Fondazione Critica Liberale   'Passans, cette terre est libre' - Abbiamo scelto come logo la fotografia d'un autentico 'Albero della Libertà ancora vivente. È un olmo che fu piantato nel 1799 dai rivoluzionari della Repubblica Partenopea, Luigi Rossi e Gregorio Mattei, a Montepaone Superiore, paese dello Jonio catanzarese. La scritta &lequo;passans ecc.» era qualche volta posta sotto gli 'Alberi della Libertà' in Francia.
 
Direttore: Enzo Marzo

Dal 1969 la voce del pensiero laico e liberale italiano e della tradizione politica che difende e afferma le libertà, l'equità, i diritti, il conflitto.

"Critica liberale" segue il filo rosso che tiene assieme protagonisti come Giovanni Amendola e Benedetto Croce, Gobetti e i fratelli Rosselli, Salvemini ed Ernesto Rossi, Einaudi e il "Mondo" di Pannunzio, gli "azionisti" e Bobbio.

volume XXIV, n.232 estate 2017

territorio senza governo - l'agenda urbana che non c'è

INDICE

taccuino
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67. paolo bagnoli, la nostra preoccupazione
68. coordinamento democrazia costituzionale, appello alla mobilitazione per una legge elettorale conforme alla Costituzione
106. comitati unitari per il NO al “rosatellum”, l’imbroglio degli imbrogli
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territorio senza governo
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69. giovanni vetritto, l’italia del “non governo” locale
73. pierfranco pellizzetti, alla ricerca del civismo perduto
79. antonio calafati, le periferie delle metropoli italiane
84. paolo pileri, molta retorica, pochi fatti
86. giovanni vetritto, post-marxisti inutili
88. valerio pocar, primo comandamento: cementificare
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astrolabio
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89. riccardo mastrorillo, finanziare sì, ma come?
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GLI STATI UNITI D'EUROPA
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93. sarah lenderes-valenti, la risorsa più grande
94. luigi somma, le democrazie invisibili
97. claudio maretto, la discontinuità paga
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castigat ridendo mores
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100. elio rindone, basta con l’onestà!
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l'osservatore laico
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103. carla corsetti, il principio di laicità
107. gaetano salvemini, abolire il concordato
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terrorismo e religione
109. pierfranco pellizzetti, jihad combattuta alla john wayne
114. alessandro cavalli,quattro cerchi
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lo spaccio delle idee
117. gianmarco pondrano altavilla, cari liberisti, chi conosce un buon medium?
118. luca tedesco, savoia o borbone? lo storico è un apolide
119. gaetano pecora, ernesto rossi, “pazzo malinconico”
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78.92.102. spilli de la lepre marzolina
116. la lepre marzolina, di maio ’o statista
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Critica liberale può essere acquistata anche on line attraverso il sito delle Edizioni Dedalo con transazione crittografata e protetta.
.A ROMA IL FASCICOLO PUO' ESSERE ACQUISTATO ANCHE PRESSO L'EDICOLA DEI GIORNALI IN PIAZZA DEL PARLAMENTO.
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Il numero di “Critica liberale” può essere acquistato nelle seguenti librerie:
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comitato di presidenza onoraria
Mauro Barberis, Piero Bellini, Daniele Garrone, Sergio Lariccia, Pietro Rescigno, Gennaro Sasso, Carlo Augusto Viano, Gustavo Zagrebelsky.

* Hanno fatto parte del Comitato di Presidenza Onoraria: Norberto Bobbio (Presidente), Vittorio Foa, Alessandro Galante Garrone, Giancarlo Lunati, Italo Mereu, Federico Orlando, Claudio Pavone, Alessandro Pizzorusso, Stefano Rodotà, Paolo Sylos Labini. Ne ha fatto parte anche Alessandro Roncaglia, dal 9/2014 al 12/2016.
 
