L’ombra nefasta del cavaliere
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Spending review, colpiti ospedali e statali
(Il Messaggero del 7 luglio 2012)
I precedenti e disastrosi governi Berlusconi condizionano ancora oggi le scelte doverose di austerità, per tamponare i disastri della incompetenza, degli interessi privati e dei conflitti tra bene pubblico e bene privato.
Così arriva a rischio la tutela della salute, viene condizionato l'esercizio della giustizia, viene menomato il diritto allo studio, il tutto per salvaguardare interessi non proprio limpidi di Berlusconi, che minaccia di far cadere il governo ove dovessero essere toccati i suoi interessi.
L'acquisto, sia pure leggermente ridotto, degli F35, diventa prioritario a fronte di altre ipotesi che pesano sul groppone della piccola e media borghesia.
Una democrazia privata della borghesia tende verso regimi autoritari, per poi esplodere in scontri violenti.
· Ancora non si deve parlare di patrimoniale.
· Ancora si tarda e si tentenna sulle frequenze TV che il cavaliere esige a titolo gratuito nella speranza di salvare, a carico dei contribuenti, la Mediaset che giace sul tetto di morte di un fallimento ormai prossimo.
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L'Italia è ancora violentata da quest'avventuriero, diventato presidente del consiglio per tutelare i suoi interessi che già, prima della sua comparsa in politica, erano già asfitticamente in stato pre-fallimentare.
Per quanto riguarda l'inutile acquisto dei caccia bombardieri, siamo certi che le provvigioni legate a tale acquisto sono già state incassate dai politici coinvolti, per questo non si può tornare indietro.
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La paura e la riconoscenza
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La Diaz e le condanne alla polizia
Manganelli: «E' il momento delle scuse»
(Il Messaggero del 6 luglio 2012)
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Non bastano le scuse per coprire menzogne e reticenze; qui si è trattato di un attentato alla democrazia, si è trattato di una sospensione autorizzata dei diritti costituzionali-.
Ma autorizzata da chi ?
Le scuse di Manganelli cercano di fornire una risposta a questa domanda, ma si tratta di una risposta di comodo, che vorrebbe stendere un velo pietoso su una verità che emerge agli occhi dell'intero popolo italiano.
Rinnegando la verità si lascia sopravvivere anche l'ipotesi di una eventuale reiterazione del metodo genovese, stante l'accanimento che viene effettuato nel tentativo di riconquistare un potere, ormai, definitivamente negato dal popolo sovrano. Solo la verità potrebbe esorcizzare il pericolo di una follia individuale che potrebbe trasformarsi in una follia collettiva; ma la verità fa paura, segno della gravità del pericolo che incombe.
C'è anche la paura, confusa con la riconoscenza, di perdere privilegi concessi: Manganelli risulta essere il più stra-pagato capo della polizia del mondo, con uno stipendio annuo di 621.253,75 euro.
V. http://www.corriere.it/economia/12_febbraio_23/stipendi-manager-pubblici_076bad02-5e29-11e1-ab06-25238cfc8ce3.shtml
Lu pisce fete de la testa
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Diaz, condannati i vertici della polizia
Prescritti i reati dei celerini
(Il Messaggero del 5 luglio 2012)
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Una condanna formale che non condanna nessuno, ma offende l'intelligenza degli italiani.
L'immancabile prescrizione copre tutto, e copre specialmente il dovere dei condannati di fornire la verità sui fatti di Genova.
La verità è nelle coscienze di tutti gli italiani, ma viene coperta per viltà, per connivenza, per una particolare associazione omertosa che premia silenzi colpevoli.
Chi ha ordinato ai vertici della polizia, che a loro volta hanno trasmesso gli ordini ricevuti ai celerini ?
Chi aveva interesse di mostrarsi "con il pugno di ferro" per dare agli ospiti sgomenti, una immagine di decisionismo, a copertura delle inadeguate capacità politiche ?
Così la verità viene offuscata dalla viltà e dalla connivenza, anche se è la viltà a emergere in tutta la sua dimensione; la verità dovrebbe coniugarsi con il coraggio, mentre assistiamo alla viltà che sostiene la menzogna.
E' l'immagine deprimente di questa italietta delle prescrizioni, degli infingimenti, delle menzogne, delle affermazioni subito rinnegate.
