paolo ercolani
Nessun commentoSta per crollare tutto! Il secondo ventennio di vergogna del nostro Paese sta per giungere al termine e già si possono scorgere i sintomi tipici della caduta dell’impero, così abilmente descritti dallo storico Gibbon nella sua opera monumentale sull’ascesa e caduta dell’Impero romano.
Grande è la confusione sotto al cielo, grande è il rischio che la comprensibile esasperazione di un popolo, soprattutto dei più giovani, possa sfociare in una demagogia populistica non aliena alla violenza.
Sì, perché ormai è intollerabile questo governo, e con esso tuta la cricca di faccendieri, puttanelle e incompetenti servili di cui il Cavaliere ha voluto contornarsi, è intollerabile che mentre le banche e l’alta finanza continuano a fare quello che gli pare, la benzina e i prezzi salgono alle stelle incontrollati e nella distrazione più totale da parte di chi dovrebbe vigilare, mentre la gente non arriva più a fine mese e i giovani disperano di trovare una lavoro, è intollerabile che chi ci «governa» pretende di imporre all’agenda del paese le intercettazioni, il processo breve, la prescrizione corta e dio solo sa quale altra diavoleria finalizzata a un solo scopo: salvare il sedere (non solo quello della poltrona) di Silvio Berlusconi.
E’ intollerabile questa classe dirigente composta da gente palesemente ignorante e inadeguata, boriosa e supponente al pari soltanto della propria incapacità.
Ma quando si alzerà qualcuno, quando i paludati e seriosi Galli della Loggia, Panebianco e notisti di tal fatta scriveranno a chiare lettere che non doveva essere consentito, non è consentito e non lo sarà mai più (sic!) che a occupare posti di potere e di rilievo siano personaggi presi pari pari dal Bagaglino come La Russa e la Santanché, la Gelmini e la Carfagna (che non parla più né più si vede, chissà come mai…), rispetto ai quali ci siamo piano piano abituati a considerare dei semi-geni personaggiucoli mediocri e pavidi come Tremonti, Frattini, Maroni e persino Letta?
I ragazzi cominciano a scendere nelle piazze, la gente comincia a essere esasperata e disperata, è assolutamente necessario che qualcuno stacchi la spina a questa sciagura nazionale prima che la situazione degeneri sul serio e la violenza prenda il posto della protesta.
Questa gentaglia che ci governa, è ora di dirlo apertis verbis, non ha la capacità ma neppure l’autorevolezza per suggerire e guidare un cambio di passo.
Un popolo esasperato e affamato può discutere con una classe dirigente seria e presentabile, mentre con degli incapaci irresponsabili può soltanto abbandonarsi all’estremismo di piazza, alla demagogia pericolosissima (e illusiva) della democrazia diretta.
Ieri ho sentito dire a una bella ragazza dai capelli rossi, nella trasmissione di La 7 Piazza Pulita, che è ora di restituire il potere al popolo, che il popolo si governerà da solo e farà tutto da solo visto che questa classe dirigente, politica ed economica, non è in grado di offrire soluzioni (né un decoro che invogli a un minimo di rispettabilità).
Con tutta l’adesione e l’empatia che provo con chi si indigna per la condizione del nostro paese, scorgo però una deriva non tanto pericolosa quanto sterile. Non esiste, infatti, il popolo, non incontriamo per strada un signore di nome «popolo», figuriamoci se esso può governare qualcosa o addirittura un intero paese. Esistono bensì gli individui, le persone, che solo e soltanto in presenza di istituzioni partecipative e democratiche possono costituirsi come una collettività che opera per il bene di ciascuno e di tutti. E’ bene non dimenticarla questa fondamentale conquista della nostra modernità!
