La fine della Sicilia gattopardesca
Il gattopardismo tipico della Sicilia, che ha dominato il cambiamento dei costumi, della società, della politica, riuscendo a mantenere, dentro l’alone del cambiamento, ogni cosa al suo posto non cambiando proprio nulla, oggi sembra avviata verso un bivio che prevede proprio un cambiamento radicale, iniziato in sordina che ora cerca un suo spazio per dilatarsi.
Tutto iniziò con la carcerazione di un ex presidente della Regione, evento che in tempi di prossimi trascorsi sarebbe apparso impensabile; ora l’attuale presidente della regione viene indicato come aspirante ai rigori della legge, altro evento ritenuto precedentemente impensabile.
Fu per tamponare questi eventi e renderli inoperosi che venne balenata una candidatura alla presidenza della Regione che avrebbe dovuto garantire una serrata lotta alla mafia, ma con gattopardeschi metodi, cambiando i sistemi senza cambiare nulla. Fu la candidatura del dr. Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia, che fece illudere, quanti non guardano a un palmo oltre il proprio naso, che la lotta alla mafia avrebbe realizzato una incisiva presenza; ma Grasso stesso bruciò ogni ipotesi quando insignì, virtualmente, della medaglia d’oro alla lotta alla mafia Berlusconi e il suo governo; lo stesso Berlusconi che insignì, a sua volta e sempre virtualmente, di medaglia d’oro all’omertà mafiosa il pluriomicida mafioso Vittorio Mangano, definendolo un eroe, in un duetto cantato con Dell’Utri.
Perché credo che il gattopardismo che ha caratterizzato la Sicilia sia avviato verso il tramonto ?
Per la semplice ragione che compaiono nomi ben più credibili quali ipotetici candidati alla presidenza della Regione.
Il primo, ma solo in ordine cronologico, nome che ha suggerito molta attenzione è stato quello dell’ex sindaco di Gela e attuale parlamentare europeo Rosario Crocetta, che dell’antimafia ha fatto una crociata, avendo ben compreso come solo la liberazione dai tentacoli della piovra potrà avviare l’isola sulle vie della normalità democratica, sollevata dalle connivenze politico/mafiose, esonerata dall’obbligo antico della tolleranza e della sopportazione che si traduce nell’antico detto “Calate juncu ca passa la china” (Piegati giunco mentre passa la piena). Alla credibilità di Crocetta manca, però, l’autorevolezza della conoscenza dei fatti, che ne limiterebbe l’azione, con il rischio di subire infiltrazioni destabilizzanti (abbiamo avuto mafiosi alla commissione regionale antimafia !).
Oggi, per esempio, la conoscenza popolare viene indirizzata a piacimento da chi regge le fila; il capo dei capi viene indicato (vox populi !) in Matteo Messina Denaro, in modo da finalizzare una ricerca su una strada che non conduce da nessuna parte, mentre il vero capo dei capi rimane nell’ombra, smessa la coppola a vantaggio di un elegante Borsalino, smesso il gilè di velluto con camicia a scacchi a favore di un elegante doppiopetto di alta sartoria, con camicia di seta e iniziali ricamate a mano, smessa la frequentazione di sconosciuti e protetti angoli dell’entroterra, privilegiando i salotti-buoni che arrogantemente si contrappongono ai salotti-male, dove lo spartiacque tra bene e male è solo il censo, il denaro e l’uso che si è in grado di gestire con il potere politico, connivente e spesso colluso.
Crocetta, pur nel suo attivismo, difficilmente potrebbe neutralizzare tale mimetismo.
Ecco spuntare un altro nome di un uomo che si è “fatto le ossa” tanto nella lotta alla mafia quanto nelle azioni necessarie per contrastarne l’invadenza. Si tratta dell’ex pm del pool antimafia di Palermo dr. Massimo Russo, nonché assessore alla sanità del governo Lombardo dove si è distinto per essere riuscito a far valere la Sicilia come regione virtuosa nell’ambito sanitario, eliminando sprechi, e identificando le mani che si occupavano di mungere quella vacca che è stata sempre considerata la sanità siciliana.
L’esperienza di magistrato, unita all’esperienza amministrativa di assessore, pur se non politicamente identificabile, rappresentano un viatico positivo in grado di lasciar sperare che il gattopardismo ha fatto il suo tempo, la ricreazione è finita ed è il momento di ricominciare daccapo.
Lettera aperta
Sig.ra ministro Fornero .
Le è sfuggita una frase che, anche se rimangiata, La inchioda dentro una mentalità VIP (very important person) punitiva nei confronti dei NIP (non import person); il lavoro non è un diritto, avrebbe affermato, dimenticando il riconoscimento costituzionale che attribuisce al lavoro il valore fondativo della Repubblica.
