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Massima fiducia nel sostegno europeo. E' questo, in sintesi, il messaggio passato il tredici Marzo dopo l'incontro tra il premier italiano, Monti, e l'Alto rappresentante per la politica estera comune, Catherine Ashton.
Il ruolo di Alto Rappresentante nella diplomazia europea avrebbe l'ambizione, come stabilisce il trattato di Lisbona, di «stabilire e attuare una politica estera e di sicurezza comune fondata sullo sviluppo della reciproca solidarietà politica degli Stati membri, sull'individuazione delle questioni di interesse generale e sulla realizzazione di un livello sempre maggiore di convergenza delle azioni degli Stati membri».
E' logico ed evidente, quindi, che la diplomazia italiana dopo aver tentato di far liberare i nostri militari con i propri strumenti e la propria capacità persuasiva si sia affidata a quella, teoricamente ben più dirimente, dell'Unione Europea.
Dopo un primo momento d'equivoci sul “gradimento” o meno dell'Italia ad essere appoggiata dall'Unione (come se sentirsi tutelati dall'Europa potesse urtare la sensibilità italiana) si è arrivati finalmente ad una richiesta ufficiale d'aiuto diplomatico.
Ricevuto l'invito ad unirsi al tavolo delle trattative, la diplomazia europea di Mrs Ashton ha tempestivamente risposto che il “caso marò” dimostra come servano regole più stringenti per la presenza di scorte armate su navi commerciali, e ha ripromesso che farà di tutto per impegnarsi per una soluzione soddisfacente del caso.
La prima cosa che balza agli occhi di questa risposta è la sua vaghezza, anche abbastanza offensiva.
Senza entrare in polemica sul fatto che Mrs Ashton si riferisca ai nostri militari come si trattasse di mercenari, e non di nuclei di protezione autorizzati e rispondenti ad uno Stato sovrano, viene comunque da chiedersi cosa possa aver compreso l'Alto Rappresentante della disputa in questione se non giunge a comprendere neanche questo punto fondamentale.
Il fatto che non si tratti di contractors, ma di soldati regolari e probabilmente facenti parte anche di qualche battlegroup europeo (come molti battaglioni italiani, talvolta persino a loro insaputa) è un punto nodale della querelle che non si può equivocare.
La seconda cosa che balza agli occhi in questa risposta è il suo “tecnicismo”.
Infatti la critica mossa dall'India all'Italia, ma che purtroppo per mancanza di trasparenza è stata omessa dalla stampa, è che la presenza di militari a bordo di una nave commerciale è autorizzata secondo trattati internazionali vigenti nella Nato, ma ai quali l'India non ha aderito.
Quindi per gli indiani i marò non godono di alcuna copertura giuridica che giustifichi la loro presenza a bordo di navi commerciali.
In virtù di questo l'India non intende rilasciare i nostri militari.
Ufficialmente, e forse surrettiziamente, perché considera il reato come un abuso illegittimo commesso sul territorio indiano ma ufficiosamente perché già da tempo ha dimostrato di non gradire il continuo passaggio di flotte Nato, ora per la pirateria ora per le guerre in Medio Oriente, a poche miglia dalle proprie coste.
Per questo Mrs Ashton parla della necessità di un regolamento che garantisca una copertura giuridica globale alle scorte armate delle navi oggetto di pirateria.
Quindi da una parte un'imprecisione disarmante sull'accaduto, dall'altra un tecnicismo che riporta l'accaduto quasi ad un “caso di scuola”.
Il tutto potrebbe persino suonare come un'esortazione a prepararsi e a disciplinare meglio la questione perché oggi ciò che è successo è capitato agli italiani, che alla fine, è scontato,sapranno chinare la testa, ma un domani potrebbe accadere alla Francia o alla Gran Bretagna, e tramutarsi in un problema serio.
Se questo sembra uno spunto polemico si dovrebbe riflettere sull'impegno, continuamente ribadito dalla diplomazia europea, a trovare una “soluzione soddisfacente”.
E' soddisfacente, di solito, il frutto di un compromesso.
Non si troveranno mai, nei comunicati stampa della diplomazia europea di questi giorni, sostegni completi all'Italia, disponibilità illimitata ad intraprendere azioni coraggiose o clamorose per ottenere la liberazione dei nostri militari.
Tant'è che vista la mal parata nonostante l' “estrema fiducia” l'Italia ha dovuto ripiegare, è notizia di queste ore, verso il sostegno russo-americano, per tentare una soluzione (una non “soddisfacente”) della crisi.
Salvo sorprese questo si delinea come l'ennesimo fallimento della politica estera europea.
Un paese europeo in seria crisi diplomatica con un terzo viene lasciato quasi solo dagli altri e dall'Unione.
E non serve in questo caso, a differenza di altri, parlare dei limiti dei poteri dati alla diplomazia europea. Infatti il potere di un'istituzione come si può accrescere se questa non solo non rispetta i propri obiettivi massimi, ma neanche quelli minimi?
Uno dei compiti specifici di Mrs Ashton era di portare l'Unione ad azioni comuni per salvaguardare, prima di tutto, i propri stati membri.
Coerentemente con questa missione la diplomazia europea avrebbe dovuto spalleggiare l'Italia fin dal primo momento, senza esitazioni, ed era compito di Mrs Ashton e di nessun altro concertare un'azione comune dei Paesi europei verso l'India.
Nello specifico non si poteva portare sul campo il peso della diplomazia tedesca, francese ed inglese per soddisfare le nostre richieste?
Non era forse un compito specifico dell'Alto Rappresentante presentare la violazione del diritto internazionale da parte dell'India come una violazione della stessa sovranità europea?
E non doveva proprio Mrs Ashton sollevare il problema nelle sedi adeguate, prima fra tutte le Nazioni Unite?
Invece l'operato dell'Alto Rappresentante, è bene specificarlo già oggetto d'aspre critiche in tutta Europa per la scarsa incisività, è stato fin dal primo momento superficiale e più attento ad evitare problemi futuri che a risolvere a nostro favore la crisi attuale.
Ad ulteriore dimostrazione che la strada per l'Europa unita non è impedita tanto da trattati incompleti, ma anche, e forse più, dalla pochezza e dall'assenza d'idee dei rappresentanti delle attuali istituzioni comunitarie.
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{ Pubblicato il: 18.03.2012 }