Le sintesi giornalistiche del sistema elettorale sul quale sarebbe stato trovato un accordo di massima fra gli onorevoli Violante, Quagliariello, Adornato, Bocchino e Pisicchio, incaricati dai maggiori partiti, lasciano intravedere un disegno eccessivamente complesso. Troppo complesso perché possa essere compreso ed apprezzato dall'opinione pubblica prima e dai cittadini elettori poi. Potrebbero essere individuate soluzioni molto più semplici per perseguire almeno due degli obiettivi dichiarati: a) determinare le condizioni affinché i partiti che raccolgono più consenso siano premiati dal sistema elettorale, salvaguardando così la prospettiva che intorno ai due maggiori partiti si aggreghino coalizioni politiche fra loro alternative, che competono per il governo del Paese; b) far sì che i parlamentari siano effettivamente rappresentativi delle realtà territoriali in nome e per conto delle quali sono stati eletti.
Se si tratta di approvare una legge elettorale che possa essere utilizzata subito, già per il prossimo rinnovo delle Camere nel 2013, la proposta di reintrodurre un certo numero di collegi elettorali uninominali non è funzionale allo scopo. La delimitazione territoriale dei singoli collegi richiederebbe procedure complesse e, quindi, tempi necessariamente non brevi. D'altra parte, se i collegi uninominali non sono compiutamente istituiti ed esattamente individuati dal punto di vista dell'estensione territoriale, la legge elettorale che li preveda non può avere applicazione. Questo del tempo che, purtroppo, non è stato sufficiente, potrebbe essere un magnifico espediente per politici che volessero recitare in pubblico la parte dei riformatori, confidando poi di continuare ad utilizzare la legge elettorale vigente (legge 21 dicembre 2005, n. 270). La precedente considerazione ha tanto più peso perché si tende a legare la riforma della legge elettorale alla modifica della Costituzione (almeno, per quanto riguarda la riduzione del numero complessivo dei parlamentari). Ma, ancora una volta, la quantificazione dei collegi uninominali non può essere fatta slittare nel tempo, in attesa che entri in vigore la riforma costituzionale.
Qualora saltassero i collegi uninominali, salterebbe tutta l'impostazione simil-tedesca; ma non è gran perdita se ciò che effettivamente si vuole è raggiungere i due obiettivi che sopra ho enunciato, in una logica complessivamente proporzionale. A questo scopo è molto più facile introdurre modifiche alla legge vigente. I tre difetti principali di questa sono:
— a) la previsione di un premio di maggioranza in seggi per la coalizione più votata; il premio di maggioranza è in contrasto con la Forma di governo parlamentare stabilita dalla Costituzione vigente e, non essendo sottoposto alla condizione che la coalizione più votata abbia comunque raggiunto una percentuale minima di consensi, può determinare forzature inaccettabili del sistema democratico-rappresentativo;
— b) il fatto che i parlamentari non siano scelti dal corpo elettorale, sia perché i candidati sono inseriti in liste molto ampie bloccate, ossia immodificabili dagli elettori, sia perché uno stesso candidato si può candidare ed essere eletto in tutte le circoscrizioni che vuole, cosicché, quando alla fine opta per una circoscrizione piuttosto che per un'altra, prevalgono logiche personali, o di equilibri interni di partito, mentre viene sistematicamente sacrificata l'esigenza di rappresentanza di un territorio;
— c) il fatto che siano previste soglie di sbarramento che non si applicano in modo uguale a tutte le liste, ma che sono diversificate in relazione al fatto che queste siano legate ad una coalizione o meno; questa condizione contraddice il principio costituzionale secondo cui tutti i voti sono eguali, ossia devono avere lo stesso peso. Inoltre, la normativa vigente attribuisce al partito maggiore di una coalizione un potere che stride con la logica democratico-rappresentativa: quello di determinare quali liste dei partiti minori possano ottenere rappresentanza. Basta concedere ad alcuni, e negare ad altri, il vincolo di coalizione.