Ma forse lei ha ragione, perché riconoscere il diritto al lavoro potrebbe risultate limitativo, come una imposizione esterna che nulla riconosce al vero valore che il lavoro porta con sé.
In una Democrazia compiuta la politica trova nella società civile e democratica la fonte della sua convinzione che il lavoro costituisce una fondamentale dimensione dell'esistenza umana.
Nel nostro tempo diventa sempre più rilevante il ruolo del lavoro umano, come fattore produttivo delle ricchezze immateriali e materiali; diventa, inoltre, evidente come il lavoro di un uomo si intrecci naturalmente con quello di altri uomini. Oggi più che mai lavorare è un lavorare con gli altri e un lavorare per gli altri: è un fare qualcosa per qualcuno. Il lavoro è tanto più fecondo e produttivo, quanto più l'uomo è capace di conoscere le potenzialità produttive del lavoro e di leggere in profondità i bisogni dell'altro uomo, per il quale il lavoro è fatto.
Nel progetto della Democrazia politica ogni uomo è chiamato al suo sviluppo, e, coerentemente lo sviluppo umano di ciascun uomo costituisce e deve costituire il progresso, che resta così vincolato allo sviluppo.
Dotato d'intelligenza e di libertà, l’uomo è responsabile della sua crescita, così come del suo sviluppo. Aiutato, e talvolta impedito, da coloro che lo educano e lo circondano, ciascuno rimane, quali che siano le influenze che si esercitano su di lui, l'artefice della sua riuscita o del suo fallimento: col solo sforzo della sua intelligenza e della sua volontà, ogni uomo può crescere in umanità, valere di più, essere di più, affermarsi sul suo essere, senza lasciarsi condizionare dalle parvenze dell’apparire.
L'attività umana individuale e collettiva, ossia quell'ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli hanno cercato di migliorare le proprie condizioni di vita, corrisponde al disegno dell’uomo, alla sua storia, al suo destino.
L'uomo deve soggiogare i mezzi di produzione e non restarne soggiogato, deve dominare il progresso, perché non arrivi a contrastare lo sviluppo.
Come persona, l'uomo è quindi soggetto del lavoro.
Come persona l’uomo lavora, compie varie azioni appartenenti al processo del lavoro; esse, indipendentemente dal loro contenuto oggettivo, devono servire tutte alla realizzazione della sua umanità, al compimento della vocazione ad essere persona, che gli è propria a motivo della stessa umanità.
L'uomo deve lavorare per riguardo agli altri uomini, specialmente per riguardo alla propria famiglia, ma anche alla società, alla quale appartiene, alla nazione, della quale è figlio, all'intera società umana, di cui è membro, essendo erede del lavoro di generazioni e insieme co-artefice del futuro di coloro che verranno dopo di lui nel succedersi della storia. Tutto ciò costituisce l'obbligo morale del lavoro, inteso nella sua ampia accezione. Quando occorrerà considerare i diritti morali di ogni uomo per riguardo al lavoro, corrispondenti a questo obbligo, si dovrà avere sempre davanti agli occhi l'intero vasto raggio di riferimenti, nei quali si manifesta il lavoro di ogni soggetto lavorante.
Mi scusi il disturbo
Il vero volto del cavaliere.
Monti, affondo contro Angela Merkel:
«Subito lo scudo per i tassi,
a Bruxelles avanti a oltranza»
Il premier incontra Berlusconi e Bersani: serve il sostegno di tutti
(Il Messaggero del 27 giugno 2012)
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E' proprio per far mancare il sostegno globale che Berlusconi gioca allo sfasciacarrozze.Teme ciò che sarebbe giusto accedesse, e cioè una riedizione del governo Monti, ma suffragata dalla volontà popolare con libere e democratiche elezioni. Un evento del genere rappresenterebbe la fine di Berlusconi e il fallimento globale del berlusconismo.
In Francia il gollismo sopravvisse al De Gaule e sopravvive tutt'ora; in Italia non potrebbe mai accadere perchè il berlusconismo sarebbe affidato a quelli che oggi sono i servi inutili, peraltro privati dai fondi che il cavaliere ha sempre investito per poter legiferare ad personam.
Un successo a Bruxelles di Monti sarebbe una salvezza per l'Italia ma una iattura per il cavaliere, una sconfitta sul campo, una Wateloo senza appello .
Il vero volto del cavaliere si sta delineando con molto chiarezza; il suo scopo è "tanto peggio, tanto meglio" mentre la sua sola alternativa rimane: "Muoia Sansone...!"
{ Pubblicato il: 27.06.2012 }