Siamo a un passaggio fondamentale del nostro Occidente: è ora di dire che il sistema capitalistico sta entrando in una crisi forse insuperabile questa volta (perché non ci sono più colonie da conquistare e sfruttare, né guerre da intraprendere senza mettere a rischio il pianeta), che occorre pensare a un nuovo sistema economico e sociale, a una nuova cultura del vivere insieme e del produrre ricchezza per tutti. E’ ora di ridistribuire la ricchezza che in questi decenni si è sciaguratamente concentrata in pochissime mani, è ora di affermare con forza il criterio della meritocrazia (non ci sono più posti? Bene, intanto cominciamo a rimettere in discussione i posti consolidati, cacciamo via chi fa poco o nulla pensando che il suo posto di lavoro sia intoccabile!), è ora di tornare a investire sulla cultura e sulla ricerca, motori unici e irrinunciabili di qualunque società che voglia progredire nel difficile consorzio umano. E’ ora di ridisegnare anche il sistema dei valori, perché forse non possono essere più il profitto, il potere, la sopraffazione del più debole, la servitù volontaria verso il potente di turno a regolare il comportamento dell’essere umano. E’ ora di ricostruire dei cittadini ragionevolmente colti e impegnati nel sociale, capaci non di quella sterile forma di impegno che è l’interazione in Rete, bensì di quell’agire politico consapevole che deriva anzitutto dalla conoscenza, dal pensiero autonomo e critico e dalla voglia di migliorare il proprio micro e macro cosmo.
Trent’anni di sguaiata televisione commerciale e di un abbrutimento culturale e valoriale hanno finito col produrre individui mediamente gretti, disinteressati al bene comune e ferocemente rinchiusi nel proprio egoistico particolare.
Ecco perché a gestire questo passaggio epocale, a ricostruire un intero Paese, non può essere questa classe dirigente così sputtanata e incapace ma neppure quell’entità indistinta e indecifrabile che è il «popolo».
Quella ragazza dai capelli rossi sbagliava pur avendo migliaia di ragioni, e sbaglierebbe chiunque pensasse che esista veramente un regime in cui il popolo sovrano governa direttamente l’economia e la politica del paese in cui vive.
Ben venga invece l’indignazione del popolo, la sua voglia di scendere in piazza e manifestare pacificamente tutta la sua rabbia contro una classe politica ed economica inadeguata. E che non venisse in mente a nessuno di scatenare contro queste persone le forze di polizia, spingendole verso atti ignobili come a Genova nel 2001, salvo poi promuovere vergognosamente quei dirigenti condannati da un tribunale per aver prodotto prove false a malmenato giovani indifesi.
Ben vengano gli indignados, ben venga la fine di un’epoca, chiamata postmodernismo, in cui si pensava che non esistessero fatti ma solo interpretazioni (Nietzsche), in cui si invitava al pensiero debole (e all’azione ancora più debole), in cui persino in architettura e urbanistica l’ambiente circostante diventava più importante degli individui in carne ed ossa (alle brutture politiche si sono accompagnate quelle architettoniche, in questi anni sciagurati).
Ben venga la nuova voglia di darsi da fare per il proprio paese, di mandare via a calci nel sedere questa cricca di impresentabili, facendo presente alla presunta opposizione che anche lì c’è poco da ridere, perché anche lì risiede una buona parte di responsabilità per lo sfacelo in cui siamo piombati.
E’ un momento difficile e delicatissimo, quello in cui si impone l’azzeramento di tutto, la distruzione necessaria del marcio che non funziona più e che rischia di incancrenire l’organismo. E’ il momento in cui le persone sagge e responsabili (ce ne sono?), nella classe dirigente come fra il popolo e i manifestanti, devono evitare di lasciarsi andare alla difesa irrazionale della propria poltrona o alla violenza disperata di chi non ne può più. Facile a dirsi, meno facile a farsi. Ma sia chiaro, fin da adesso e prima che si arrivi al fatto brutto: fra i due, chi porta e porterà la responsabilità più grande è la classe dirigente, quella di coloro che godono di privilegi e ricchezze scandalose in questa epoca di penuria (scandalose sempre, ma oggi ancora di più!). Pretendere la saggezza dal «popolo», per di più un popolo comprensibilmente angosciato ed esasperato, è cosa ardua e pericolosa.
E forse, ormai è il caso di dirlo anche se sottovoce, non è nemmeno più giusto. Perché qualcuno ha superato da quel dì i limiti della decenza e della tollerabilità. Dovranno andare a casa tutti, da Berlusconi a Minzolini passando per tutte le figure che hanno contribuito a distruggere questo sciagurato paese. Ma senza illudersi, per favore, che per vent’anni quello stesso popolo che oggi si indigna li ha votati e acclamati. Bisognerebbe capire il perché e come fare perché ciò non accada più, mentre ci si indigna.
{ Pubblicato il: 14.10.2011 }