Fondazione Critica Liberale   'Passans, cette terre est libre' - Abbiamo scelto come logo la fotografia d'un autentico 'Albero della Libertà ancora vivente. È un olmo che fu piantato nel 1799 dai rivoluzionari della Repubblica Partenopea, Luigi Rossi e Gregorio Mattei, a Montepaone Superiore, paese dello Jonio catanzarese. La scritta &lequo;passans ecc.» era qualche volta posta sotto gli 'Alberi della Libertà' in Francia.
 
Direttore: Enzo Marzo

Dal 1969 la voce del pensiero laico e liberale italiano e della tradizione politica che difende e afferma le libertà, l'equità, i diritti, il conflitto.

"Critica liberale" segue il filo rosso che tiene assieme protagonisti come Giovanni Amendola e Benedetto Croce, Gobetti e i fratelli Rosselli, Salvemini ed Ernesto Rossi, Einaudi e il "Mondo" di Pannunzio, gli "azionisti" e Bobbio.

volume XXIV, n.232 estate 2017

territorio senza governo - l'agenda urbana che non c'è

INDICE

taccuino
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67. paolo bagnoli, la nostra preoccupazione
68. coordinamento democrazia costituzionale, appello alla mobilitazione per una legge elettorale conforme alla Costituzione
106. comitati unitari per il NO al “rosatellum”, l’imbroglio degli imbrogli
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territorio senza governo
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69. giovanni vetritto, l’italia del “non governo” locale
73. pierfranco pellizzetti, alla ricerca del civismo perduto
79. antonio calafati, le periferie delle metropoli italiane
84. paolo pileri, molta retorica, pochi fatti
86. giovanni vetritto, post-marxisti inutili
88. valerio pocar, primo comandamento: cementificare
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astrolabio
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89. riccardo mastrorillo, finanziare sì, ma come?
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GLI STATI UNITI D'EUROPA
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93. sarah lenderes-valenti, la risorsa più grande
94. luigi somma, le democrazie invisibili
97. claudio maretto, la discontinuità paga
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castigat ridendo mores
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100. elio rindone, basta con l’onestà!
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l'osservatore laico
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103. carla corsetti, il principio di laicità
107. gaetano salvemini, abolire il concordato
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terrorismo e religione
109. pierfranco pellizzetti, jihad combattuta alla john wayne
114. alessandro cavalli,quattro cerchi
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lo spaccio delle idee
117. gianmarco pondrano altavilla, cari liberisti, chi conosce un buon medium?
118. luca tedesco, savoia o borbone? lo storico è un apolide
119. gaetano pecora, ernesto rossi, “pazzo malinconico”
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78.92.102. spilli de la lepre marzolina
116. la lepre marzolina, di maio ’o statista
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Critica liberale può essere acquistata anche on line attraverso il sito delle Edizioni Dedalo con transazione crittografata e protetta.
.A ROMA IL FASCICOLO PUO' ESSERE ACQUISTATO ANCHE PRESSO L'EDICOLA DEI GIORNALI IN PIAZZA DEL PARLAMENTO.
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Il numero di “Critica liberale” può essere acquistato nelle seguenti librerie:
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PUCCINI, c.so buenos aires, 42
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TRENTO
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FELTRINELLI, strada farini, 17
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FELTRINELLI, via diaz, 4-6-8
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TERNI
ALTEROCCA, corso cornelio tacito, 29
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EDICOLA GIORNALI, piazza del parlamento
FELTRINELLI, largo torre argentina, 5
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comitato di presidenza onoraria
Mauro Barberis, Piero Bellini, Daniele Garrone, Sergio Lariccia, Pietro Rescigno, Gennaro Sasso, Carlo Augusto Viano, Gustavo Zagrebelsky.

* Hanno fatto parte del Comitato di Presidenza Onoraria: Norberto Bobbio (Presidente), Vittorio Foa, Alessandro Galante Garrone, Giancarlo Lunati, Italo Mereu, Federico Orlando, Claudio Pavone, Alessandro Pizzorusso, Stefano Rodotà, Paolo Sylos Labini. Ne ha fatto parte anche Alessandro Roncaglia, dal 9/2014 al 12/2016.
 
