Il maggiordomo fa tendenza
E' iniziata nella Milano-bene (quella che si contrappone alla Milano-male) la caccia al maggiordomo, diventato prova provata del raggiunto successo, dello status symbol di appartenenza a quella fascia della popolazione privilegiata, che evade le tasse, che manda soldi all'estero, che ripudia la patrimoniale.
Il maggiordomo rappresenta il diploma di raggiunta opulenza, nascosta, mimetizzata, ma da esibire nel segreto dei salotti-bene, dove si vanta l'ultima evasione fiscale, mentre le sig.re giocano a canasta (che si contrappongono ai salotti-male dove si piange l'ultima tassa e le sig.re si scambiano le ricette di cucina economica).
La moda del maggiordomo l'hanno esaltata i due "grandi" di questa italietta ridotta al lumicino, costretta a non credere più a nulla, dopo aver visto che proprio lo status symbol del potere, il maggiordomo, è quello che combina più guai di un elefante in una boutique di cristalli di Murano.
Il potente n.1 ha visto la sua privacy manomessa dal maggiordomo che ha dato in pasto all'opinione pubblica la corrispondenza segreta: il potente n. 2 venne tradito dal maggiordomo Arturo (nella Milano-bene, adesso, tutti i maggiordomi si chiamano Arturo) che gli passava (ovviamente a sua insaputa !) compromettenti telefonate di Lavitola dalla dorata sede della sua latitanza, con pressanti richieste di quattrini e con urgenza, prima che si scatenasse l'irrefrenabile voglia di cantare (senza accompagnamento di Apicella).
San Pietro aveva un maggiordomo ?
Curiose analogie
Bertone: Ciò che c'è di più triste in questi eventi ed in questi fatti è la violazione della privacy del Santo Padre e dei suoi più stretti collaboratori.
(Il Messaggero del 5 giugno 2012)
Al Fano: Ciò che c'è di più triste in questi eventi ed in questi fatti è la violazione della privacy del Presidente Berlusconi e dei suoi più stretti collaboratori.
(Tema difensivo quotidiano ripetuto fino alla nausea)
***
La storia minima di Ratziner e di Berlusconi (la storia vera non credo proprio che perderà molto del suo tempo a descrivere il passaggio dei due da questa valle di lacrime!) finisce sempre con il convergere in analoghe accuse, analoghe fonti difensive, analoghe richieste di "rispetto della privacy”. Ma si tratta di un pontefice e di un (ex) presidente del consiglio, entrambi, proprio per la carica rivestita, non hanno alcun diritto a pretendere il silenzioso rispetto omertoso, nobilitato con il termine privacy.
Un presidente del consiglio in carica non ha alcun diritto alla libertà personale in comportamenti, a dir poco, disdicevoli; venirne a conoscenza e divulgarli diventa un atto di doverosa informazione per far sapere al popolo elettore di che pasta sarebbe fatto l’uomo che pretende dai cittadini l'opposto di ciò che commette con imprudenza, impudenza e arroganza, esaltando il suo preteso diritto ad elevarsi al di sopra delle leggi e in contrasto con esse.
Analoga condizione coinvolge il pontefice della Chiesa di Cristo, specialmente quando si ritrova al centro di eventi che contrastano con la parola di Cristo, tipo IOR, scomparsa di fanciulle, sepoltura in basilica di criminali, pedofilia, intrusioni a gamba tesa nella politica di uno Stato democratico e laico.
L’unica analogia che non li vede coinvolti insieme e data dall’evidenza che Berlusconi si è dimesso.
Gira che ti rigira…!
Alfano: Pdl con Monti fino al 2013
per varare il semipresidenzialismo
(Il Messaggero del 6 giungo 2012)
Sempre utilizzando il collaudato megafono personale, il cavaliere ci manda a dire che l’appoggio al governo Monti sarebbe condizionato all’approvazione della modifica costituzionale, verso un semi-presidenzialismo alla francese, pur di cancellare il porcellum, che pure lui ha sfruttato per comporre una maggioranza bulgara, ma che oggi potrebbe diventare appannaggio dei suoi nemici… nemici, perché il cavaliere non ha avversari, bensì solo nemici da distinguere da quelli che chiama “amici”, ma che in realtà sono solo dei servi. Il megafono a ripetuto le parole del cavaliere con straordinaria fedeltà, ribadendo anche ciò che non dice, ma che lascia intuire: la candidatura al Quirinale del cavaliere.