Non possiamo meravigliarci di nulla, perchè l'esempio miserabile proviene dall'alto, o meglio dal basso, visto che per accedere al pianeta della politica è stato usato un itinerario identificato in "discesa in politica.
La saggezza siciliana insegna che "lu pisce fete de la testa"
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Lettera aperta al Presidente del Consiglio
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Egr. sig. Presidente prof. Mario Monti,
poiché la pazienza ha un limite mi rivolgo alla sua attenzione perché possa adoperarsi per rendere giustizia su un fatto eclatante, del quale nessuno osa parlare, tanto meno gli attuali parlamentari nella grande maggioranza, ben consapevoli dell’esistenza di dossiers che li riguardano singolarmente, che verrebbero fuori, secondo il metodo Boffo, qualora si azzardassero a porsi contro gli interessi del cavaliere.
In questo momento Lei starà pensando quale sarebbe questo fatto, selezionato fra mille altri fatti meritevoli di attenzione.
Il cavaliere ha ristrutturato la villa in Sardegna, ampliando, utilizzando terreni demaniali, sforando le normative esistenti e, quando la magistratura cercò di appurare ciò che di illecito emergeva, ecco che vennero messi alla porta, essendo stato elevato il segreto di Stato intorno a tutta quella proprietà.
Segreto di Stato anche per il porticciolo, costruito su terreni del demanio e, quindi proprietà del popolo italiano.
Al danno la beffa, trattandosi di segreto di Stato i costi relativi vennero attribuiti al popolo dei contribuenti.
Ora ci ritroviamo con un privato cittadino, sia pure parlamentare come 1.000 altri, proprietario di Segreti di Stato, pagati dai contribuenti.
Poniamo che volesse vendere quella enorme proprietà, venderebbe anche i segreti di Stato che coprono i suoi abusi ?
Un illecito arricchimento che grida giustizia, tra le mille operazioni ingiuste perpetrate dal cavaliere.
Non sarebbe doveroso (dico e sottolineo DOVEROSO) requisire gli oggetti degli abusi e restituirlo ai legittimi proprietari, cioè i contribuenti italiani ?
Il porticciolo turistico potrebbe tornare utile a tutta la fascia di pertinenza, ovviamente gravato dal diritto di passaggio, con tanto di servitù, per consentire a tutti di poterne fruire, visto che lo abbiamo pagato.
Certamente lei non era informato di questo ulteriore abuso del cavaliere, ma adesso è informato ed ha il dovere di agire, altrimenti rischierebbe di cadere in una compiacente omissione in atti di ufficio.
Mi creda sig. presidente, il popolo italiano non ne può più di subire angherie da parte di questo personaggio, nonché dei suoi lacchè che lo difendono solo per mantenere quanto resta di quell’abuso di potere che ha loro consentito di lucrare utilizzando i mezzi più sporchi.
Da una parte bisognerebbe cominciare, visto che delle aste per le frequenze TV non se ne parla, visto che della patrimoniale non si deve parlare, cosa ne pensa di cominciare con i segreti di Stato su Villa La certosa, anche utilizzando le normative che permettono la confisca dei beni dei mafiosi ?
Il metodo usato è sovrapponibile.
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Ho capito: nel PD non è stato ancora trovato il bosone di Higgs
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Non sono i nomi che sono mancati, al contrario ce ne sono stati fin troppi, tutti dedicati ad un centro-sinistra, che non ha ancora trovato una identità ben decisa, rimanendo nell’anticamera sia del centro che della sinistra. La composizione variegata è rimasta tale, in quanto i singoli componenti non dimostrano alcuna volontà di unione, identificando un denominatore comune in grado di fare da collettore delle idee.
Sembra che in natura esista un elemento in grado di far si che tanti singoli componenti vengano attivati e formino così una massa; si tratterebbe del bosone di Higgs, presente tanto nell’infinitamente grande come le galassie o come l’autoesaltazione di Berlusconi, quando nell’infinitamente piccolo; mancando il bosone allora quelle componenti rimangono inerti, ferme nella loro condizione di singolo componente, che da solo non serve a nulla.