05.02.2018

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Facciamo finta di niente & altro

rosario amico roxas

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Facciamo finta di niente
Maroni: Via da Roma sarà la strada
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Non si tratta di una scelta o di una strategia, ma di una strada obbligata.
Berlusconi non consentirebbe mai alla Lega di presentarsi alle elezioni nazionali con lo stemma dello spadone, perchè gli appartiene avendolo acquistato da Bossi & C. per 70 miliardi delle vecchie lire, con pagamento rateizzato per poter mantenere la forza del ricatto.
Ora vorrebbe nuovamente mettere al guinzaglio la Lega di Maroni, unica condizione per permettere l'uso di quello stemma e dello statuto. Quest'ultimo è stato cambiato, ma lo stemma non possono cambiarlo senza dover ammettere che Bossi lo ha venduto, rendendosi schiavo del cavaliere e rendendo schiavi del cavaliere quei leghisti che hanno abboccato all'amo. Evidenziare tutti i marchingegni di Bossi sarebbe un colpo per la Lega e per tutti i leghisti, dal quale non potrebbero mai più riprendersi, per cui Maroni è costretto a giocare di rimando, riconoscendo a Bossi la paternità della Lega, ma senza fare alcun cenno ai traffici che ha fatto.
Così di tutta la stirpe Bossi il solo che ha pagato è il trota,.... ma forse non se n'è neppure reso conto.
Anche gli altri "papaveri" della Lega tacciono, temendo di essere coinvolti anche loro; l'accordo è fatto e si riassume nel solito: "facciamo finta di niente !"
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Il  nuovo ruolo dei sindacati
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E’ molto probabile che ancora non risulti chiaro come l’attuale crisi segni la fine irreversibile del capitalismo liberista, ormai giunto alla massima espressione dell’egoismo di classe.
Ci furono periodi in cui il capitalismo esercitò un ruolo  nel processo dello sviluppo e del progresso; accadde quando le figure di banchieri del calibro di Rotschild e Morgan e  capitani d’industria come Carnegie, Rockfeller, Ford, interpretarono la natura creativa  del capitalismo. Anche in Italia non mancarono gli esempi, primo fra tutti Olivetti, che fu padre della sociologia dell’industria.
Oggi i tempi sono profondamente cambiati; due guerre hanno cambiato la geografia del pianeta e la guerra fredda ha cambiato i termini del confronto e dello scontro, non più ideologico ma economico.
Perché meravigliarsi se oggi capitalisti, imprenditori, manager, finanzieri non sono più quelli di una volta?
In realtà, Tanzi, Cragnotti, Fiorani, Consorte, Ricucci, e tantissimi altri più o meno mimetizzati nelle pieghe  (o piaghe ?) del potere,  sono il frutto di una logica sistemica. Rappresentano un capitalismo in declino, entrato nella sua Terza Età. Ma non possiamo trascurare di aggiungere, buon ultimo ma solo per ricordarlo meglio, lo stesso Silvio Berlusconi, fallito come politico e statista, sull’orlo del fallimento come imprenditore.
La natura creativa del capitalismo, con  imprenditori di tal genere ha capovolto la sua tendenza per  diventare esclusivamente manageriale e speculativo.
Due guerre mondiali, l’abbraccio dello stato, la paura di nuovi crolli (come nel 1929) faranno il resto: il capitalista da  attivo e creativo, è  diventato parassita, verso lo Stato, verso il popolo, verso il mercato, trasformando l’economia di mercato in società di mercato, che  produce ciò che rende e non privilegia   ciò che serve.
L’evoluzione del capitalismo può essere riassunto in tre fasi;
·        la prima quando si affermano i capitani d’industria, le cui attività portano alla formazione delle grandi imprese;
·        la seconda  dove gli eredi dei grandi imprenditori, passano la mano a manager e proprietari azionisti;