Dalle sintesi giornalistiche sembra di comprendere che l'accordo raggiunto preveda, al posto dell'attuale premio di maggioranza attribuito ad una coalizione, un premio in seggi destinato al singolo partito più votato. Si tratta sempre di un artificio, che altera l'orientamento espresso dal corpo elettorale.
Anche il diritto di tribuna, previsto forse per fare digerire ai partiti minori il premio in seggi per il partito più votato, potrebbe finire per contraddire l'esigenza di evitare la frammentazione della rappresentanza. Il Parlamento deve essere rappresentativo e pluralista, ma soltanto le liste che raccolgano una quota significativa di consenso, in ambito nazionale, o almeno nella dimensione regionale, meritano di essere rappresentate.
Inutile dilungarsi ulteriormente, perché tanto, quando si parla di legge elettorale, i partiti guardano unicamente ai propri interessi immediati e sono incapaci di intendere ragionamenti di ordine generale.
Tuttavia, voglio dimostrare che sarebbe possibile approvare una normativa lineare ed immediatamente applicativa. Formulata in modo tale da poter funzionare sia che nel frattempo venga approvata ed entri in vigore la riforma della Costituzione per la parte logicamente collegata, sia che questa riforma non giunga in porto. Per esigenze di sintesi, mi limito a riportare l'ipotetico primo articolo, che reggerebbe il resto.
Articolo 1
(Circoscrizioni per l'elezione della Camera dei deputati)
1. Ai fini dell'elezione della Camera dei Deputati, nel territorio della Repubblica italiana sono istituite le seguenti circoscrizioni elettorali:
— nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Friuli - Venezia Giulia, Molise, Umbria, Valle d'Aosta, nelle Province autonome di Trento e di Bolzano: una circoscrizione in ogni Regione, o Provincia autonoma; (8)
— nelle Regioni Calabria, Liguria, Marche, Sardegna: due circoscrizioni per Regione; (08)
— nella Regione Toscana: quattro circoscrizioni; (4)
— nelle Regioni Emilia - Romagna, Piemonte, Puglia, cinque circoscrizioni per Regione; (15)
— nella Regioni Sicilia, Veneto: sei circoscrizioni per Regione; (12)
— nelle Regioni Campania, Lazio: sette circoscrizioni per Regione; (14)
— nella Regione Lombardia: tredici circoscrizioni; (13)
in totale: settantaquattro circoscrizioni.
2. Nelle Regioni in cui devono essere istituite più circoscrizioni, la loro delimitazione territoriale viene determinata rispettando i seguenti criteri:
— ciascuna circoscrizione ha una popolazione residente di almeno 761.500 abitanti;
— il predetto limite minimo di abitanti si intende rispettato anche con un'approssimazione per difetto del 15 per cento;
— si può derogare al criterio della continuità territoriale soltanto nel caso in cui la circoscrizione comprenda isole minori;
— più Province fra loro confinanti possono essere aggregate in una medesima circoscrizione;
— in relazione alle sue dimensioni demografiche, una stessa Provincia può comprendere più circoscrizioni;
— per garantire l'equilibrio fra le circoscrizioni in termini di popolazione residente, alcuni Comuni di una medesima provincia, esattamente individuati, possono essere aggregati ad una circoscrizione prevalentemente costituita da Comuni di una provincia diversa, a condizione che ci sia continuità territoriale fra almeno un Comune dell'una ed un Comune dell'altra Provincia;
— nei comuni con popolazione inferiore a 800.000 abitanti, il territorio comunale non può essere frazionato e deve essere interamente ricondotto ad una sola circoscrizione.
3. I dati della popolazione sono quelli risultanti dall'ultimo censimento generale. Qualora al momento dell'entrata in vigore della presente legge non siano ancora disponibili i dati ufficiali del censimento generale della popolazione della Repubblica italiana effettuato nel 2011, si fa riferimento ai dati ISTAT della popolazione residente alla data dell'1 gennaio 2011.