L’impressione attuale e che il frutto della ricerca possa fornire ulteriori chiarimenti sulla composizione della materia, ma si è dovuto ricorrere ad una “particella di Dio”; non così accade nel microcosmo del PD, le cui singole componenti inerti, rimangono tali per l’assenza del bosone, che, in questo caso, non sarebbe nemmeno una “particella di Dio” ma basterebbe che fosse una “particella di buona volontà”.
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La pangermanizzazione della Religione
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Con la nomina del nuovo capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, monsignor Gerard Mueller, fino ad oggi vescovo di Ratisbona, Benedetto XVI ha completato il rimpasto in curia.
(Il Messaggero del 3 luglio 2012)
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La “grandi manovre” in atto in Vaticano forniscono l’’impressione di una pan germanizzazione della religione, assoggettando la Fede. Tutti i rimpasti decretati in curia hanno un solo ed unico coordinamento nella chiusura ermetica verso tutte le conquiste del Concilio Vaticano II°, con particolare riferimento alla Constitutio Conciliaris Gaudium et Spes.
Con l’ultima nomina (vera manovra di accerchiamento ) del tedesco monsignor Gerard Mueller, si perfeziona l’asse Vaticano-Berlino, già ben funzionante con le segrete attività dello IOR, che ha gestito fondi riservati azzerando i conti giornalmente e riversando le somme (in milioni di euro) presso la filiale della Banca Morgan di Berlino, come riferisce Gotti Tedeschi, defenestrato dal segretario di Stato mons. Bertone, per aver chiesto chiarezza.
Le risoluzione del Concilio Vaticano II vengono, ogni giorno, non solo disattese, ma contraddette. Nella Constitutio Conciliaris "Gaudium et Spes" c'è una traccia indelebile che ha ispirato i pontefici successivi...almeno fino a Giovanni Paolo II....ma poi...!!!
La “Gaudium et Spes”, specie nella 2° parte, cap. 3°, affronta il problema sociale sotto un profilo più ampio che non quello dato dalle precedenti Encicliche sociali, che volgevano lo sguardo ai problemi delle singole nazioni. La Chiesa comprese bene come il concetto di "sviluppo" si sia dilatato oltre le frontiere dei singoli Stati, diventando un elemento fondamentale dell’economia. Difficilmente la Chiesa è riuscita ad anticipare l’evoluzione dei tempi, ha sempre analizzato tale evoluzione per dire la Sua parola: la Rerum Novarum fu la risposta della Chiesa al “Capitale” di Carlo Marx dopo 50 anni ! Con la “Gaudium et Spes”, specie a rivederla alla luce degli accadimenti attuali dopo 60 anni dalla promulgazione, ci rendiamo conto come la Chiesa del Concilio Vaticano II°, in questo caso, abbia anticipato i tempi, prevedendo ciò che sarebbe accaduto. Si tratta di un intervento prettamente “politico”, cioè del comportamento che l’uomo assume di fronte a determinati eventi, in questo caso l’etica ha la sua parola da dire, per questo la Chiesa intervenne. Non si guardò più all’aiuto che i paesi ricchi devono elargire a quelli poveri, ma essa trasformò quest’intervento in problema politico e di politica planetaria. Al centro del problema si pose lo sforzo che tutti devono compiere, a cominciare dai paesi progrediti, per regolare le leggi dell’economia e orientare le singole politiche sociali dei singoli paesi nel quadro generale di una economia del benessere globale. Venne anche indicata la via da seguire, sottolineando come l’oggetto di una sana politica economica non deve limitarsi alla sola moltiplicazione dei beni, né al profitto, né alla potenza, bensì deve porsi al servizio dell’uomo, considerato nella gerarchia delle sue necessità materiali, spirituali e religiose: “d’ogni uomo, d’ogni gruppo di uomini, senza distinzioni di razza, di continente, di cultura o di religione”. (Gaudium et Spes” parte II, cap. III). Altro che “radici cristiane dell’Europa !
Così il Concilio insegnò che lo sviluppo non poteva essere abbandonato né alla discrezione dei “grandi interessi”, né all’arbitrio degli Stati più sviluppati, né “all’egemonia delle grandi Potenze né agli automatismi dell’economia”.