·        la terza fase, quella speculativa (giunta in questi tempi a completa maturazione, generando la crisi in atto) dove i principale azionisti, non confidando nei manager, iniziano, a differenziare gli investimenti per distribuire i rischi .
Così la terza fase produce la figura, fin ora inesistente, del manager di portafoglio: venditori istituzionali,
intermediari, ma sempre più spesso, imprenditori privi di scrupoli alla Marchionne, animati solo dallo sfrenato desiderio di guadagno, non importa se lecito, illecito o anche criminale.
Il “gioco” finisce così per riguardare solo chi decide di offrire capitale e chi decide come investirlo; il lavoro diventa un optional che non fa guadagnare abbastanza.  E quel che conta per entrambi, non è più la bandiera o il carisma imprenditoriale, ma la redditività di un capitale investito, che diventa sempre più speculativo.
E’, perciò,  ovvio che in tale situazione proliferino avventurieri di ogni genere.
Come tutte le istituzioni sociali, anche il capitalismo è “mortale”, anche se a coloro che vi sono nati e vissuti, può apparire eterno. Non si capisce allora perché anche il capitalismo, come sistema politico, economico e sociale, non possa subire la stessa sorte di altre grandi istituzioni come l’Impero Romano, giudicato  altrettanto eterno dai suoi contemporanei.
Sembra un ritorno alle origini piratesche del capitalismo; non per nulla furono capitalisti d’assalto, ma anche pirati pericolosi, Drake e Morgan, che hanno, però, rischiato la pelle; personaggi come  Tanzi, Cragnotti, Fiorani, Consorte, Ricucci e Berlusconi, appaiono patetici, da capitalismo in disarmo.
In questa atmosfera da resa dei conti emerge il nuovo ruolo dei sindacati, non più arbitri di una lotta di classe, schierati dalla parte della classe lavoratrice, ma promotori del confronto tra i detentori del capitale-denaro e i detentori del capitale-lavoro.
Il capitalismo in fase terminale sta divorando ciò che resta del sistema politico ormai bloccato e privo di riferimenti: non esiste più destra, sinistra o centro, con la dialettica ideologica, ma uno stanco confronto tra le parti per discutere solo di tasse, spesa sociale, pensioni, trascurando l’impostazione squisitamente politica dell’indirizzo da dare al progresso e allo sviluppo.
Il ruolo dei sindacati sarà quello di riproporre la democrazia, diventata un fantasma che non incute paura, bensì noia, e viene, perciò, spesso rimosso da chi riesce a imporre la propria dimensione, dopo avere vanificato il senso stesso della democrazia, che sta nel libero esercizio, da parte del popolo elettore, della scelta dei propri rappresentanti, secondo coscienza e non per imposizione del potente di turno.
Se la democrazia è la “macchina che fabbrica cittadini”, nel senso che il voto rappresenta l’esercizio di una libera scelta attraverso cui l’elettore può “cambiare le cose”, allora la democrazia italiana non “fabbrica” più cittadini dal 1994, cioè dalla discesa in  campo politico di Berlusconi; situazione aggravata irrimediabilmente con la legge elettorale universalmente chiamata porcellum.
Nessuno meglio dell’apparato sindacale può farsi carico di un rilancio della democrazia ipnotizzata dalla promessa di facili guadagni e addomesticata da false visioni di chi ha tutto l’interesse di farci credere che siamo “una nazione di benestanti” che non deve preoccuparsi di nulla, neanche se si dovesse andare a elezioni anticipate; questo il succo delle affermazioni di Berlusconi che, ancora, crede di poter tornare nella stanza dei bottoni, trasformata nella “stanza dei bottini”.
La promozione del confronto: questo il nuovo ruolo dei sindacati, perché non c’è democrazia se il confronto fra le parti viene sostituito dallo scontro.
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Le facce della crisi
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I risultati ottenuti da Monti a Bruxelles, pur con i limiti che accompagnano sempre i “primi passi” ,  ci mostrano le variegate facce che ruotano intorno ai margini dell’attuale politica.