4. In ciascuna delle 74 circoscrizioni indicate al primo comma viene eletto almeno un deputato.
5. Per determinare quanti ulteriori seggi debbano essere ripartiti tra le circoscrizioni, si assume il numero complessivo dei membri della Camera, stabilito dall'articolo 56 della Costituzione, con esclusione del numero dei deputati da eleggere nella Circoscrizione Estero. Dalla cifra risultante si sottrae il numero 74, ottenendo così il denominatore. Si divide quindi la cifra della popolazione complessiva della Repubblica italiana, determinata come previsto al terzo comma, per il predetto denominatore. Ad ogni circoscrizione spettano tanti ulteriori seggi quante volte il quoziente così calcolato sia compreso nella cifra della popolazione residente nella circoscrizione medesima. Esauriti i quozienti interi, i seggi rimanenti sono attribuiti alle circoscrizioni per le quali si siano determinati i più alti resti. Nell'ipotesi di parità di resti, alle circoscrizioni con maggiore popolazione residente (*).
6. Entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'Interno, approva con proprio decreto lo schema provvisorio di delimitazione territoriale delle 74 circoscrizioni elettorali istituite ai sensi del primo comma, nel rispetto dei criteri stabiliti al secondo comma. Per ogni circoscrizione è indicato il numero di seggi spettanti, calcolato ai sensi del quinto comma. A questo fine il Governo si avvale del supporto tecnico dell'ISTAT. Per ogni circoscrizione è individuato il relativo ufficio centrale circoscrizionale.
7. Il predetto decreto è tempestivamente inviato ai Presidenti delle Camere ed alla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. La Conferenza si riunisce entro il termine di trenta giorni dalla data di emanazione del decreto. In tale riunione vengono presentate eventuali proposte di modifica da parte delle Regioni, o delle Province autonome. Le proposte possono tendere a differenti soluzioni di delimitazione territoriale delle circoscrizioni elettorali, nei limiti della competenza territoriale della Regione proponente, oppure possono contestare il calcolo dei seggi attribuiti, opponendo la quantificazione ritenuta più esatta. Sono formulate per iscritto e contengono una sintetica illustrazione delle argomentazioni a supporto.
8. Entro il termine di quarantacinque giorni dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 6, le competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, attivate dai rispettivi Presidenti, possono presentare al Governo proprie risoluzioni contenenti proposte di modifica della delimitazione territoriale delle circoscrizioni elettorali, oppure richieste di chiarimenti sul calcolo dei seggi attribuiti alle circoscrizioni medesime. Ogni singola richiesta di modifica deve essere sinteticamente argomentata.
9. Quando lo ritenga opportuno, in relazione al merito delle proposte di modifica presentate, il Governo può farsi promotore di un'altra apposita riunione della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano; per un ulteriore confronto, ma con esclusione della possibilità di prendere in considerazione nuove proposte di modifica. Il Governo promuove altresì le opportune iniziative per rispondere nelle sedi parlamentari alle osservazioni formulate dalle competenti Commissioni.
10. Acquisiti gli ulteriori elementi di valutazione, entro il termine ultimo di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, il Governo approva le norme regolamentari in materia di determinazione delle circoscrizioni elettorali della Camera dei deputati, di delimitazione territoriale delle medesime, di individuazione delle sedi dei rispettivi uffici centrali circoscrizionali, di calcolo dei seggi spettanti a ciascuna circoscrizione in proporzione alla popolazione. Il regolamento viene emanato nella forma del Decreto del Presidente della Repubblica.
11. Ogni successiva modifica della delimitazione territoriale delle circoscrizioni elettorali della Camera dei deputati va adottata con la medesima procedura di cui ai commi da 6 a 10 del presente articolo.
(*) Nota esplicativa riferita al comma 5:
Ipotizziamo che l'articolo 56 della Costituzione, dopo la sua riformulazione, preveda che la Camera dei deputati sia composta da 500 membri e che, di questi, otto siano eletti nella Circoscrizione Estero. Il denominatore sarebbe allora determinato sottraendo 74 da 492 = 418.
La popolazione complessiva residente nella Repubblica italiana, secondo i dati ISTAT aggiornati all'1 gennaio 2011, ammontava a 60.626.442 abitanti.
