Il Presidente del Consiglio Mario Monti nella conferenza di commiato dalla Cina ha dichiarato che la riforma del mercato del lavoro che il governo ha intenzione di presentare al Parlamento è “mirata a modernizzare la rete di sicurezza sociale per i lavoratori”, laddove questo modernizzare consisterebbe nel fatto che detta riforma “aumenta sensibilmente la flessibilità per le aziende nella gestione della forza lavoro”. Siamo sinceri: avremmo gradito che Monti queste parole, se proprio avvertiva l’urgenza di pronunciarle, non le pronunciasse in Cina, dove i diritti dei lavoratori, oltre quelli dei cittadini in senso lato, vengono calpestati quotidianamente. Andare in Cina per cercare di convincere gli imprenditori locali a venire in Italia, e a
questo fine dire “stiamo diventando sempre più come voi ci volete”, è
davvero deprimente. Avremmo gradito che il nostro Capo del Governo si
fosse soffermato di più sulle capacità innovative del nostro sistema
economico, sulle tecnologie all’avanguardia della nostra
imprenditoria, e invece … E’ altresì deprimente constatare come ormai
siano tutti convinti, imprenditori compresi, che la nostra salvezza in
termini di crescita può venire solo dagli investimenti stranieri; si
parla ormai solo di questi. Ma dico? Un po’ di orgoglio non è rimasto
proprio a nessuno? Siamo conciati così male?
L’intervento di Monti conferma quanto abbiamo scritto in un precedente
pezzo, e cioè che, al di là delle parole, la cosiddetta “concorrenza
sleale” cinese fa comodo a certa parte politica e sociale per regolare
alcuni conti nel proprio paese. Perché Monti non è andato a dire ai
governanti cinesi che devono aumentare la loro domanda interna per
dare sfogo anche alle esportazioni degli altri? No, è più comodo
lasciare le cose come stanno e poi dare comodamente colpa alla Cina se
si devono chiedere altri sacrifici ai dipendenti. Ma in questo modo si
continua ad affondare tutta l’economia occidentale per insufficienza
di domanda, e si perpetuano le International Imbalances.
Abbiamo intitolato questo Intermezzo con una citazione verdiana, la
quale viene spesso ripresa (non in questa occasione) a sproposito per
dimostrare che il passato è meglio del presente. In realtà Verdi
scrisse quella frase in una lettera a un dirigente del conservatorio
di Napoli per invitarlo a non trascurare nell’insegnamento la
tradizione vocale italiana da Palestrina in poi, in un momento in cui
le nuove e rivoluzionarie armonie wagneriane rischiavano di traviare i
giovani se assimilate in fretta e furia, senza adeguati fondamentali.
Insomma è come se un filosofo avesse detto a un preside di liceo “mi
raccomando faccia studiare Socrate, Platone e Aristotele”. Scusate la
divagazione storico-musicale, ma stranamente quella citazione mi è
venuta in mente leggendo la dichiarazione di Monti, perché questi, con
quella parola “modernizzare”, è parso comportarsi come quelli che
citano a sproposito quella frase verdiana. Nessun passo indietro nelle
conquiste sociali e civili potrà essere additato come passo avanti
nella “modernità”. Dire che l'abolizione dell’art. 18 è una via per
“modernizzare” il paese ci pare veramente eccessivo, oltre che falso.
[PER LEGGERE I PRECEDENTI "INTERMEZZI ALLE T.(REMONTI) N.(EWS)" DI GIOVANNI LA TORRE CLICCARE NELLA COLONNA DI SINISTRA SUL VOLUME "ECONOMIA CRITICA"]
{ Pubblicato il: 02.04.2012 }