Al centro c’è Monti e il suo governo; ai margini cercano di emergere Berlusconi, da una parte,  i sindacati dall’altra, Casini che galleggia, ma non sa nuotare e Bersani che nuota , ma non riesce a galleggiare, tirato a fondo da Di Pietro e  Vendola che  lo tirano per i piedi e Grillo che lo spinge in giù dalla testa; attualmente resiste, ma non basta resistere, occorre decidere !
Berlusconi non ci sta a recitare il ruolo del perdente senza appello, così “si appella” al buonismo, al “volemose bbbbene” al bene supremo della patria,  ai bisogni delle fasce più deboli, e intravede il prosieguo del governo Monti fino alla scadenza della legislatura per proseguire poi con una grande coalizione PdL  e PD.
La falsità delle affermazioni berlusconiane inquina ogni buona intenzione; abbiamo capito benissimo che l’aspirazione del cavaliere era tutta puntata sul fallimento della missione ultima del presidente del consiglio, tant’è che ha dato disposizione ai suoi quotidiani di sparare ad alzo zero contro la Merkel per irritarne i comportamenti negando a Monti ogni possibile inizio di una nuova era.
I consiglieri dell’immagine del cavaliere hanno sbagliato tutto, perché non hanno capito le motivazioni dei risultati dei sondaggi, attribuendo al modo defilato di agire del cavaliere le ragioni di sfiducia al PdL, così gli hanno suggerito una nuova politica aggressiva, iniziando proprio dai suoi giornali, con i titoloni degni di un fogliaccio da bettola. Le critiche impietose che gli sono cascate addosso lo hanno convinto a fare una precipitosa  retromarcia, per cercare a farsi promotore di una particina, anche secondaria, nel successo di Monti, come quella comparsa che recita “Il pranzo è servito”.
Pur di rientrare nel circuito sarebbe disposto anche ad allearsi con i suoi nemici, visto che di amici gliene sono rimasti molto pochi, ma sbaglia ritenendo di poter continuare a fare la mosca nocchiera; il suo ruolo resta quello di una mosca, ma di quelle fastidiose e importune.
I sindacati temono di perdere il loro ruolo di difensori della classe operaia; se la loro difesa viene assunta direttamente dal governo, loro cosa ci starebbero  a fare ?  Così si arrampicano sugli specchi, minacciando il ricorso allo sciopero se dovessero essere toccati diritti acquisiti da parte della classe dei nuovi impoveriti della Pubblica Amministrazione. Anche i sindacati non hanno capito che per loro c’è il dovere di adeguarsi al nuovo ruolo che li attende, ove fossero capaci di gestirlo. Se la strada aperta da Monti è quella della solidarietà tra le classi e tra le nazioni, i sindacati dovrebbero esserne i notai, i tutori dei nuovi rapporti che si aprirebbero all’ombra di un diverso capitalismo diventato sociale, in nome della ripresa economica, della crescita, il tutto favorendo il lavoro, che torna ad essere la funzione prioritaria dell’uomo, con l’economia e la finanza al servizio dell’uomo e non viceversa.
Al momento attuale spazio operativo per Berlusconi, da una parte, e gli attuali sindacati ne rimane molto poco, e questo accade per mancanza dell’umiltà che faccia riconoscere gli errori commessi e i progetti lunatici elaborati.
Per quanto riguarda il PD c’è solo da attendere che arrivino le decisioni giuste, dilatate a quanti hanno veramente a cuore le sorti della nazione.
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Il capitalismo liberista salvi se stesso  (se ne è capace)
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Era prevedibile, anzi scontato: il capitalismo mondiale è entrato nella sua fase di crisi profonda.
Non si tratta di una delle periodiche crisi di crescita  come teorizzato da Schumpeter.
I risultati dell’ultimo vertice europeo, pur con i limiti che ancora permangono a causa delle ultime scorie di liberismo sostenute dalla Merkel, indicano una strada di solidarietà europea che potrebbe diventare viatico per indirizzare la politica europea  verso gi “Stati Uniti d’Europa”.