Il quoziente sarebbe quindi di 145.039 (dato dalla divisione di 60.626.442 per 418).
Nelle Regioni con più di una circoscrizione, nelle quali la dimensione demografica media di ciascuna sarebbe di 761.500 abitanti, in ogni circoscrizione verrebbero eletti, mediamente, sei deputati.
Com'è noto, il funzionamento del sistema elettorale proporzionale risponde alla seguente regola: quanto più ristrette sono le dimensioni del collegio utilizzato per il riparto dei seggi (un collegio in cui si eleggono soltanto sei deputati è, appunto, ristretto), tanto più diminuisce il numero delle liste che ottengono rappresentanza.
Facciamo un esempio.
A fronte di un totale di 10.000 voti validi espressi, ipotizziamo che le seguenti liste abbiano riportato i suffragi accanto ad ognuna indicati:
— Lista A: 2.850 voti (28,50 %);
— Lista B: 2.600 voti (26,0 %);
— Lista C: 1.450 voti (14,50 %);
— Lista D: 1.200 voti (12,0 %);
— Lista E: 850 voti (8,50 %);
— Lista F: 600 voti (6,0 %);
— Lista G: 350 voti (3,5 %);
— Lista H: 100 voti (1,0 %).
In un sistema proporzionale puro (senza alcuno sbarramento), il quoziente sarebbe di 1.666 (10.000 diviso sei).
I seggi sarebbero così ripartiti:
Lista A: un seggio con quoziente intero + un resto di 1.184;
Lista B: un seggio con quoziente intero + un resto di 934;
Lista C: un resto di 1.450 voti;
Lista D: un resto di 1.200 voti;
Lista E: un resto di 850 voti;
Lista F: un resto di 600 voti.
Gli ulteriori quattro seggi, da attribuire ai maggiori resti, andrebbero, rispettivamente: uno alla lista C; uno alla lista D; uno alla lista A; uno alla lista B. Complessivamente, le lista A e B otterrebbe due seggi ciascuna e le liste C e D un seggio ciascuna.
La lista E, pur avendo ottenuto una percentuale dell'8,50 % non otterrebbe alcun seggio. La sua cifra elettorale sarebbe, infatti, inferiore al resto della lista B. La simulazione effettuata dimostra che in collegi in cui mediamente si debbano attribuire sei seggi non è necessario prevedere una soglia di sbarramento del 5 per cento, perché di fatto sono impossibilitate ad avere accesso alla rappresentanza anche liste con una cifra elettorale molto più alta del 5 per cento.
Per altro verso, una soglia di sbarramento nazionale può negare rappresentanza a liste che raccolgano molto consenso in aree geograficamente circoscritte del territorio nazionale. Anche questa esclusione contraddirebbe la logica di una genuina democrazia rappresentativa.
Si può concludere, quindi, che l'ipotizzato sistema di piccole circoscrizioni garantisca di per sé l'obiettivo di evitare la frammentazione della rappresentanza, senza che sia necessario introdurre alcun correttivo. Si potrebbe, inoltre, riconoscere agli elettori la facoltà di esprimere fino a due preferenze per candidati inclusi nella lista prescelta. Mi sentirei di consigliare la reintroduzione delle preferenze, considerato che nel sistema elettorale ipotizzato verrebbe in gran parte meno l'argomento più serio contro l'espressione delle preferenze: quello che incentivano le spese elettorali dei candidati. In realtà, in questo caso, i costi delle campagne elettorali sarebbero relativamente contenuti in rapporto alle ristrette dimensioni delle circoscrizioni. Ridimensionata la questione economica, per me è sempre preferibile un deputato eletto per il consenso che riesce a raccogliere nella società, piuttosto che un deputato scelto dalla segreteria del suo partito. Il primo, in situazioni limite potrebbe permettersi il lusso di tenere la schiena dritta; il secondo è molto più facile che si comporti come uno Yes Man. Dovrebbe però essere ripristinato il divieto tassativo di candidarsi in più di tre circoscrizioni.
Palermo, 30 marzo 2012
{ Pubblicato il: 31.03.2012 }