05.02.2018

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lo strano governo

enzo marzo

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ANTICIPIAMO QUI UN ALTRO DEGLI EDITORIALI DEL NUOVO NUMERO DI "CRITICA LIBERALE" USCITO IN QUESTI GIORNI

 

«Camusso a parte, destra e sinistra sono uguali. Potrei iscrivermi anche io al Pd. Se c’è Renzi, potrei starci anche io, perché no? »
Vittorio Feltri, editorialista del “Giornale” di Berlusconi
Molti si accalcano nella piccola diatriba “Monti sì – Monti no”, ovvero sull’ultimo tratto di un percorso complesso che viene da lontano. Dimenticano, e vogliono far dimenticare, che l’Italia è ancora immersa in una catastrofe politica che è pari, se non superiore, alla catastrofe economica. Se riusciremo a uscire dalla crisi, e non è affatto detto, si dovranno fare i conti con l’eredità del berlusconismo, che tuttora pervade il paese e il sistema politico. A un centimetro dal baratro, la soluzione Monti è stata salutata giustamente dal paese tutto come una sorta di miracolo: con Monti-Deus ex machina si è aperta una fase nuova in cui l’Italia potrà riscattare la sua dignità perduta. “Critica liberale” è stata tra gli antemarcia della lotta al berlusconismo: allo scopo, ha ideato organizzazioni di società civile, ha criticato sempre le forze di sinistra e di estrema sinistra che, forse perché non hanno nel loro Dna valori come la libertà e la democrazia, sono state sempre
disposte a barattarle al primo inciucio. Avevamo piena coscienza che il berlusconismo non era riassumibile nell‘opera di un piccolo personaggio sfacciatamente eversivo, ma era causa ed effetto di una metastasi iniziata con la degenerazione del craxismo, con la disgregazione valoriale della sinistra, con le velleità egemoniche dell’anarco-liberismo, con la fine dei partiti politici. Sapevamo che il brodo di coltura di tutto ciò era l’immaturità democratica degli italiani, così propensi ad approfittare del potere, o straniero o marcio, per esprimere in piena libertà il proprio egoismo asociale. Non ci possiamo nascondere che negli ultimi due decenni l’Italia è stata divorata dalla corruzione e ha ampiamente regalato il suffragio a chi ostentava malversazioni, lodava la mafia e giustificava l’evasione fiscale. Quando incessantemente scrivevamo che B. era un corruttore, non ci riferivamo solo alla corruzione specifica di giudici con nome e cognome, o di
avvocati con nome e cognome, o di minorenni con nome e cognome, ma soprattutto all’esaltazione senza freni del “farsi il proprio tornaconto” di tutti al di là o contro la legge o, se se ne aveva la possibilità, anche approvandosi una legge personale con dimezzamento della prescrizione, scudi, legittimi impedimenti, condoni, indulti, eccetera.
In Italia sarà difficile restaurare lo Stato di diritto. Non saranno in grado di farlo i partiti perché marci, e purtroppo neppure Monti potrà essere questo restauratore, non perché non abbia la statura o la consapevolezza di cosa si dovrebbe fare, ma semplicemente perché il suo non è il governo della discontinuità.
* * *
Nel 2011 finalmente lo strappo. Gli analisti concordano che la causa principale si debba far risalire alla volontà degli Stati europei. È vero e non è vero nello stesso tempo. Per ragioni precise si tende
a far dimenticare che la ragione prima della rovina di Berlusconi è nei suoi eccessi e nella reazione degli italiani. Non dimentichiamo che il voto amministrativo e i successivi referendum hanno detto chiaro e tondo che il paese non ne poteva assolutamente più di un Berlusconi “eccessivo”. Alla
lunga, le amicizie con fior di dittatori sanguinari e l’ostentata riduzione di tutta l’azione governativa all’esclusiva cura della difesa personale e dei suoi interessi materiali sono diventate inammissibili e hanno messo in crisi la destra. Dobbiamo ringraziare l’intelligenza politica di Fini che quasi un anno
prima – osteggiato persino dagli “ultimi giapponesi” del “Corriere della Sera” – ha avuto l’ardire di sfasciare il Pdl, dando inizio a un’inarrestabile slavina. Ovviamente non ci nascondiamo che tutto ciò è diventato insopportabile anche ai governi di destra europei, che non potevano non individuare
nell’Italia l’anello economico più debole (con la Grecia), ma anche, dopo la primavera araba, il pericolo più consistente per il nuovo assetto geopolitico del Mediterraneo. Per mesi siamo vissuti in un stallo pericolosissimo. Il sistema politico italiano si reggeva su un paradosso: dopo l’uscita dei finiani dalla compagine governativa, la maggioranza politica berlusconiana si era dissolta. In un paese civile B. si sarebbe dovuto dimettere motu proprio. Ma