L’aspirazione è frutto della sfrenata megalomania dell’uomo, convinto di essere “er più” in tutto, mentre gli altri, tutti gli altri indistintamente, sono “er meno”, il cui destino indica solo la strada del servilismo verso “il più grande presidente del consiglio degli ultimi 150 anni”.
Questa povera italietta, che ha faticato tanto per conquistare un posto credibile nel panorama mondiale, con i 18 anni di governo del cavaliere ha visto sfumare tantissime conquiste legittimamente acquisite, per regredire nella considerazione al rango di terzo mondo.
Ci sono parecchi motivi per respingere al mittente ogni ipotesi di ulteriori candidature di Berlusconi a vertici istituzionali; innanzitutto perché anche la sola candidatura, che sarebbe bocciata dagli elettori, ci imporrebbe, di fronte al mondo intero, ad una di quelle figuracce da impedire ad ogni italiano sia pur minimamente serio, di recarsi all’estero, pena il pubblico ludibrio.
Un’altra ragione riguarda l’immediato futuro e le garanzie che l’Italia dovrà affrontare per accedere a crediti internazionali per promuovere la ripresa ; mi pare proprio che ci stiamo ritrovando nella condizione di dover mettere mano alle riserve auree della Banca d’Italia, da offrire a garanzia di titoli di Stato emessi allo scopo di mantenere l’impegno al pareggio di bilancio , nonché alla riduzione, in percentuale, del debito pubblico. Si prospetta una operazione dove il rigore morale giocherà un ruolo determinante per accedere alla credibilità internazionale, e l’immagine pubblica (e anche privata) del cavaliere non è certamente un viatico di fiducia.
E poi mettergli in mano la gestione delle riserve auree, sarebbe come consegnare alla banda Bassotti la chiave del forziere di Paperon de Paperoni !!!
Rileggendo un articolo di Beatrice Rangoni Machiavelli.
La Fondazione Critica Liberale pubblica un breve articolo di Beatrice Rangoni Machiavelli; dico “un breve articolo” in quanto affronta un tema dalle mille sfaccettature, non esauribile in un articolo.
Il tema è “Guardare oltre le Alpi”, cioè guardare l’Europa e non solamente come entità monetaria; le osservazioni della Machiavelli, hanno un non so che di ottimismo “Machiavellico”, in quanto dall’estremo Nord d’Italia non risulta difficile “guardare oltre le Alpi”. Sarebbe difficile non concordare con il perno del ragionamento, che si sviluppa e invita al dibattito; ma da isolato siculo, lontanissimo dalle Alpi, guardo con un’ottica diversa e vincolata.
Dal centro della Sicilia dove mi trovo, guardando verso Nord-Est, nelle giornate terse di inverno, vedo l’Etna, spostando lo sguardo a Nord vedo i Nebrodi, a Nord-Ovest vedo le Madonie Est, legate alle Madonie Ovest… ma di Alpi nemmeno una remota traccia.
