federico orlando
Nessun commentoÈ bastato che un ministro di altissimo livello intellettuale e morale,  Andrea Riccardi, omettesse l’aggettivo “esclusivo” nel giuramento al  Quirinale (che lo impegna ad osservare lealmente la Costituzione e ad  esercitare le sue le funzioni nell’interesse esclusivo della nazione),  per riaccendere la querelle Stato-Chiesa in Italia, che dura, al calor  bianco o sotto la cenere, da più di 150 anni.
 A rianimare le fiamme era stato il convegno di Todi, da molti  interpretato come un programma di impropria “riconquista cattolica”  dello Stato, oltre che (com’è legittimo) della società. Ad esso s’era  aggiunto, la settimana scorsa, il convegno a Roma di Scienza e vita sui  problemi etici.
 Qui la relazione del cardinale Bagnasco su umanesimo, relativismo e  annessi “valori non negoziabili” era parso un’istruzione per l’uso agli  ascoltatori, Casini, Bersani, Alfano e altri capipartito, cui compete  tenere in piedi questo governo nato con un solo obbiettivo: impedire che  l’Italia fallisca.
 In verità, sono stati per primi gli amici Bonino e Pannella a non fare  un casus belli di quella omissione, che in altri tempi, quando la  funzione pubblica veniva vissuta con gelosia quasi morbosa, Amintore  Fanfani avrebbe giudicato «improvvida» (una parola della moglie Bianca  Rosa alla direttrice del Borghese Gianna Preda), con conseguenti  dimissioni da presidente del consiglio e da segretario della Dc.
 Al momento, dobbiamo essere grati a Mario Sechi e al Tempo, che ieri ha  gettato acqua sul fuoco delle sensibilità più morbose, lasciando che  intellettuali cattolici come Vittorio Messori e laici a 18 carati come  Gustavo Raffi, gran maestro della massoneria, spiegassero che non ci  sono trame o congiure in questo momento in Italia (semmai menzogne di  chi ubriaca l’opinione pubblica, come quella che basti dimezzare il  numero dei parlamentari per sanare i conti di un fallimento).
 Certo, dichiarazioni improvvide di ministri, che hanno provocato la  prima reprimenda di Monti, non sono mancate: come quella dell’ottimo  rettore della “Cattolica” Ornaghi, capofila della pattuglia di Todi nel  governo (con Riccardi, Balduzzi e forse Dell’Aringa), secondo cui il  presidente del consiglio «ha scelto in un’area di competenz» e «il  significato dell’operazione mi pare evidente». Quale significato? Quale  operazione?
 Spiegò a Todi il nuovo ministro della cultura (non so se anche lui  iscritto dalle gerarchie fra i “cavalieri del Vaticano nel governo”) che  dopo le ampie (e ingiustificate, ndr) aperture di credito al  berlusconismo, di fronte all’immobilità e agli scandali era venuto il  momento di chiuderle, di ritirare la delega e affidare i valori della  religione in politica a rappresentanti sicuri.
 Insomma, provocare la “scomposizione e ricomposizione” del sistema  partitico italiano. Cosa che ricorda molto da vicino gli anni tra il  1942 e il 1944 quando sia in Vaticano che nell’opinione laica si preparò  la successione al fascismo: puntando a resuscitare con nuova cultura il  Ppi come partito unico dei cattolici e il blocco Pci-Psi come suo  contraltare frontista (la cultura dei fronti popolari aveva imperversato  soprattutto in Francia fino alla disfatta militare). Allora nacque una  sola Democrazia cristiana, che i più saggi fra i suoi uomini definivano  partito “di” e non “dei” cattolici. Oggi qualcuno potrebbe desiderare  che dalla ricomposizione degli schieramenti nascano due partiti  democristiani, quello conservatore e quello riformista, che ricalchino,  in chiave cattolica, la comune cultura delle società liberali al tempo  dei Whig e dei Tory.
 Nel qual caso, alzi la mano chi sosterrebbe ancora che «Lo Stato e la  Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e  sovrani». Bene ha fatto – mi sembra – Pierluigi Bersani a mettere le  mani avanti: «La tecnica – cito da un bel reportage dal convegno romano  di Goffredo De Marchis su Repubblica – non è contro l’umanità. Il  relativismo non è nichilismo. Offendete i non credenti se pensate che a  noi non appartiene un umanesimo forte». Stessi concetti, se non  identiche parole, che qualche settimana fa il segretario del Pd aveva  espresso nell’elevato e poco conosciuto confronto con monsignor  Fisichella.
 Che il nostro umanesimo laico sia forte, è un’affermazione lungamente  attesa da chi s’è maturato nella crociana religione della libertà, o  nell’umanesimo marxiano o in quello del cattolicesimo laico (o «adulto»,  come dice Prodi). E siamo anche convinti che per tenere il governo al  riparo da dilacerazioni irresponsabili, non si tratti di invocare una  «tregua etica », come ben scrive Stefano Rodotà, su temi fuori agenda,  quali testamento biologico, unioni di fatto, maternità assistita, ecc.,  sui quali il “non negoziabile” è reciproco.
 Il governo Monti nasce come il governo Badoglio per tirare l’Italia  fuori dalla guerra nazifascista e creare – coi successori Bonomi, Parri e  il primo De Gasperi – i presupposti per arrivare al nuovo Stato,  all’odierna Costituzione. Più ne saremo tutti convinti, meglio sarà per  tutti.
 [Europa 22-11-11] 
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{ Pubblicato il: 22.11.2011 }

 
					     

 
						














 «Passans, cette terre est libre» - Abbiamo scelto come logo la fotografia d'un autentico "Albero della Libertà" ancora vivente. È un olmo che fu piantato nel 1799 dai rivoluzionari della Repubblica Partenopea, Luigi Rossi e Gregorio Mattei, a Montepaone Superiore, paese dello Jonio catanzarese. La scritta 'passans ecc.' era qualche volta posta sotto gli "Alberi della Libertà" in Francia.
                «Passans, cette terre est libre» - Abbiamo scelto come logo la fotografia d'un autentico "Albero della Libertà" ancora vivente. È un olmo che fu piantato nel 1799 dai rivoluzionari della Repubblica Partenopea, Luigi Rossi e Gregorio Mattei, a Montepaone Superiore, paese dello Jonio catanzarese. La scritta 'passans ecc.' era qualche volta posta sotto gli "Alberi della Libertà" in Francia. 
                
              
 
            