sarebbe stato troppo pretenderlo da un traffichino che ha escogitato invece il rimedio truffaldino per passare da una minoranza politica a una maggioranza numerica comprandosi i deputati necessari. È stato il momento più vergognoso di tutta la storia del Parlamento repubblicano. Ma
quanto poteva durare? In una situazione in cui diventava sempre più chiaro e prossimo il fallimento dell’Italia, l’unica via d’uscita stava nella  consapevolezza di settori delle Pdl che la salvezza del paese e soprattutto quella della personale carriera futura passavano attraverso l’abbandono di B. E questo si è puntualmente realizzato, aiutato anche dalla megalomania presuntuosa di B., che ha cercato pervicacemente la conta. Lo strappo è avvenuto l’8 novembre quando, inaspettatamente per il solo B., la maggioranza assoluta non è raggiunta alla Camera. Berlusconi è finito, e se ne rende conto. Adesso quel voto è stato quasi rimosso dalla vulgata che vuole indirizzare l’opinione pubblica. Il “la” lo dà la più berlusconiana degli ex-piccisti, Annunziata, che si affretta a descrivere le dimissioni di Berlusconi come un gesto da vero «uomo di Stato». Perché si persegue questa
rimozione? Perché ricordare il punto di svolta significa illuminare le poco accorte mosse successive del Quirinale, il quale, invece di presentare Monti come il legittimo protagonista di una discontinuità con un regime che aveva perduto la maggioranza, ha perseguito la ricerca di un sostegno
parlamentare il più ampio possibile ma anche il più annacquato e il meno discontinuo col passato. Reinserendo il Pdl, nella sua interezza e ufficialità, nel disegno politico futuro, trattando e lodando pubblicamente l’anima nera del vero regime, Gianni Letta (mossa del tutto fuori da ogni etichetta
istituzionale), si è resa superflua e quindi si è fermata quell‘emorragia di fuoriusciti che si era aperta poche ore prima e che in caso di un vero governo tecnico di salvezza nazionale sarebbe diventata inarrestabile. Solo in tal caso la rovina di B. sarebbe stata irreversibile. Sono davanti agli occhi di
tutti i danni di questa scelta troppo prudente, che soprattutto in futuro si potrà rivelare assai dannosa. Monti, che aveva l’appoggio di tutta l’opinione pubblica, di tutte le forze produttive e dell’intero pianeta, invece di potersi avvalere in piena liberà dell’art. 92 secondo comma della Costituzione che gli permetteva di scegliersi i ministri, ha dovuto mediare trattando per un governo di coalizione, e si è trovato condizionato, da una parte, da quel mostro innaturale che è il tripartito Alfano-Bersani-Casini, cominciando da quella controfigura di B. che è Alfano, e, dall’altra, da tutte le lobby più forti del paese, cominciando dalla Chiesa cattolica. Questa partita se l’è giocata con successo Gianni Letta, più rappresentante diretto del Vaticano che portavoce del Cavaliere. Il risultato è stato di immiserire la compagine. Ancora prima che uscissero i nomi dei prescelti, “Critica liberale” sul suo sito descrisse il pericolo che correva il governo Monti. Con nomi e cognomi. Ma invano. A Roma da decenni esiste un “porto delle nebbie” allargato, ovvero un intreccio perverso, cucinato in salsa vaticana, tra magistrati affaristi, generali felloni, funzionari intriganti e buoni per tutte le stagioni, imprenditori di malaffare alla Balducci, che trovò in origine Andreotti il suo referente indiscusso. Ora questa eredità è passata nelle mani di Gianni Letta. I primi danni si sono cominciati a vedere. I casi Malinconico e Patroni Griffi rispondono a quella logica e certo hanno messo del piombo nelle ali di Monti. (Il caso Martone è diverso, lui è soltanto uno dei tanti Trota della Seconda repubblica).
A questo si è aggiunta la maledizione di Palazzo Chigi che evidentemente colpisce inesorabilmente i suoi abitanti e i ministri frequentatori. La malattia si manifesta con una parlantina a ruota libera: ministri e sottosegretari non sanno privarsi di dire una scemenza al giorno su argomenti su cui il
loro parere è irrilevante e non è affatto richiesto. Così, tanto per parlare, e danneggiare il governo. Abbiamo un passato funestato dai Brunetta, Calderoli e Sacconi. Speravamo in una stagione di silenzi laboriosi. Quindi non abbiamo avuto un “governo del presidente”, altrimenti la compagine
