evoluzione demografica e alla composizione religiosa
(per via degli immigrati non cattolici) della popolazione nello stesso intervallo di tempo, ma è indubitabile che essi attestino la crescita di una
massiccia disaffezione verso una forma cattolica di vita familiare.
Nella stessa direzione va un altro dato, quello relativo alla quantità dei divorzi, raddoppiati nell’arco del ventennio 1994-2014. Anche se il rapporto
non ci dice quanti di questi abbiano riguardato i matrimoni religiosi, il dato è comunque impressionante. E c’è da scommettere che lo sarà molto
di più nel prossimo futuro, in ragione della recente introduzione del “divorzio breve” e delle nuove disposizioni sugli obblighi di mantenimento del
coniuge. Per un terzo inequivocabile indicatore di secolarizzazione
integriamo i dati del Rapporto con quelli dell’Istat: nel 1994 i figli (allora definiti “naturali”) nati fuori dal matrimonio erano il 7,7 per cento dei nati vivi; secondo l’Istat, oggi sono quasi il 29 per cento dei neonati, la loro percentuale sul totale delle nascite è quadruplicata in poco più di un ventennio. Al contrario, la percentuale di battezzati tra i bambini è diminuita in modo sensibile, passando dal 92 per cento del 1994 al 76 del 2014.
L’insieme di questi dati rende dunque evidente un distacco crescente della popolazione italiana dalle pratiche religiose cattoliche.
E tuttavia nel Rapporto si trovano anche altre cifre, che parrebbero smentire questa tendenza, facendo piuttosto pensare a una tenuta o al limite a un leggero arretramento della cattolicità degli italiani. Si prenda il numero delle prime comunioni, in vent’anni disceso molto poco: dal 513.300 del 1994 al 446.521 del 2014. Lo stesso argomento vale per altri indicatori, quali la frequenza all’ora di religione, scesa in 20 anni di pochi punti e rimasta vicina al 90 per cento degli studenti o la percentuale di finanziatori della Chiesa Cattolica per il tramite dell’8 per mille, anch’essa attestata intorno al 45 per cento delle scelte totali e all’80 per cento tra coloro che esprimono una preferenza.
DUNQUE COSA SUCCEDE? Gli italiani sono schizofrenici? Si comportano in modo irrazionale e non coerente? Io non credo proprio e penso che queste
importanti differenze possano essere spiegate in una chiave generazionale. Quasi tutte le inchieste campionarie mostrato come il grande salto
fatte in questi anni ci hanno verso la secolarizzazione e il distacco netto dalla “religione dei padri” sia stato compiuto dalla generazione nata dopo il
1980. È tra i nati dopo quella data che la disaffezione verso la Chiesa dilaga e diventa un comportamento di massa. Sono costoro che, affacciatisi da
poco nel loro segmento superiore all’età adulta e alle prese con le prime grandi scelte esistenziali, si sposano sempre meno, convivono sempre di
più, fanno figli fuori dal matrimonio e li battezzano di meno.
Nelle generazioni precedenti, la secolarizzazione pur presente aveva un ritmo più blando e aveva autorizzato molti gerarchi cattolici a sperare che
l’Italia rappresentasse un’eccezione in un’Europa che stava diventando sempre meno religiosa. Nelle classi di età centrali, tra coloro che oggi
mandano i loro bimbi al catechismo, è invece ancora diffusa quella che il sociologo inglese ha definito una religiosità “vaga”, secondo la quale le
persone si allontanano sempre di più dalla pratica regolare e dal nutrire autentiche convinzioni religiose, ma continuano a rimanere, per così dire, culturalmente affezionati alla tradizione spirituale da cui provengono. A messa ci vanno poco, ma i sacramenti ai figlioli li fanno prendere. E spesso si erano sposati in Chiesa, anche solo per non far piangere la mamma. La religiosità “vaga”, scrive Voas, è uno stato di transizione, da un mondo
religioso a uno senza Dio.
OGGI QUELL’ILLUSIONE non trova più appigli e pure i gerarchi cattolici sono costretti ad ammettere che anche l’Italia, pur con i suoi ritmi, è travolta dalla grande corrente della secolarizzazione che investe il mondo sviluppato (e non solo l’Europa, ma anche le Americhe, inclusa quella latina). Papa Francesco ha deciso di dedicare il prossimo sinodo al tema
dei giovani. A discuterne saranno soprattutto anziani gerarchi. I giovani sono già andati via.
[3 luglio 2017 il fatto quotidiano]
{ Pubblicato il: 18.07.2017 }