andrea cabassi
Nessun commentocommento alla nota di Pierfranco Pellizzetti sul libro di Paolo Ercolani, L'ultimo Dio
Economia/tecnica/religione: bisogna partire da lì. Mi sembra che la connessione tra le tre cose regga l'impianto di tutto il testo e che tale connessione sia molto originale, azzeccata e colga molto bene i problemi del nostro tempo. Mentre leggevo le ultime pagine pensavo a come è difficile essere laici, a come a difficile assumersi la propria responsabilità individuale nella vita e rifiutare qualsiasi tipo di trascendeza, anche quella travestita dei partiti totalitari che ricalacavano una struttura logica religiosa. E' verissimo quello che tu scrivi: siamo sempre alla ricerca di un Dio che dia un senso alle nostre cose, un Dio che, prima, inventiamo e proiettiamo, poi, introiettiamo. Dietro a tutto questo c'è l'enorme discorso della morte. Mi è venuto in mente quello che Platone fa dire a Socrate in uno dei suoi dialoghi, non ricordo quale, che la nostra vita, la qualità della nostra vita sarà migliore se sapremo prepararci a morire perchè la vita è questo: una preparazione alla morte. Tuutavia mi domando se questa laicità non sia troppo difficile da sostenere per tanta gente. A proposito di ciò ricordo una bellissima lettera che Ernesto Rossi scrisse alla moglie quando era in ospedale per uno dei due interventi chirurgici che, poi. lo avrebbero condotto alla morte. Lui contnuava a dirsi anticlericale ed ateo, però comprendeva coloro che, per per accettare una vita meno dura. credevano alla trascendenza, agli dei, alle fate, alle streghe. E' una lettera mlto commovente che si trova sia in "Elogio della galera", sia nell'epistolario curato da Mimmo Franzinelli. In fondo anche Leopardi , quando teorizza la dottrina delle illusioni, non è molto lontano da questo modo di pensare. Eppure, io credo che dovremmo trovare la forza di assumere su noi stessi l'intero peso dell'esistere che è, forse, l'unico modo per avere una vita autentica e piena. Economia/tecnica/religione: la Rete. Sono convinto anch'io che la Rete sia stata divinizzata e che , troppo spesso, l'approccio sia stato acritico. Però io penso anche questo: dalla Rete sono nati dei movimenti, come il popolo viola, con il quale si può essere in accordo o no, ma che è una realtà con la quale si devono fare i conti, dalla Rete sono nate e si sono organizzate manifestazioni contro Berlusconi successivamente incarnatesi nella Piazza. E' successo anche con Parma dove abbiamo avuto uno scandalo che ha portato il sindaco alle dimissioni e dove si è scoperto che i livelli di corruzione della giunta di centrodestra erano impressionanti. Se è vero che tutto è iniziato dalla magistratura è altrettanto vero che gruppi in rete si sono organizzati e che poi sono scesi, non più virtualmente, nelle strade di Parma a protestatre. Certo si è trattato di élites, élites che accedono ad Internet e a Fb, ma che sono riuscite a coinvolgere gran parte dei cittadini. E questo del rapporto tra élites e cittadini è un poblema crucuale. Tuttavia è vero che la Rete è falsamente democratica perchè intere fascie di popolazione non possono accedervi o non sono in grado di farlo, perchè non vi è nessuna educazione al suo uso, è vero che esiste una divisione del mondo per cui intere zone geografiche non possono accedervi. Che la Rete non sia democratica lo hanno provato le piccole aziende del nord- est che si erano messe in rete, spesso gestite da ex operai forzosamente fuoriusciti dalle fabbriche, che producevano in "modo informazionale" e che avevano come bacino elettorale la Lega Nord. Le riflessioni di Aldo Bonomi e il libro di Marco Revelli "Poveri, noi" sono indicativi al proposito.Molte di queste aziende sono fallite perchè non hanno retto la concorrenza con quelle grandi o ne sono diventate un'appendice. Si è, così, aperto un conflitto che non era più fra operaio e padrone, fra capitale e lavoro, ma trasvesale e fuori dalla fabbrica, come è tipico delle società post/fordiste. Condivido in toto l'analisi del liberismo e mi domando come sia stato possibile dare premi Nobel per l'economia a certa gente visto che tutte le loro teorie, diciamo così scientifiche, sono state smentite, clamorosamente smentite. Ricordo,se la memoria non mi inganna, che lo stsso Pierfrancesco Pellizzetti nel suo libro "Liberista sarà lei" ventilava l'ipotesi che fondazioni legate a gruppi finanziari ad ideologia liberista avessero esercitato una pesante pressione lobbistica sui membri della commissione che presiedeva alla scelta dei Nobel per l'economia. Altro che Nobel! Questa è gente che meriterebbe di comparire davanti al tribunale dell'Aja! E questa mia affermazione, che potrebbe sembrare un po' troppo forte, non la è se penso all'analisi che hai fatto del golpe in Cile dove tutti costoro hanno avuto un ruolo fondamentale. Come, del resto, nelle guerre irachene. Concludo con un altro tema di grande interesse: il discorso sulla temporalità. Con l'avvento di Internet viviamo un eterno presente, una vita non "prospettica", una vita povera di esperienza perchè non ha lo spessore del tempo ed è orientata al virtuale. Sono d'accordo con te. L'importante è che non cadiamo nell'errore di dare alla Storia una funzione inevitabilmente progressiva come declinato in un certo tipo di storicismo. Esistono un passato e un futuro, ci sono concatenazioni di eventi, ma noi non sappiamo dove va la Storia e, forse, il suo percorso è a zig zag, un continuo andirivieni. Conoscere il passato non significa sapere come andrà il futuro. Diciamo che esistono processi stocastici e non deterministici. Walter Benjamin e lo stesso Nietzsche ne erano consapevoli.
{ Pubblicato il: 09.03.2012 }