governativa avrebbe dovuto segnare la discontinuità col passato e soprattutto avrebbe dovuto rappresentare tutte le componenti politicoculturali del paese. Non abbiamo avuto un “governo tecnico”, perché non c’è mai soluzione tecnica che non sia impregnata di politica. Abbiamo avuto un governo moderato con personaggi non compromessi da una militanza partitica e con una presenza diretta del Vaticano, che per tentare di far dimenticare il suo perenne sostegno interessato a Berlusconi non ha delegato alcun partitino cattolico ma ha messo direttamente i piedi nel piatto. Abbiamo un governo cattolico-conservatore dal punto di vista politico e “rivoluzionario” per le condizioni in cui si trova ad operare.
Nonostante tutte le analisi fin qui condotte, il governo Monti ha dei margini ampi: ancora ha dalla sua l’opinione pubblica e soprattutto l’impossibilità dei partiti di staccare la spina. Monti dovrebbe avere l’intelligenza di cercare sempre l’interlocuzione con l’opinione pubblica, che è la sua sola forza contro tutte le lobby e contro i partiti, anche quelli che fanno finta di sostenerlo. In questo siamo ottimisti. Anzi vorremmo che B. fosse così stupido da tirare la corda. Quanti dei suoi lo seguirebbero per affrontare delle elezioni probabilmente rovinose e ancora sotto l’egida del
Cavaliere? Si potrebbe riaprire quell’emorragia così frettolosamente bloccata.
Il bilancio di queste prime settimane è assai positivo. Soprattutto per il clima che si sta venendo a creare. L’Italia non avrebbe retto neppure poche settimane in attesa di nuove elezioni. Siamo riusciti a fermarci sul ciglio del baratro. Abbiamo riconquistato immediatamente credito politico presso i
partner europei. È tornata una civiltà di modi ormai dimenticata. È persino offensivo paragonare il governo Monti al governo precedente con i suoi Calderoli, Gelmini, Tremonti e mafiosetti vari.
Soprattutto è tornata “la politica”, anche se è un paradosso che sia rinata con un governo che molti ancora si ostinano a definire tecnico. La “politica” impone a tutti di ben esercitare l’arte della distinzione: non si può più colpire all’ingrosso, bisogna analizzare senza prevenzione alcuna, prestare grande attenzione a tutte le novità. Speriamo di trovarci di fronte a una ristrutturazione non più becera della Destra. Speriamo che la Sinistra butti a mare i suoi mediocrissimi leader e i suoi antidiluviani “contenuti”, si faccia qualche viaggio di apprendistato nei paesi anglosassoni per assimilare il pensiero moderno. Vorremmo anche un Monti meno condizionato (anche da se stesso e dalle sue evidenti intenzioni politiche future, come dimostrano alcune sue sortite, altrimenti superflue, come quelle sulle “radici cristiane”), e approfitteremo largamente del suo invito a vigilare e a criticare. Ogni nostra critica tiene conto però con fermezza che grazie a lui siamo già in un paese diverso.
Spingeremo per una sempre maggiore discontinuità, nonostante la triste formula tripartitica di governo, e siamo contenti che in questo “paese nuovo” sempre minore spazio avrà la “consorteria degli antiberlusconiani di professione”, che troppo spesso involontariamente hanno dato e danno una mano proprio al Nemico. Ancora oggi c’è chi vaneggia su elezioni immediate,
dimenticandosi che nel centrosinistra c’è un pantano e non si vede alcun leader in grado di contrapporsi alla Destra. E che le elezioni si svolgerebbero col sistema elettorale Porcata, che ci ridarebbe un Parlamento di nominati e di trasformisti, il che fa comodo a tutti i capipartito meno che ai cittadini. Potrebbe essere Bersani il leader? Dio ci scampi e liberi. Anche il Pd è stato vittima delle ultime amministrative. Al suo tracollo elettorale si è aggiunta, proprio con la crisi di B., la percezione ancor più netta della futilità, addirittura della irrilevanza, di quel minestrone sciapo che si chiama ancora Pd, con Fioroni che fa l’elogio di Alfano, con Bersani asserragliato nelle Coop e con Franceschini che si sveglia una mattina e rovescia come un calzino la posizione del partito sulla riforma elettorale. L‘assenza pressoché totale di tecnici di riferimento nel governo e l’afasia sui provvedimenti di Monti dimostrano che il peso del Pd è nullo. I vari gruppetti del Pd hanno perduto
un anno a discutere e a dividersi se allargare o no l’auspicata futuribile maggioranza all’Udc, ora si ritrovano a dover sperare che Casini decida lui di imbarcarli benignamente in posizione subalterna. È sempre più chiaro che la rappresentanza di contrappeso alla foga anarco-liberista, che – bisogna