Sembra leggere la condanna anticipata della globalizzazione dei mercati, che oggi viene presentata come una naturale ed automatica evoluzione dell’economia. Per la prima volta, molto tempo prima della fine della guerra fredda con la divisione del mondo in Est e Ovest; molto tempo prima della nuova divisione del mondo in Nord e Sud, in paesi ricchi e in paesi poveri, in nazioni produttrici e nazioni consumatrici, in popoli creditori e popoli debitori, si entrò nel vivo della problematica della cooperazione internazionale. Emerge anche una nuova visuale: nel secolo XIX si passò dal “paternalismo” alla “giustizia sociale”, con la Gaudium et Spes si impone la costruzione di una “comunità mondiale”, antitesi perfetta di quello che, invece, è accaduto con la promozione della globalizzazione dei mercati. La “comunità mondiale” non escluderebbe l’aiuto che il più forte deve dare al più debole, ma tale aiuto, senza tornare a cadere nel “paternalismo” ormai superato, deve avvenire al di sopra delle disparità di fatto, nel riconoscimento di una eguaglianza fondamentale di diritto. Ritengo che non si possa negare la lineare continuità del pensiero sociale della Chiesa, pur nel costante adeguamento alle situazioni diverse dei tempi e della società. Leone XIII fece il primo passo, in risposta al marxismo che stava già guadagnando proseliti; si rivolse ad una società statica e individualistica, fondamentalmente ostile al diritto di associazionismo, e rivendicò, per primo, il diritto dei corpi intermedi alla propria esistenza e alla loro autonomia in seno alla comunità. Pio XI e Pio XII si ritrovarono in una società in movimento, minata dalla contrapposizione di gruppi già legalmente riconosciuti, ma ostili fra di loro; questa realtà li portò ad insistere sul concetto di un ordine corporativo in grado di unificare armonicamente in un solo corpo sociale gli interessi più diversi. Giovanni XXIII aprì il Concilio su un mondo in pieno processo di socializzazione, esteso in ogni campo dell’attività umana. Questa evoluzione spiega il tramonto dell’idea del corporativismo, sostituita con l’idea del cooperativismo; l’internazionalizzazione del cooperativismo non potrà che diventare “integrazione fra i popoli”, in alternativa e in contrasto con la globalizzazione dei mercati promossa e imposta, anche con la forza, dalla minoranza opulenta del mondo occidentale alla maggioranza bisognosa del resto del pianeta. La globalizzazione guarda ai mercati e divide il mondo in nazioni produttrici e nazioni consumatrici; è un ritorno al materialismo, quello stesso materialismo che il sistema liberal-democratico ha sempre combattuto; il cooperativismo torna ad appropriarsi della centralità dell’uomo, ponendo l’economia al servizio dell’uomo e di tutti gli uomini, solo così potrà realizzarsi l’etica economica. Immutato rimane l’invito, da parte della sociologia del Nuovo Umanesimo, alla partecipazione di tutti nella edificazione della società; sostanzialmente identico resterà il modello teorico a cui si ispira, quello di un insieme pluralistico di istituzioni a natura privatistica, tra loro in posizione di parità giuridica, ma regolate dal diritto pubblico in quegli aspetti che toccano direttamente il bene comune; ma offre una versione più aderente alla nuova realtà, sempre in evoluzione, più moderna e “socializzata”. (cfr.37° Settimana sociale del Canada, Syndacalisme et organisation professionelle, Atti Ufficiali, Trois-Rivières 1960, pag. 12).
Cosa c’entra Benedetto XVI ?
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La storia si ripete
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Donati e Roma sono indagati in concorso con don Luigi Verzè, il fondatore del gruppo morto lo scorso dicembre, per un incendio che si è verificato nel 2006 del quadro elettrico che illuminava gli impianti sportivi vicini al San Raffaele.
Un complesso che sorgeva su un terreno che l'allora presidente dell'istituto di ricovero e cura dell' istituto scientifico voleva acquisire ma che uno dei proprietari dell'area non voleva cedere. Per questo gli inquirenti hanno accertato che venne organizzato anche un altro incendio a scopo estorsivo.
(Il Messaggero del 3 luglio 2012)
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L'incendio verificato nel 2006 del quadro elettrico che illuminava gli impianti sportivi vicini al San Raffaele, per ottenerne la cessione, sembra il copia-incolla con la truffa della villa di Arcore perpetrato con la complicità di Cesare Previti, ai danni di una ragazzina rimasta tragicamente orfana; sui terreni acquistati con la truffa, Berlusconi realizzò Milano 2.