L’attuale crisi, accentrata nell’economia, in realtà è iniziata e si è affermata, innanzitutto, come crisi etica, dove l’avidità  del liberismo individualista ha scardinato ogni forma di possibile cooperazione solidale fra i popoli europei.
Il crollo di Berlusconi in Italia e di Sarkozy in Francia ha indicato la strada da seguire; per l’Italia ancora con talune difficoltà determinate dalla presenza di Berlusconi e del suo liberismo autoreferente (detiene, abusivamente, una maggioranza parlamentare numerica che non corrisponde alla volontà politica degli elettori), ma fallimentare (lo dimostrano le sue azienda quotate in borsa, incapaci anche seguire l’andamento della borsa quando registra aumenti, precipitando in uno stato pre-fallimentare).
Tale crisi, iniziata come crisi etica,  si dilatò negli USA, come crisi economica, con il governo Bush, scatenato a reperire quattrini per condurre, da petroliere, le sue assurde guerre del petrolio.
Il sistema per reperire denaro non poteva che contemplare lo sfruttamento al massimo del potenziale del mercato, attraverso la mobilitazione dei media, per spingere al consumo, anche ipotecandosi la casa, pur di potere seguire la moda imposta del superfluo.
Era questione di tempo, ma i nodi dovevano venire al pettine, e in tutto l’occidente, nonché in quelle nazioni che si sono lasciate irretire dal consumismo sfrenato.
L’Italia è stata la nazione più disgraziatamente coinvolta, perché ha avuto la maledizione di avere un presidente del consiglio impelagato fino al collo nel conflitto di interessi, e, contemporaneamente, convinto promotore di un liberismo fuori dal controllo dello Stato,  inadeguato ad inserirsi nella dinamica di una nazione che era riuscita ad emergere dallo sfacelo fascista con la forza del lavoro, della produzione, con il sostegno delle classi socialmente più deboli, ma messe nella condizione di lavorare e produrre.
Con l’arrivo di questo speculatore  le condizioni si capovolsero; emerse la finanza creativa, la protezione delle classi che avrebbero dovuto pilotare la produzione, attraverso condoni fiscali a ripetizione, favorendo (e giustificando) l’evasione fiscale, quindi la penalizzazione del lavoro mortificato dal precariato, nonché identificato come merce da collocare nel mercato del lavoro secondo le regole del mercato.
Ora si proclama la lotta all’evasione; lo ha proclamato anche Berlusconi, magari sperando di essere creduto; ma  durante il governo Prodi, in una riunione dell’Assindustria ebbe a dire che una fiscalizzazione oltre il 40% giustifica l’evasione; questo perché prometteva riduzione di tasse e benefici per le fasce più bisognose; non è accaduto nulla di ciò,anzi le tasse aumentarono (ma non più indicate come   "le mani nelle tasche degli italiani" , ma  SACRIFICI  NECESSARI").
Dopo  l’esaltazione della classe capitalista, degli imprenditori illuminati, delle cordate eroiche, ora, precipitati sull ’orlo del fallimento, si è dovuto far ricorso al governo dei tecnici e a misure pesantissime, chiamando  a raccolta la piccola e media borghesia del lavoro perché venga  a soccorrere gli sconfitti che hanno provocato l’acuirsi della crisi, sia etica che economica.
Salvare poi questo capitalismo, senza modificarne la struttura interna in capitalismo sociale, significherebbe salvare il boia che ha pronta la corda per impiccare la piccola e media borghesia che vive di lavoro e crede nella democrazia; questo perché il capitalismo non soltanto non ha bisogno della democrazia (pur se è stata la democrazia a permetterne l’affermazione), ma la combatte in nome di un regime autoritario che tuteli le condizioni di privilegio che ha generato  (l’arroganza di Marchionne ne è la documentata dimostrazione).
Sta qui il successo odierno di Monti, del quale il berlusconismo liberista è agli antipodi: viene oggi indicata una strada nuova, meno comoda ma più efficace per raggiungere quella equità sociale in grado di avvicinare popoli e nazioni, in nome della solidarietà umana.