riconoscere – è ben visibile nel governo, è passata direttamente alla Cgil di Camusso. Il venir meno della coperta berlusconiana lascia scoperto il vuoto assoluto di idee e di classe dirigente alternativa alla Destra: le liste civiche sono una fantasia bizzarra e non risolutrice di nulla, Santoro come al
solito si fa gli affari suoi, Grillo difende gli evasori fiscali e tranquillamente si colloca l’estrema destra populista (come mai non ve ne eravate accorti e lo avete ospitato, vezzeggiato e legittimato?), il “Fatto” quando finiranno le udienze hard si troverà lacerato da un Travaglio da sempre destrorso
e clericale e un Colombo sempre più emarginato e in difficoltà. E gli anarco-liberisti anche su quelle pagine continueranno a dettare la linea di politica economica e alimenteranno la confusione nella testa della gente di sinistra.
* * *
Si è evitata quella che Asor Rosa ha definito una “crisi verticale di sistema”. Basta questo per elogiare i protagonisti della svolta. Ma Asor Rosa – che, non dimentichiamolo, da bravo comunista aveva sollecitato un golpe dei carabinieri, eccede nel caricare, anche se in chiave positiva, il ruolo avuto nell’occasione dal Presidente della Repubblica. È vero che la moral suasion si è trasformata in diktat, ma questo è avvenuto legittimamente dopo un voto alla Camera che dimostrava inequivocabilmente la fine anche numerica della vecchia maggioranza. Senza quel voto Napolitano non avrebbe avuto che armi spuntate. E qui comincia un discorso assai delicato. Napolitano ha sempre fatto quel che poteva, in una situazione inedita e pericolosissima. Ora da lui ci aspettiamo uno sforzo ancora maggiore. Egli deve rendere conto che il suo presenzialismo, l’indicazione quasi quotidiana delle soluzioni politiche ai problemi sul tappeto, l’ostentazione del suo padronato su Monti, corrono il rischio di alterare l’attuale sistema politico e di disegnare un ruolo
della presidenza della Repubblica largamente incompatibile con il dettato costituzionale. Un nuovo ruolo che con altri personaggi futuri, o passati non del tutto, può rivelarsi micidiale per la nostra democrazia. Non è un caso che settori del Pdl abbiano ripescato in fretta le loro velleità presidenzialiste e i liberaloidi del “Corriere della Sera” si siano accodati per sollecitare riforme di
uguale segno. Si può discutere di tutto, anche di presidenzialismo, ma non si può proporre una riforma anticipandola con la pratica. Altrimenti si legittima il paradosso di Ostellino che in tempi recenti considerava giusto e doveroso l’adeguamento della Costituzione scritta alla Costituzione
materiale, anche se quest’ultima si era formata grazie ad abusi e scivolamenti progressivi. Non ci troviamo da novembre in una democrazia sospesa: la nostra democrazia era compromessa già da prima dai colpi di mano di B., con la Porcata in testa. Ma questa deriva deve finire immediatamente.
Ora si tratta di restaurare la democrazia e lo Stato di diritto. La  personalizzazione della politica ha fatto già danni incalcolabili al paese. Ci manca pure il presidenzialismo per finire di corsa in Sudamerica.
Monti si trova ancora in luna di miele e a suo nome si iscrivono i mutamenti di civiltà politica che abbiamo descritti. Il suo governo si è dimostrato immediatamente efficiente. Alcuni suoi ministri segnano dai loro predecessori una distanza siderale. A Palazzo Chigi e nei Ministeri si è ripreso a mangiare con forchetta e coltello e a non mettersi le dita nel naso. Non è mancata un’alluvione di provvedimenti. Non è questa l’occasione per giudizi specifici, ma siamo contenti che finalmente si sia preso a parlare di cose concrete e delle direttrici ideali che le ispirano. Diamo tutti un po’ di
tempo a Monti, ma il Presidente del Consiglio non deve dimenticare tre condizioni dalla testa assai dura e difficilmente modificabili.
Uno. Il nostro paese affoga nella corruzione, e la corruzione è fattore primario di impoverimento e di mancati investimenti. L’Italia, che nella classifica 2011 si colloca al 69° posto, aggravando ogni anno la sua posizione, si trova messa peggio di paesi come il Ghana, la Slovacchia e il Montenegro. Ma non è necessario consultare i dati forniti da Transparency International, basta leggere i giornali o fare un salto dal macellaio sotto casa. Le amministrazioni locali sono in gran parte in mano a comitati di affari, ci sono sempre meno “politici” e sempre più “politicanti” che sotto il manto di partiti copri-tutto non amministrano ma lucrano.
Mentre la vulgata qualunquista distrae l’opinione pubblica impegnandola su fenomeni quasi inconsistenti dal punto di vista finanziario come lo stipendio dei parlamentari.
