La drammatica situazione giapponese con l’angoscia che ne viene a tutti noi per i rischi incombenti su un futuro che nessuno può prevedere, mi spingono ad allegarvi uno stralcio di una testimonianza del 1986 su Chernobyl.
Ho sempre pensato che la quantità e la qualità dell’energia fossero determinanti per la qualità della vita: ho sempre fatto parte per quanto mi sono impegnata della Sezione Energia all’interno delle Istituzioni Europee.
Il 30 aprile 1986 ero al Centro Comune di Ricerca di Ispra e quanto vi allego è la descrizione dell’avvenuto.
Desidero dedicarla a 3 eroi sconosciuti ai più: i 2 ingegneri e un tecnico che per impedire che l’incidente di Chernobyl si trasformasse in un apocalisse nucleare, si calarono nella cavità sotterranea riempita d’acqua, per svuotarla e impedire che l’uranio e la grafite contenute nel nucleo del reattore in fiamme vi cadessero dentro, causando con l’idrogeno un’esplosione infinitamente più grave.
Con quanto è successo, gli esperti allora previdero un aumento dei casi di tumore (soprattutto alla tiroide) fino a 100.000 in Russia e qualche migliaio in Europa Occidentale. Il che a distanza di qualche anno si è puntualmente verificato.
L’incidente della centrale nucleare sovietica è tuttora punto di riferimenti: aCh e dCh significano per gli esperti prima e dopo Chernobyl, che viene considerato rischio 7, mentre i giapponesi calcolano per ora quello di Fukushima fra il 5 e il 6.
Le misure di sicurezza previste dai grandi fisici che avevano studiato l’atomo fino alla realizzazione della bomba atomica avevano previsto le norme di sicurezza per le centrali nucleari, ma non sono mai state applicate perché troppo costose.
Sono una seguace delle energie alternative e non ho mai cambiato idea.

{ Pubblicato il: 16.03.2011 }