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Il capitalismo e la crisi o la crisi del capitalismo ?
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I difensori del liberismo tentano una interpretazione fantasiosa del rapporto tra capitalismo e la crisi, riproponendo le teorie di Schumpeter, come se l’alternarsi delle varie crisi nel capitalismo non fosse altro che il superamento di condizioni ormai superate, per promuovere un nuovo progresso; interpretazione credibile, ma non eterna, perché il tipo di progresso del capitalismo liberista non può durare all’infinito, perché arriva la saturazione che travolge lo spirito stesso dell’economia capitalista.
L’esasperazione del capitalismo liberista ha trasformato l’economia di mercato dilatandolo nella società di mercato, dove tutto si compra e si vende, secondo le regole della domanda e dell’offerta; la crisi economica, iniziata come crisi etica, si conferma crisi etica venendo definitivamente annientati i valori umani, sostituiti dal prezzo attribuito a tutto.
Anche il pensiero di Schumpeter andrebbe analizzato alla luce dei fatti nuovi che hanno determinato l’attuale crisi che non è più di crescita ma di interpretazione della realtà. Una crisi, quella attuale, che oltre l’economia, oltre la politica, coinvolge anche l’etica; ce lo dimostra il ritmo assillante delle corruzioni, delle appropriazioni indebite, dei traffici illeciti, dei falsi in bilancio, delle evasioni fiscali, dei capitali all’estero; tutti eventi che hanno trovato, nel governo che ha promosso e appoggiato il liberismo in Italia, il sostegno e leggi su misura, con condoni, sanatorie e scudi fiscali.
Nel 1883 moriva Marx e nasceva Schumpeter, l’economista teorico massimo del capitalismo; questi rispose in anticipo alle accuse che sarebbero state rivolte, periodicamente, al capitalismo e cioè di essere in crisi . Le previsioni di Marx, circa la morte del capitalismo, che sarebbe inevitabilmente avvenuta, furono contraddette dalla storia; fu il sistema economico socialista a morire quando, superati gli schemi della contrapposizione ideologica democrazia/comunismo, si passò alla contrapposizione economica capitalismo/sistema socialista, che provocò la caduta del muro di Berlino, e con esso la fine della guerra fredda, il crollo dell’URSS e la restaurazione dei paesi ex satelliti.
Schumpeter non solo non negò che periodicamente il capitalismo sarebbe caduto in crisi, ma identificò lo stesso capitalismo con la crisi: il capitalismo è la crisi, se periodicamente non si verificasse tale situazione si fermerebbe il progresso. I processi di concorrenza, di innovazione continua, distruggono e creano allo stesso tempo, sconvolgono ciò che c’era e promuovono il cambiamento; il sistema capitalistico stimola il momento di crisi per modificare l’assetto precedente in una spirale di continua evoluzione; continua ma non eterna; è questa l’interpretazione liberale del capitalismo che serve il progresso. Con l’avvento del liberismo del “tutto è mercato” i termini vengono capovolti ed è il liberismo che si serve del progresso.
In questo processo evolutivo è estremamente importante essere alla testa di tale evoluzione, cioè essere i piloti del circuito crisi-rinnovamento-crisi , in tal modo tutto il sistema capitalistico deve adeguarsi o soccombere; non c’è spazio per i Paesi in via di sviluppo che non possono seguire tale genere di modificazioni con i ritmi imposti da chi tali modificazioni programma e promuove.
Il detentore della tecnologia avanzata, che promuove le modificazioni, diventa il regista unico di riferimento.
Il dilatarsi dell’uso della robotica nelle officine ha determinato una espansione produttiva senza precedenti che ha necessitato di sempre nuovi mercati ai quali imporre i propri prodotti: è la globalizzazione dei mercati.
Tutto ciò ha generato anche la delocalizzazione produttiva verso quei paesi che, per mancanza di tecnologie avanzate, sono rimaste indietro con la evoluzione che è stata imposta ai tempi tecnici dal capitalismo; la delocalizzazione produttiva è l’aspetto più disumanizzante, perché coincide con un nuovo e più aspro sfruttamento della manodopera a basso costo e del lavoro minorile, senza che venga lasciato nulla come valore aggiunto ai prodotti realizzati. Si tratta solamente di sfruttamento, quello imposto dalla globalizzazione, in alternativa all’integrazione fra i popoli.