Due. In questi anni il divario tra ricchezza e povertà si è fatto enorme. Non serve leggersi le ricerche della Banca d’Italia e dell’Ocse per percepire che i ricchi sono diventati sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Comunque se volete sapere i dati, basta ricordare che nel 1980 l’1% più ricco degli italiani guadagnava il 7% del totale, mentre nel 2008 la sua quota è passata al 10%. Non c’è bisogno di applicare la Curva di Lorenz dell’Indice di Gini sulla concentrazione della ricchezza e sulla disuguaglianza dei redditi per capire che ci troviamo di fronte a una carenza intollerabile di
equità. Basti sapere che Vittorio Valletta, presidente della Fiat negli anni ‘50, guadagnava circa 20 volte la media del reddito dei suoi dipendenti, mentre Sergio Marchionne, attuale amministratore delegato, 435 volte. Tra i due c’è anche un’altra differenza: il primo riusciva a vendere le auto agli
italiani e sfornava modelli di successo, il secondo non ne è capace. È il mercato, non il comunismo, bellezza!
Tre. Copiamo alcuni recentissimi dati dell’Istat: il tasso di disoccupazione è dell’8,9%. Tra gli uomini, rispetto al 2009, è cresciuto dell’11%. I disoccupati sono 2,2milioni. Il 31 per cento dei giovani tra i 15 e i 24 anni, in cerca di lavoro, non lo trova. Non parliamo, per carità di patria, né del lavoro nero né del precariato né del Mezzogiorno. Non siamo in grado di giudicare la sensibilità del Presidente Monti nei confronti della giustizia sociale, ma anche qualora fosse scarsa, egli non dovrebbe sottovalutare la regoletta che non si esce dalla crisi economica se non sviluppando la crescita, e la crescita è vuota parola se non si incrementano i salari con conseguente maggiore
domanda dei beni. Con qualche polverone e ingenuità di troppo, finora a questi tre temi rompicapo si sono anteposte alcune misure importanti e molte marginali e un po’ demagogiche. Si sono additati molti nemici di
cartone. Il problema dell’Italia non sta certo nella carenza di taxi o di farmacie. Ci fa sorridere che un liberista serio (e non “selvaggio”, speriamo) abbia debuttato con provvedimenti assai dirigisti nei confronti dello stesso mercato. Chiamando il tutto “liberalizzazioni”. Ma ciò non ci sorprende:
non ci si può separare con un colpo di spada da un passato dove l’oligopolio era il frutto più maturo del “liberalismo” e ogni provvedimento legislativo, anche il più reazionario ed eversivo, era definito “riforma”. Sulle tre questioni citate attendiamo alla prova il governo. Ma quanto sarà libero di agire? Vi sono delle cartine di tornasole che dimostreranno con limpidezza se il ruolo di Monti è assolutamente provvisorio, solo per togliere le castagne dal fuoco a Berlusconi addossandosi la parte più ingrata delle manovre economiche imposte dall’Europa, o se la sua “rivoluzione” è vera e duratura. Sulla regalìa delle frequenze a Mediaset e alla Rai, si sono fatti passi assai positivi, aspettiamo la liquidazione di questa sfacciataggine. Invece abbiamo dubbi sulla capacità di far pagare davvero le tasse agli immobili messi a rendita dal Vaticano e sulla volontà di far cessare lo scandalo di una Rai sempre più marcia e ancora totalmente subalterna ad Arcore. Monti dovrà passare anche sotto le forche caudine della giustizia. Incombente Berlusconi,
non si poteva parlare dei guai della giustizia. Ogni discorso sarebbe stato strumentalizzato a fin di male. Ora si può cominciare a farlo. Assolutamente prioritario è lo smantellamento di quella legislazione di favore per Berlusconi che contestualmente all’impunità di uno assicurava l’impunità dei molti. Ci riferiamo ai danni dell’ex-Cirielli, che dimezzò i tempi della prescrizione, trasformando un istituto che doveva essere garantista in uno spreco enorme di risorse e nello strumento privilegiato per mandare in rovina l’idea stessa di giustizia. Purtroppo il ministro competente non si mostra sensibile a questi argomenti; peccato, perché non sarà qualche farmacia in più che
risolverà la crisi economica, né influenzerà positivamente il giudizio su questo governo.
Rimarrebbe da citare il quarto punto fondamentale: la restaurazione della democrazia. Monti schiva l’argomento, i partiti sono incapaci di affrontarlo, la ghigliottina di B. impedisce anche solo di mettere nell’agenda politica temi come il conflitto di interessi, leggi antitrust, falso in bilancio e chissà forse anche la legge elettorale. Siamo messi proprio male, ma comunque molto
molto meglio di prima, accontentiamoci, per adesso.

