Provate a immaginare Mussolini che tiene a un’assemblea di neolaureati un discorso come quello pronunciato ieri da Berlusconi. Il duce era l’archetipo dei demagoghi populisti, ne conosceva tutte le astuzie oratorie, non rinunciava ad apparire rozzo e brutale, quando questo atteggiamento era funzionale alla sua politica, ma la volgarità del barzellettiere da gita dopolavoristica gli era estranea. Nei suoi atteggiamenti, spesso tronfi e retorici, c’era una qualche tragica e distorta solennità. L’uomo di Arcore, invece, è puro avanspettacolo, ma non quello di alcuni grandi comici come Totò e Macario; il suo è l’avanspettacolo del guitto che si crede divertente e non si accorge di annoiare e imbarazzare il suo pubblico. La domanda che molti di noi si pongono, senza trovare una risposta plausibile, continua ad essere questa : come ha potuto il nostro paese affidarsi a un uomo simile? Montanelli diceva che l’esperienza del governo berlusconiano avrebbe aperto gli occhi agli italiani, li avrebbe svegliati dall’incantamento. Vogliamo, dobbiamo credergli, sperando che la volgarità del grande imbonitore non sia lo specchio più veritiero dell’Italia di oggi.

{ Pubblicato il: 09.04.2011 }