Capisco la metafora che vorrebbe suggerirci di guardare di più all’Europa, ma intanto siamo in Italia, una nazione stretta e lunga. L’unità d’Italia, che viene datata e certificata come 150 anni addietro, in realtà è ben più antica; la unì Dante fornendola di una lingua comune, quindi gli eventi storici, invasioni, occupazioni, rivolte, moti e spedizioni. Dalla lingua comune, con un colpo di mano che sottrasse al Regno delle Due Sicilie l’oro depositato presso il Banco di Sicilia e il banco di Napoli, nacque una nazione, accomunata solo dalla lingua comune; l’oro sottratto servì per risollevare dall’arretratezza e da una economia asfittica le regioni del Nord, Veneto in testa, mentre in Sicilia iniziava l’emigrazione, rivolta verso la vicina Tunisia. Quindi altre storie di guerre: non esiste città o paese della Sicilia dove nell’androne del palazzo municipale non campeggia una lapide con l’elenco dei caduti nella I° Guerra mondiale; erano giovani sottratti al lavoro dei campi e mandati a combattere contro un nemico che non ci aveva fatto niente, in luoghi mai sentiti, vedendo, finalmente le Alpi, che per noi non rappresentano nulla, la scure centralista si abbattè sulle fasce più deboli con la tassa sul macinato, con la leva obbligatoria e un abbandono totale da parte di un regime monarchico avido.
Quindi il ventennio fascista, la Resistenza, la Costituzione che contiene lo Statuto autonomistico della Sicilia; con la Costituzione democratica quella nazione si fece Stato, unitario, dalle Alpi al Canale di Sicilia; ma fu vero Stato ? L’autonomia ottenuta da valorosi politici non venne mai totalmente applicata, perché i partiti che fornivano gli statisti per governare non permisero mai l’attuazione indipendentista.
Nel Veneto comparivano perentori avvisi nelle trattorie “Vietato l’ingresso ai cani e ai siciliani”, mentre nei cavalcavia delle autostrade compariva l’incitazione “Forza Etna”, mentre il vulcano minacciava Nicolosi.
Fu vero Stato ?
Immersa nel Mediterraneo, con Tunisi molto più vicina che non la capitale Roma, la Sicilia continua a pagare lo scotto di una geografia penalizzante.
Dopo oltre 3000 anni di occupazioni, invasioni, colonizzazioni, quest’ultima invasione sabauda si sta dimostrando la peggiore di tutte; ogni occupazione ha lasciato un segno indelebile nei costumi, nell’arte, nella lingua… quest’ultima non lascia nulla, anzi rapina a piene mani, come è accaduto con i fondi UE destinati alla Sicilia e stornati, con un colpo di mano del governo Berlusconi, per pagare le multe delle quote latte evase dagli evasori incalliti della Padania, il tutto perché al grande presidente servivano i voti dei leghisti per far passare il lodo Al Fano, il processo breve, il processo lungo, la prescrizione brevissima e il legittimo impedimento.
Ora finalmente siamo alla catastrofe distruttiva, che non può essere risolta con pannicelli caldi, bisogna che esploda in tutta la sua tragica soluzione, perché solo dalla cenere si può rinascere ; bisogna riconoscere a Berlusconi il merito di avere accelerato questo processo di decomposizione economica, politica, sociale, ma, principalmente etica. Toccando con mano lo sfacelo la gente rinsavirà, con la speranza che non prenda i forconi e vada alla ricerca dei responsabili.
Siamo stati rapinati anche del Meridionalismo che Rossi Doria portava avanti con passione, ed Ernesto Vassallo sosteneva in Senato, fino a morire di infarto mentre perorava la causa della sua Sicilia (mi si permetta questa aggiunta, ma vincoli di stretta parentela mi impediscono di trascurare la storia) ; oggi si preferisce parlare di un inesistente settentrionalismo, che maschera un vero meridionalismo, perché, non sapendo guardare oltre le Alpi, il settentrione d’Italia è diventato il Meridione d’Europa.
La Sicilia attende il suo destino, che è quello di essere il cuore pulsante dell’Eurafrica mediterranea, l’ammortizzatore sociale, politico, culturale ed etico di tre continenti.
L’itinerario rimane incompiuto; divenuti nazione sotto i Savoia, siamo stati restituiti alla libertà democratica con una delle migliori Costituzioni del mondo, che ci fece diventate Stato.
Manca, ancora, l’ultimo tassello perché abbia un senso il sacrificio di tanti uomini caduti nell’adempimento di un dovere sentito, ma non adeguatamente riconosciuto.
Quando diventeremo Patria comune ?
{ Pubblicato il: 06.06.2012 }