 


{ Pubblicato il: 17.03.2012 }




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Commento inserito da alessandro pizzorusso il 19.03.2012:
D’accordo con gran parte di quanto è detto nello scritto di Marzo in data 18/3, osservo che finchè resta in carica l’attuale Parlamento, siamo ancora in regime di occupazione degli hyksos, per cui ─ analogamente a quanto stabilisce l'art. 89, 4° co., della Costituzione francese per i casi di occupazione straniera del territorio nazionale ─ dovremmo astenerci, ad esempio, da modifiche costituzionali (anche se questa regola non impedirebbe forse misure che restaurino la Costituzione stessa o integrino il suo testo con regole che la Costituente del 1946-48 avrebbe sicuramente potuto contenere (ad es. la sfiducia costruttiva, principi in materia elettorale di segno opposto a quelli che hanno ispirato la legge attualmente vigente, un “articolo europeo” come esiste in altri paesi, o principi che completino quelli a tutela della giustizia contenuti nel titolo IV della parte II, nonché la regola sui limiti dell'indebitamento pubbloico, per quanto sia difficile renderla sanzionabile), in attesa di ottenere da una pronuncia degli elettori la piena consapevolezza del conseguimento di una completa “liberazione” del paese dal berlusconismo (del conseguimento della quale, al massimo, si è avuto qualche segno che ne costituisce annuncio favorevole, accompagnato, peraltro, da troppi sproloqui, ad esso sostanzialmente contrari)!
Commento inserito da carlo maria chimenti il 19.03.2012:
è vero, siamo messi male, ma molto meglio di prima. E poi, bisogna tenere presente che, dietro l'angolo, può eserci di peggio: un colonnello, un vescovo, ancora un miliardario...Perchè, se ci guardiamo allo spechio, dobbiamo ammettere -parafrasando Agostino- che "in interiore italico habitat culpa".
Commento inserito da gim cassano il 19.03.2012:
Ho letto con attenzione il Tuo intervento sulla fine del governo berlusconiano (ma non del berlusconismo). Ne condivido, frase per frase, quasi tutto; ma ho due osservazioni da farTi. La prima: non condivido la Tua opinione sul fatto che il governo Monti sia il governo della continuità; sarebbe più appropriato affermare che esso rappresenti il massimo della discontinuità possibile; una maggior discontinuità sarebbe potuta emergere solo da nuove elezioni, che il centrosinistra avrebbe vinto (per fare poi cosa, non avendo una politica?), ma che Tu stesso affermi avrebbero affondato immediatamente, ed in alto mare, la nave. Né credo che il mantenimento della pressione su Berlusconi, senza la ciambella di salvataggio offertagli da Napolitano e da Monti avrebbe potuto portare al formarsi di una nuova maggioranza politica, in questo Parlamento, per effetto di un po’ di Scilipoti alla rovescia. Costoro avrebbero poi preteso ministri e sottosegretari, di qualità certo inferiore a quella media degli attuali (eccezion fatta per qualche sottosegretario imposto da ministri della vecchia maggioranza per presidiare un po’ del proprio potere e delle zozzate fatte), e saremmo così ritornati al punto di partenza. A dimostrazione dell’essenza antidemocratica della seconda repubblica sta il fatto di aver persino impedito la certificazione del proprio fallimento seguendo le procedure di una normale democrazia. La seconda: Pur condividendo, come Ti ho detto, quasi tutto, sorge la domanda: “E allora, che si fa?”. Un liberale può essere un censore, ma deve anche essere un riformatore: cioè non può limitarsi a tradurre in condanna la propria valutazione dei fatti, se li ritiene riprovevoli, ma deve anche indicare una via per ovviarvi, in una realtà nella quale nessuno è perfetto ed esente da critiche (neanche lui), e si tratta, semmai, di trovare chi o cosa puzzi di meno. E’ quanto, da tempo, con “Alleanza Lib-Lab”, cerchiamo faticosamente di fare.
