elisa ferrero
Nessun commentoIl Consiglio Militare sta affannosamente tentando di correre ai ripari, dopo il massacro di copti al Maspero, domenica 9 ottobre. Non pare però che la loro strategia riscuota grande successo. Ieri, per cominciare, i vertici delle forze armate hanno ricevuto una delegazione della chiesa copta per ridiscutere la famosa legge unificata sui luoghi di culto. I militari sembrano finalmente disposti ad accettare le proposte dei copti, ma si sa che è alla prova concreta dei fatti che si deve giudicare. Promesse ne sono già state fatte tante.
Giorni fa vi era anche stata una riunione del Bayt al-Aila (La Casa della Famiglia), un consiglio che riunisce i massimi esponenti religiosi cristiani e musulmani in Egitto. L'argomento principale dell'incontro, oltre ai fatti del Maspero, è stato appunto la prevista nuova legge unificata. Si sperava di pervenire a un accordo congiunto, ma le leadership religiose sono molto più inefficaci quando si tratta di dialogare, come è stato provato più volte. L'unico punto sul quale si è giunti al consenso è ridicolo: è necessario redigere una legge unificata sui luoghi di culto. Davvero un grande risultato. Sembra che la causa del mancato accordo sia stata l'opposizione di Ahmed al-Tayyeb, lo sheykh di al-Azhar, il quale ha contestato possibili restrizioni sulla "densità numerica" delle moschee, perché - ha affermato - i fedeli musulmani pregano cinque volte al giorno, mentre quelli cristiani no.
Sempre sulla via del recupero della fiducia dei cittadini, il Consiglio Militare ha tentato, ancora una volta, la via mediatica, ma con risultati deludenti. Due generali dell'esercito, ieri sera, sono stati intervistati da due noti giornalisti: Mona el-Shazly e Ibrahim Essa (l'attuale direttore del nuovo quotidiano al-Tahrir, nato dopo la rivoluzione). I portavoce militari, durante la trasmissione, hanno tentato di modificare la prima versione fornita dalle forze armate sui fatti del Maspero, nella quale avevano sostenuto che fossero stati i copti a sparare sui soldati. Ieri sera, invece, la tesi è cambiata: sia i militari sia i copti sarebbero stati vittime, secondo loro, del fuoco di "mani nascoste" ed "elementi infiltrati". Naturalmente nulla di più è stato rivelato su queste presunte e onnipresenti "mani nascoste". Ma il colmo è stato quando i due generali, che leggevano da un foglio, hanno dichiarato che i soldati non potevano aver sparato sulla folla, perché erano dotati di munizioni finte. Beh, davvero un esercito con i fiocchi! Questa affermazione appare abbastanza sconsiderata. Se fosse vera, chi darebbe più credito a un esercito armato con armi giocattolo?
In conclusione, l'intervista sembra soltanto aver scavato un solco più grande tra l'esercito e la fiducia dei cittadini. E questo nonostante i due giornalisti siano stati piuttosto teneri con le domande, senza mai osare mettere in imbarazzo i generali.
Sul fronte scioperi, invece, si è fatto qualche piccolo passo avanti. Gli operai Telecom hanno ottenuto una prima vittoria: la riduzione dello stipendio dei loro top managers, con l'imposizione di un tetto massimo. Ricordo che gli operai Telecom protestano contro la corruzione dei dirigenti dell'azienda. La concessione fatta loro, forse, non sarà abbastanza per far cessare lo sciopero, ma è un inizio. Gli operai tessili, al contrario, hanno disdetto le loro proteste, proprio alla vigilia dello sciopero generale previsto per oggi. Il governo, infatti, ha aumentato i sussidi-pasto per 62.000 operai.
Sul piede di guerra ora sembrano essere gli avvocati, che hanno persino chiuso alcuni tribunali per protesta. Sono furiosi per la proposta di legge, avanzata dal Club dei Giudici, sull'indipendenza della magistratura, la quale prevederebbe la riduzione drastica della loro immunità. I giudici invece sarebbero maggiormente protetti, con la possibilità di punire gli avvocati che li insultano in tribunale o che creano disordini. Questo sarà sicuramente un argomento da approfondire meglio in futuro.
Di nuovo fissate, intanto, le elezioni sindacali dei giornalisti che erano state cancellate da un verdetto della corte. L'appello dei giornalisti è stato accolto e ora le elezioni sono programmate per il 26 ottobre, con ballottaggio il 9 novembre. Anche queste elezioni saranno da seguire attentamente.