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Meriti e demeriti
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Essere escluso dal circuito di legittima soddisfazione per il risultato conseguito  in UE facendo capitolare alcuni punti fermi della Merkel non andava giù a cavaliere, che si sente ogni giorno sempre più disarcionato, isolato, perdente. Così ci ha pensato Bonaiuti a fare da megafono alle panzane cavalleresche, affermando che il successo di Monti era stato propiziato da Berlusconi che aveva offerto la sua autorevolezza internazionale, nonché il suo appoggio al governo Monti.
Deve essere stato quel titolone su “Il Giornale” di sua proprietà: “Ciao, ciao culona” ad atterrire la Merkel, facendogli intravedere in Monti il messaggero personale di cotanta affermazione.
Il parlare di Bonaiuti, anche nel tono sommesso, come se non volesse sovrastare il silenzio eloquente del suo signore e padrone, mi ricorda un breve dialogo tra Diogene e Aristippo:
“Stava il filosofo Diogene mangiando lenticchie quando lo vide il filosofo Aristippo che viveva agiatamente perché adulava il re. E gli disse Aristippo:
- Se tu imparassi ad essere sottomesso al re, non dovresti mangiare quella schifezza di lenticchie.
Diogene gli rispose:
- Se tu avessi imparato a mangiare lenticchie non dovresti adulare il re.
Ma anche Prandelli deve tutto a Berlusconi; la sera precedente la partita Germania-Italia in cavaliere gli ha dato dei suggerimenti tattici dei quali il neofita mister della nazionale ha fatto tesoro.
E così che i meriti gli appartengono e i demeriti sono la conseguenza dei soliti comunisti, dei magistrati e di quegli elettori, “coglioni” per definizione, che non hanno capito la “nouvelle grandeur” della quale Berlusconi è la rappresentazione vivente.
Ma non sarebbe l’ora di riaprire i manicomi ?
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Piaggeria e cafonaggine
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E’ stata una serata di festa quella successiva alla vittoria della nazionale italiana contro la Germania, ridimensionata stamane dalla sortita dei due quotidiani berlusconiani: Libero di Belpietro e Il Giornale di Sallusti; accludo copia del frontespizio delle due prime pagine che si qualificano nella dimensione che meritano, una dimensione che si chiama piaggeria e cafonaggine.
Piaggeria perché Il Giornale del qaule Berlusconi è proprietario, anche se intestato al fratello “berluschino” per evitare le grane, ha ripreso un epiteto indirizzato alla Merkel del quale l’ex premier può vantare l’invenzione, anche se nell’originale berlusconiano l’epiteto riferito proseguiva con altro epiteto identificativo della “signorilità” del cavaliere.
Lo scopo risulta evidente: irritare la Merkel proprio nel momento più delicato degli incontri al vertice dove si discute delle sorti dell’Europa, e proseguire nell’itineraio ormai scelto del “tanto peggio tanto meglio”.
Certamente non avrà fatto piacere al presidente Monti esibile il leader di uno dei partiti che sostengono il suo governo, esprimersi come si sono espressi io suoi giornali.
Dirà che “non ne sapeva nulla”, come se Sallusti potesse osare di stampare un simile titolo senza avere chiesto 2.000 volte il permesso. Anche Libero fa la sua parte; si tratta del medesimo quotidiano che, durante il pieno della baruffa tra Berlusconi e la moglie Veronica, pubblicò la foto di Veronica in costume adamitico, trascurando, pur di realizzare la sua vendetta, che si trattava pur sempre della madre dei suoi figli (anche se non quelli preferiti).
I due quotidiani vagano tra  grugniti e  belati per spianare la strada al loro padrone per la rinascita politica e la riconquista di consensi; scegliendo la strada maestra della cafonaggine, a riprova   della vera natura del nume ispiratore. Vorrei proprio vederlo, adesso, seduto tra cancellieri, capi di Stato e capi di governo europei, intento a raccontare le sue irritanti barzellette, gabellando i sorrisi ironici come segno di consenso.