Commento inserito da ermanno vitale il 19.03.2012:
Purtroppo io non vedo alcuna discontinuità, se non nella buona educazione (e anche lì, puttane a parte, ci sarebbe da ridire). capisco che siamo messi male, ma monti cura i sintomi, non la malattia. La malattia si chiama eccesso di diseguaglianza e peggiora. A vista d'occhio. E se per caso volesse provare a guarirla, monti andrebbe a sbattere. L'america latina, la peggiore, è già a un passo.
Commento inserito da Gian Felice Corsini il 19.03.2012:
Questo governo che è strano per te , è insopportabile per me e allora devo comunque scriverti due righe due. Qualunque altra persona è molto meglio di B. Ma a me non basta. Cercherei in tutti i modi di superarlo per cercare il liberalismo che in Monti non esiste. Credo di più, sento più mie tutte le tue fortissime critiche che le tue lodi così anche, scusa,spietatamente realistiche. Che super tecnico è chi si occupa dei taxi, delle farmacie, degli avvocati, ma poi anche ed è ben peggio del prezzo dei carburanti e delle pensioni dei poveri? Non ho pazienza nel vedere i poveri diventare sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi, io che povero ancora non sono, figuriamoci i poveri! Ti confesso una cosa. Sono venuto a Roma il 9 a sentire Landini e i cinquantamila metalmeccanici e il sindacalista greco disperatissimo. E te ne confesso un'altra: mi sono sentito molto preso, gasato dalle parole di un comunista intelligente che non ne può più come non ne potevano più gli altri cinquantamile compreso me stesso. Monti è la faccia meno disgustosa della sordida politica di rapina e di ingiustizia che B. non aveva la forza e la concentrazione, avendo altre ansie,di imporre.I suoi ministri sono meno disgustosi? Il Governo è retto e, come scrivi, condizionato dai Letta, dal vaticano, dagli stessi banditi. Non ho pazienza.Lo voglio abbattere anche a colpi di elezioni, anche in presenza del porcello, come è successo con i referendum,con qualche rappresentante che mi faccia meno schifo e che abbia a cuore i patimenti della gente e il degrado ambientale, etico economico di B, dei suoi predecessori, dei suoi eredi più apparentemente dignitosi. Sanno mangiare seduti più o meno educatamente seduti a tavola, ma mangiano dal piatto dei poveri. Con le spese militari, con la TAV, con la corruzione che dilaga,ma, più o meno educatamente combattono per il cambiamento chiedendo gli scontrini ai bottegai. Non posso essere io che insegno a te l'utopia. Questo è certo. Ma avevo la scelta se lasciarmi convincere dalle tue criticissime, realistiche argomentazioni, o dire anche a me stesso che non voglio accontentarmi di questo squallidissimo, feroce esistente. Inadeguadamente tuo
Commento inserito da Riccardo Mastrorillo il 19.03.2012:
Come sempre lucido, puntuale e pungente. Soprattutto hai messo in luce un aspetto delle conseguenze attuali di Napolitano che non avevo colto. Un unica domanda: Rutelli lo hai risparmiato per carità o ritieni che non esista già più? eheheheheh Vorrei proporti: perché non lavoriamo su un progetto di legge elettorale sana e promuoviamo come Critica un confronto con i partiti sull'argomento?