giovanni la torre
Nessun commento“Il condono vorrebbe dire frenare sul nascere il progetto di contrasto all’evasione fiscale, sarebbe un togliere forza al nostro vero obiettivo … minaccia l’afflusso di entrate negli anni a venire. E, così facendo, alla fine ci ritroveremmo con un maggior deficit”. Chi ha pronunciato queste parole? Sarà stato l’ex ministro Visco? O è il ripescaggio di una vecchia dichiarazione di Bruno Visentini? Ma no! E’ stato lui, sì proprio lui. Il nostro super ministro “genio”, “raffinato intellettuale”, “politico – intellettuale di spessore”. Colui che sarà ricordato proprio per i condoni e gli scudi che ha attuato, ora si erge a paladino contro questi strumenti spicci, senza peraltro avvertire il bisogno di scusarsi, o quanto meno giustificarsi, per gli scempi alla legalità fiscale perpetrati negli anni passati, quasi fosse uno smemorato. Ma tanto, che bisogno c’era di scusarsi? Mai nessun intervistatore glielo farebbe rilevare. Meno che mai chi l’ha intervistato per Avvenire sabato scorso. Lo so che nessuno legge quel giornale, tranne quando i vescovi con esso attaccano questo e quel politico, però la lettura di quella intervista mi permetto di consigliarvela perché è un esempio tipico di come ci si
pone al cospetto del Genio. L’atmosfera sembra quella che si crea quando si è di fronte a un saggio universalmente riconosciuto, non so?, come poteva essere un Bobbio, per esempio. Oppure qualche eminenza cardinalizia particolarmente autorevole dal punto di vista morale, tipo Martini. Sentite questa: “Giulio Tremonti si sistema sulla poltrona e ‘regala’ un primo pensiero quasi filosofico: <ciò che va fatto è chiudere l’asimmetria tra l’essere legale e il doverlo essere>”. Signori, qualcuno mi può spiegare cosa significano questo insieme di parole dal punto di vista “filosofico”, parole che hanno tanto incantato l’intervistatore? Il fatto è che tutta l’intervista viaggia su questa dimensione quasi surreale dove pur parlando di soldi e di persone (gli evasori) che commettono reati e si sottraggono al contratto sociale, il tutto viene trattato come se si fosse non al cospetto di chi dovrebbe perseguire quelle scorrettezze e mostrare il volto fermo e, quando necessario, coercitivo della legge ma di un confessore, un predicatore. Sì, sembra proprio che l’intervista sia
stata fatta in confessionale. Infatti, pur essendo cominciata con un “evasori attenti” del titolo, poi tutto scivola su un tono indulgente tipico del confessore che invita il penitente a confidare comunque nella misericordia divina. Infatti è vero che ci sono i metodi repressivi contro l’evasione ma, dice il ministro, “rendiamoci conto che c’è anche un altro metodo da sviluppare. Che non è ‘poliziesco’, ma morale e culturale. Si tratta di lavorare sulle coscienze e sulle teste”. Pare che dopo aver letto questa dichiarazione, molti evasori siano andati a versare alle agenzie delle entrate il maltolto con le lacrime agli occhi, contriti e pentiti. E pare pure che d’ora in poi l’Angelus domenicale a piazza San Pietro verrà recitato insieme dal Papa e da Tremonti proprio per completare l’opera di convincimento. Si pensa pure d inserire Tremonti nei confessionali (in tutti perché tra le tante doti ha anche quella dell’ubiquità) in modo che quando qualcuno confessa il peccato di evasione fiscale, possa parlare al posto del prete per convincere il penitente. L’intervistatore diventa sempre più commosso e, per noi che l’abbiamo letto, commovente e
patetico. Egli vuole farci condividere la gioia che trabocca dal suo essere per il sol fatto di trovarsi di fronte al Genio: “E’ un colloquio che a tratti si fa monologo ‘alto’, quasi una lezione universitaria”. E ovviamente da quelle vette, fa intendere l’intervistatore, non ci si può abbassare alla prosaicità della vita quotidiana di un ministro, sia pure alle prese con problemi seri. E così ci comunica che “Tremonti non vuole parlare di un possibile concordato con la Svizzera sui capitali depositati nelle banche locali, non vuole spiegare il senso del tormentato decreto per lo
sviluppo. Non vuole svelare le ‘sue’ verità sullo stato dei rapporti con Berlusconi e soffermarsi sui ripetuti tagli al nostro rating.
Preferisce conversare sull’Italia che sogna”. Ci viene quasi da piangere. Come si fa a non dare ragione al giornalista? Certo, che gente quelli della Bce che ogni tanto gli suonano la sveglia proprio
sul più bello, mentre è in compagnia di Serafini e Cherubini. Purtroppo noi italiani pure ogni tanto lo svegliamo, perché, ci rimprovera Tremonti, il nostro e “un paese, almeno in certe fasce,
ancora ostaggio dell’evasione, dell’illegalità, della criminalità. … Ed è il Sud che soffre di più per questo”. Come dargli torto? Povero Tremonti! Non sono lui e il suo capo che impediscono di realizzare il sogno, ma sono gli italiani. E soprattutto i meridionali poi; infatti mai che un padano abbia votato contro l’arresto di Cosentino, di Romano, di Milanese. Il capo di governo poi, che rompe il sogno italiano in tutto il mondo e ne combina di tutti i colori, è notoriamente un meridionale. Mai che durante l’intervista venga chiesto al ministro di rendere conto del suo operato, a cominciare dai condoni e gli scudi, per finire al semplice fatto di far parte di una compagine che sta rovinando l’Italia. Ecco cosa sono i giornalisti italiani al cospetto del potere, anche quando è al crepuscolo; addirittura viene considerato un comportamento “alto” il non affrontare i problemi. E’
come se intervistando Berlusconi si dicesse che “non si abbassa a parlare di Bunga Bunga, di processi per corruzione, ma preferisce parlare di Maria Goretti e di Giorgio Ambrosoli”. Non ho ritenuto di indicare il nome dell’intervistatore perché potrebbe essere stato firmato da tanti al suo posto.
{ Pubblicato il: 13.10.2011 }