federico orlando
Nessun commentoCara Europa, con le dimissioni di Silvio Berlusconi (13 novembre, ore 21,43) si sono chiusi per l’Italia gli anni di fango (...). Un merito, però, noi liberali a Berlusconi lo dobbiamo riconoscere: è stato la cartina di tornasole per far emergere quanto fosse illiberale il liberalismo conclamato dal suo governo. Quelli che noi abbiamo sempre definito “liberaloidi” hanno mostrato di essere del tutto estranei a ogni cultura liberale europea e americana. Reduci di un moderatismo opportunista e senza valori, infatuati di un liberismo anarchico e asociale, hanno fatto finta di credere che un disinvolto monopolista – che chiunque poteva riconoscere come tale – fosse nientemeno che il messia di una rivoluzione liberale o di un partito liberale di massa. E così gli hanno offerto fino all’ultimo coperture ideologiche e ministri; hanno demonizzato gli avversari; hanno sostenuto senza arrossire la leggenda di un mitico programma liberale berlusconiano, che il destino cinico e baro, e forse il comunismo internazionale, per due decenni gli hanno impedito di realizzare. Son queste colpe storiche che affossano e delegittimano il “liberaloidismo”, per sempre.
ENZO MARZO, DIRETTORE DI CRITICA LIBERALE
Caro Enzo, ti chiedo scusa se della tua lunga lettera riesco a trovar spazio solo per l’ultimo capoverso, sintesi di tutto quanto lo precede. E mi unisco a te, in questo momento di pausa riflessiva ed operativa che il governo Monti ci offre in attesa di un ritorno alla pienezza della politica per bene, nel rivolgere un pensiero a Paolo Sylos Labini, che fu liberale «autentico e appassionato», come tu scrivi, e, io aggiungo, socialista critico, il primo che da sinistra dimostrò che la classe lavoratrice, come fin lì intesa, era diventata minoranza nel paese; e che era invece cresciuto a dismisura un ceto medio produttivo ma senza ideali politici, salvo il rifugio (prima democristiano, poi berlusconiano) nell’anticomunismo.
Sicché vedendo in televisione le immagini della mostra sulla storia della Dc, con la folta rappresentanza anziana di quello che Bagnasco vorrebbe come il nuovo partito o superpartito cattolico, mi chiedevo quanti fra loro, escluso il compatto manipolo dell’antica sinistra dc, che condivide la guida del Pd, siano stati in questi decenni coi “cattolici adulti” e quanti coi fautori della continuità del potere.
Identico rifugio e risucchio nel berlusconismo hanno subito le forze socialiste e laico-liberali, salvo le minoranze che hanno perseverato nel centrosinistra, ma da posizioni marginali e spesso nemmeno riconosciute. In realtà, noi siamo estranei a quanti delle vecchie sinistre non hanno maturato la scelta laica-liberale-socialista delle analoghe culture europee.
È mancato al centrosinistra italiano la capacità di trasformare in valori politici maggioritari quelli che sono originariamente nostri: laicità, autonomia delle istituzioni, uguaglianza di tutti i credi di fronte alla legge, distinzione fra norma e fede, democrazia parlamentare, economia sociale di mercato, intreccio di meritocrazia e welfare.
Alcune di queste cose, specie le ultime due, credo faranno passi avanti col governo Monti; e spero che questo “governo del presidente” diventi con l’azione condivisa governo del parlamento. Sarei, in questo, meno pessimista di Ainis, che ieri riconosceva come medicina necessaria il digiuno imposto dal Quirinale al parlamento, ma teme che un governo del 95 per cento del parlamento possa perdere per strada sostegni, e quindi coesione, visto il potere di veto che ogni partito conserva.
È un pericolo serio. Perché, scriveva il 9 novembre il Die Zeit di Amburgo, durerà a lungo l’effetto tossico del berlusconismo, consistente «nell’abbandono anche degli ultimi resti del senso civico, nella negazione delle irregolarità più palesi, e soprattutto nell’incultura della menzogna».
Dovremo dunque in questi mesi per un verso dare il massimo sostegno ai provvedimenti di risanamento e di sviluppo, anche quando ci colpiranno; per l’altro seminare nei partiti della possibile futura maggioranza e del suo governo “politico” i valori liberaldemocratici e socialisti, che troppo a lungo sono stati stuprati e che le recenti esigenze di salute pubblica non hanno consentito di riproporre come urgenti a un paese infetto di antipolitica.
[europa 18-11-11]
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{ Pubblicato il: 18.11.2011 }