Il solo sorriso che gli si può riconoscere di avere stimolato  è stato quello della Merkel e Sarcozy  che segnò l’inizio della fine di Berlusconi, una fine che non prevede  rinascite del tipo Fenice; questi due titoli odierni sono la pietra tombale di ogni sua residua  speranza.
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Ai tifosi che inciteranno "FORZA ITALIA"
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A tutti coloro che sentiranno, tra pochi minuti, il piacere di urlare "FORZA ITALIA": vi ricordo che siete stati depredati anche di questa piccola soddisfazione che, però, genera una grande gioia.
Vi ha rapinato il cavaliere per illudersi che l'incitamento alla nazionale di calcio fosse un segno di approvazione per il suo partito di cartapesta.
Non so se vi sarà facile, ma sarebbe certamente opportuno incitare "FORZA NAZIONALE", sarebbe più corretto e scongiurerebbe fraintendimenti; tra l’altro il cavaliere porta una iella nera, ne sanno qualcosa i suoi decantati amici Ben Alì, Mubarak Gheddafi e Bossi.
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Uno Stato biscazziere
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Roma capitale del gioco d'azzardo
spesa raddoppiata in 7 anni
(Il Messaggero del 28 giugno 2012)
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Lettera aperta al Presidente del Consiglio Sen. Prof. Mario Monti
Il gioco d'azzardo, solo nelle apparenze, genera incassi allo Stato, ma in realtà si tratta di un inganno.
Le somme giocate generano un volume di affari di oltre 80 miliardi di euro, cifra sottratta al circuito dei consumi sui quali lo Stato incasserebbe l'iva  (il 20% di 80 miliardi, pari a 16 miliardi di euro) mentre sul fatturato del gioco d'azzardo non arriva nemmeno a 4 miliardi di fiscalizzazione, in quanto l'evasione viene legalizzata attraverso il riconoscimento di mini-premi che non vengono incassati, bensì ri-giocati.
Non per nulla l'ex presidente del consiglio ha concesso la licenza del gioco d'azzardo alla Mondadori (della quale è proprietario), nella speranza di salvare l'azienda dal fallimento che si profila all'orizzonte, con una perdita, dal massimo del 2011, pari al 72%.
E' ormai accertato che i giocatori più accaniti appartengono alle classi più disagiate, e sono, inizialmente, spinti dalla speranza del colpo grosso; poi subentra l'abitudine che diventa vizio, con grande nocumento per le famiglie, cui viene a mancare il necessario per provvedere ai bisogni più urgenti..
Lo Stato biscazziere non poteva che essere parto della fantasia di Berlusconi, avallata dal desaparecido 3monti, ai quali non ha mai  interessato il benessere della nazione ma solo il reperimento di fondi da tenere a disposizione per favorire le truffe, le rapine che stanno venendo a galla, ma delle quali si parla sempre più sotto tono, in nome della collaudata omertà.
Il presidente del consiglio Monti dovrebbe frugare negli interessi dei concessionari dei giochi d’azzardo per reperire i fondi “salva Italia”, lasciando un po’  in pace gli sfruttati di sempre.  Il gioco d’azzardo è la peggiore speculazione che poteva essere messa in atto: non genera lavoro, non produce occupazione, ma depaupera coloro i quali cadono nel trabocchetto delle ipotetiche vincite, arricchendo le mafie, la malavita organizzata, gli speculatori totalmente privi di ogni scrupolo che si ingrassano vergognosamente sulla pelle dei più deboli e dei più fragili, ormai senza alcuna protezione.
Esiste in Italia un partito politico di gente perbene che si faccia promotore di una campagna di informazione contro tale truffa statale, fino ad arrivare al bando e alla collocazione fuori-legge di tale forma di sfruttamento ???

{ Pubblicato il: 01.07.2012 }




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