I Paesi del terzo mondo, sottosviluppati e alle soglie dell’indigenza assoluta, cos’altro possono offrire all’opulento mondo occidentale se non manodopera a basso costo ?
La forbice economica tra la minoranza delle nazioni ricche e la maggioranza delle nazioni povere è destinata a dilatarsi sempre più. Il panorama che ci viene offerto è quello di un mondo di Paesi attenti alle innovazioni tecnologiche e Paesi impossibilitati a seguire il passo, destinati, quindi, a regredire sempre più e a subire quello sfruttamento che, almeno, consente loro di poter disporre dell’indispensabile per sopravvivere.
La storia, così, divide il mondo in popolo dei vinti e popolo dei vincitori ,produttori e consumatori, creditori e debitori. Le eccezioni rappresentate dalla Cina, dall’India, dalla Corea e dal Brasile hanno scardinato i progetti del pianeta Occidentale, determinando un evento non ancora ben analizzato di miscellanee politiche apparentemente opposte, come la Cina che ha un governo comunista e una economia capitalista, con un GAP, nella popolazione, che non è economico, bensì politico.
All’Occidente-Europa si presentano due sole ipotesi di lavoro o due possibili panorami:
1) associarsi allo sviluppo industriale e inseguire l’evoluzione della tecnologia,
2) creare uno sviluppo autonomo dissociato dalla forsennata evoluzione dell’Occidente-America e realizzare in politica estera/interna una equivicinanza alternativa al capitalismo monopolistico sia con la nazione capofila della tecnologia avanzata che con tutti gli altri Paesi in via di sviluppo e/o sottosviluppati.
Nel primo caso l’Europa sarebbe destinata a diventare succube degli USA e della sua corsa al tecnologicamente avanzato; finirebbe con il pagare il conto del susseguirsi delle crisi che lo sviluppo tecnologico crea per avanzare di livello.
Nel secondo caso si tratterebbe di realizzare una nuova politica di dissociazione e effettuare una scelta di equivicinanza ai nuovi poli che sono stati creati, Occidente e mondo arabo-islamico e le nazioni emergenti citate,differenziando alla base l’Occidente-Europa dall’Occidente-America.
L’integrazione fra i popoli può rendere più responsabili le nazioni più avanzate nei confronti delle nazioni sottosviluppate o in via di sviluppo, secondo l’itinerario del “crescere insieme”; è il concetto dell’umanesimo delle responsabilità descritto dalla Gaudium et Spes con una attualità che si rinnova costantemente; è la globalizzazione delle responsabilità, la globalizzazione dell’economia, la globalizzazione dello sviluppo equilibrato, che contrasta la globalizzazione dei mercati che mira ad assoggettare intere popolazioni e intere culture alla logica dell’interesse materiale del più forte.
Lo sviluppo dell’uomo non è più il problema prioritario della società civile che ha modificato anche la sua sociologia e la sua antropologia, perché ha favorito l’affermazione della nuova sociologia della tecnica , contro la sociologia del Nuovo Umanesimo . Il problema economico diventa così il problema esistenziale,diventa un problema antropologico; occorre una scelta di fondo per riprogrammare i termini dello sviluppo globale.
* Continuare sulla scia del progresso della tecnica, mortificando la centralità dell’uomo; in questo caso il primato americano soffocherà ogni tentativo di sviluppo equilibrato dell’intero pianeta.
* Cambiare totalmente la via fin qui percorsa e indirizzarsi verso scelte di utilità per dilatare la fruizione del necessario a tutti i popoli della terra (come sembra che Obama voglia fare, contrastato dai repubblicani, ancora legati alle follie di Bush), specie a quelli che, oggi, mancano dell’indispensabile. Il tema è quello di riprogrammare le mete a misura di uomo, per far cresce l’umanità su fondamenta comuni e contenere le disparità che dividono l’Occidente opulento e il resto del mondo.
La politica e l’economia diventerebbero, così, antropologia e sociologia, naturalmente intrise di umanesimo; altrimenti sarà la sociologia a trasformarsi in un mero calcolo di maggior utile attraverso lo sfruttamento, fino all’implosione che stiamo vivendo, che non ha ancora completato la sua corsa.
{ Pubblicato il: 07.07.2012 }