Libia e Tunisia riaccendono la speranza egiziana (news n. 196)
L'attenzione dell'Egitto, da ieri, è quasi interamente rivolta alla Libia, ma anche alla Tunisia, perché i tunisini residenti all'estero hanno cominciato a votare per le elezioni dell'Assemblea Costituente. Per quanto riguarda la LIbia, nonostante le immagini raccapriccianti della cattura e dell'uccisione di Gheddafi, gli egiziani hanno gioito per la fine del dittatore. "Uno in meno, Asad e Saleh sono avvertiti" - questo era il sentimento più diffuso ieri. Molti, tuttavia, hanno anche espresso forte preoccupazione per il ruolo futuro della NATO nella regione, per nulla felici di questo "vicino" scomodo. Altri invece - una minoranza però - avrebbero preferito un processo per Gheddafi. La gioia e la speranza, comunque, alla fine hanno preso il sopravvento. Il punto è che qualunque progresso abbia luogo nelle rivolte arabe, in qualunque paese, questo ha ripercussioni positive su tutti gli altri, se non altro a livello emotivo. Ogni paese arabo è diverso dagli altri, certo. Tuttavia l'interconnessione è forte, specialmente ora. La riuscita democratica di Tunisia ed Egitto è determinante per tutto il mondo arabo, ma la riuscita di altri paesi nella regione è ugualmente determinante per Tunisia ed Egitto.
E a proposito di Tunisia, dicevamo, ieri sono iniziate le elezioni per l'Assemblea Costituente, con le votazioni dei tunisini all'estero. Gli egiziani sono pienamente partecipi, empaticamente e fisicamente. Il nostro amico giudice Hossam Mikawi, ad esempio, è partito per la Tunisia con la delegazione di Jimmy Carter per svolgere il ruolo di osservatore e imparare dall'esperienza tunisina. In effetti, molti egiziani guardano con un po' di invidia alla Tunisia, che è riuscita a imporre una tabella di marcia democratica per molti versi più logica di quella egiziana: prima la nuova Costituzione, poi le elezioni del Parlamento. Inoltre, la Tunisia ha ottenuto altri due importanti risultati che l'Egitto, per ora, ha mancato: il voto dei residenti all'estero e la presenza di osservatori internazionali alle elezioni. Ma in realtà non è invidia quella che provano gli egiziani nei confronti dei tunisini. E' grande solidarietà e partecipazione. Come ho già detto, qualunque cosa buona avvenga in un paese arabo, oggi ha forti ripercussioni anche sugli altri.
In Egitto, intanto, continua la lotta contro il vecchio regime. Continuano politiche dure a morire, come la censura ad esempio. Ieri sera è stata impedita la messa in onda di un programma che avrebbe dovuto ospitare lo scrittore Alaa al-Aswani, per discutere dell'intervista rilasciata da due generali sul massacro dei copti (della quale ho parlato nella precedente newsletter). Il programma è stato cancellato per il veto - pare - posto dal Consiglio Militare. E a proposito di politiche del vecchio regime, giorni fa è tornato a casa il medico, uno dei leader dello sciopero degli ospedalieri, che era misteriosamente scomparso. Era stato rapito da "autorità sconosciute" che lo hanno interrogato per giorni e poi lasciato andare, per fortuna senza torture (almeno pare, perché il medico non ha rilasciato molte dichiarazioni). E' inquietante che questo tipo di rapimenti continuino ad avvenire anche dopo la rivoluzione. E non si sa nemmeno chi siano gli autori. La "nuova" Sicurezza di Stato?
Spunta, invece, una nuova inchiesta svizzera sulla famiglia Mubarak (della quale si parla di meno, ultimamente). L'indagine riguarda soprattutto Gamal, che sarebbe coinvolto nel riciclaggio di denaro sporco. Inoltre, risulterebbe che l'ex rampollo Mubarak possieda numerose quote in varie imprese statunitensi ed europee. E parlando di corruzione, gli operai Telecom - come c'era da aspettarsi - non si sono accontentati dell'imposizione del tetto massimo allo stipendio dei loro manager. Insistono infatti per le loro dimissioni, oltre che sulla scarcerazione dei loro colleghi, arrestati per aver sequestrato l'amministratore delegato. Ventun operai sono in sciopero della fame, un'arma di protesta che sembra essere tornata prepotentemente di moda.
Ma chissà cosa succederà agli scioperi all'avvicinarsi delle elezioni, visto che il governo ha dato ampi poteri al Ministero degli Interni per assicurare lo svolgimento pacifico delle votazioni, chiedendo anche esplicitamente l'applicazione della legge anti-sciopero. Intanto, domani è prevista la marcia degli avvocati, sempre in guerra contro i giudici. Non c'è nulla che resti immobile in Egitto di questi tempi.
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{ Pubblicato il: 21.10.2011 }