1.
Nel 1944 mentre la guerra stava volgendo al termine con la vittoria
degli alleati, i delegati di 44 nazioni si riunirono a Bretton Woods,
località del New Hampshire (Usa), per ridisegnare il sistema monetario
internazionale tenendo conto della nuova realtà. Sul punto principale
si scontrarono due tesi. Quella di J. M. Keynes, che faceva parte
della delegazione britannica, il quale sosteneva la necessità che gli
scambi internazionali venissero regolati tramite nessuna moneta
realmente esistente bensì tramite una moneta convenzionale, il bancor,
frutto della media delle principali valute (oggi sarebbero dollaro,
euro, Yen, sterlina e, se fosse più “trasparente”, yuan). L’altra
posizione era quella degli Usa i quali invece sostenevano che fosse il
dollaro a fungere da perno del sistema monetario internazionale e che
con esso venissero regolati i rapporti commerciali internazionali. E’
evidente che in questo tipo di trattati la componente politica alla
fine prenda il sopravvento su qualsiasi considerazione tecnica, fosse
anche la più razionale, e così prevalse la tesi di chi aveva dalla sua
anche la circostanza che per due volte aveva salvato il continente
europeo dall’autodistruzione. Per addolcire la pillola si stabilì che
il dollaro fosse comunque convertibile in oro al prezzo di 35 dollari
l’oncia. Questo voleva dire che in qualsiasi momento la banca centrale
di qualsiasi stato poteva chiedere alla Fed Usa di avere oro in cambio
dei dollari che avesse eventualmente accumulato.
Dal punto di vista politico strategico, con questo accordo veniva
definitivamente sanzionato il declino della potenza britannica (prima
era la sterlina la valuta regina a livello mondiale) e la
consacrazione degli Usa quale prima potenza del mondo occidentale.
Fermiamoci qui per quanto riguarda la storia e veniamo all’essenza del
problema. Perché una valuta possa svolgere bene il ruolo di moneta di
regolamento internazionale e di riserva per le banche centrali deve
essere innanzi tutto affidabile e stabile, per questo Keynes proponeva
la media di diverse valute. Ora, il dollaro ha svolto bene questa
funzione solo nei primi anni, poi invece ha cominciato ad avere un
andamento erratico con tendenza al deprezzamento. La bilancia
commerciale degli Usa, prima in equilibrio se non in attivo, ha
cominciato ad avere un andamento cronicamente deficitario e questo non
tanto, o non solo, per volontà o per “colpa” degli Usa, ma anche per
volontà delle altre nazioni, le quali, volendosi dotare di dollari per
le loro riserve e per pagare le proprie importazioni da tutto il
mondo, sono spinte a fornire merci agli Usa per poter avere in cambio
dollari, appunto.
Fatto sta che con il tempo emerge sempre di più un meccanismo perfetto
(per gli Usa). Non solo tutto il mondo è ben contento di dare agli Usa
merci in cambio di pezzi di carta, ma a tutto il mondo non verrà mai
in mente di mettere in crisi il debito Usa perché significherebbe
attaccare le proprie riserve (i dollari accumulati dalle banche
centrali vengono investiti in titoli americani pubblici, soprattutto,
e privati di alto standing). Insomma il messaggio che da Bretton Woods
in poi viene lanciato a tutto il mondo è: la ricchezza del mondo
intero è strettamente legata alla ricchezza degli Usa. Keynes intuì
tutto questo prima che si realizzasse, a posteriori invece chi capì
per primo il giochetto al quale gli Usa sottoponevano il mondo intero
fu De Gaulle, il quale all’inizio degli anni ‘70 del novecento fece
presente agli Usa che avrebbe inviato in quel paese un camion pieno di
dollari per tornarsene pieno d’oro, così come era scritto nel trattato
firmato nel 1944.
Per tutta risposta il presidente Nixon il 15 agosto 1971 decretò
unilateralmente (nonostante il vincolo fosse inserito in un trattato
firmato da 44 paesi) l’inconvertibilità del dollaro in oro. La
maschera era stata gettata: i dollari, cioè la componente più
importante delle riserve di tutti gli stati, erano solo dei pezzi di
carta il cui valore è legato alla forza dell’economia Usa. Chi attacca
la moneta Usa attacca se stesso!
Al fine di rinviare la resa dei conti cui questo meccanismo prima o
poi porterà, e le cui conseguenza nessuno oggi è in grado di
prevedere, gli Usa hanno sempre trovato nuovi forzieri dove allocare i
suoi pezzi di carta: l’Europa, i paesi Opec, America Latina e, oggi,
l’Asia. Ormai la Cina è il principale detentore di dollari, per la
gran parte investiti in titoli del debito pubblico. Quando anche
l’immensa spugna asiatica sarà satura, … chissà!, forse si passerà
all’Africa. A turno tutti devono fornire merci in cambio di pezzi di
carta, oppure, a seconda dei punti di vista, perché ci sia qualcuno
che si incarichi di tenere in ordine il mondo, non solo dal punto di
vista economico, e faccia da punto di riferimento. (Fine prima parte)
-
2.
Prima di riprendere il dicorso avviato nella precedente mail
avvertiamo il dovere di precisare per i "non addetti" che quando
abbiamo parlato di "camion pieno di dollari" si trattava ovviamente di
una metafora, perchè i dollari presenti nelle banche centrali sono
rappresentati da mere scritture contabili di credito verso la Federal
Reserve e, per la parte investita, da titoli. Allora, poniamoci questa
domanda: perché il mondo continua a sostenere questo sistema basato
sul dollaro? Per la verità ogni tanto qualche tentativo di
ridimensionare il ruolo del dollaro viene fatto. Per esempio in
occasione del terremoto nelle bilance commerciali seguito alle crisi
petrolifere degli anni ’70, si diede vigore, o meglio si cercò di dare
vigore, ai “diritti speciali di prelievo” del Fondo Monetario
Internazionale (anch’esso istituito a Bretton Woods) che erano una
specie del bancor keynesiano, ma la cosa non ebbe molto successo per
l’ostruzionismo proprio degli Usa, e quindi ancora oggi costituiscono
una quota irrilevante degli attivi del Fmi. In anni più vicini a noi
vi è stato l’euro, il quale per potenza economica degli stati che vi
sono dietro poteva benissimo insidiare il ruolo del dollaro, ancorché
non inserito in alcun trattato. La stessa Cina cominciò a incamerare
euro nelle proprie riserve, accompagnando la cosa con dichiarazioni
che mettevano in discussione il ruolo del dollaro. Ma cosa è successo
dopo all’euro è ancora in corso, e la Storia ci dirà se c’è un
collegamento causale tra le due cose o se si sia trattato di sola
coincidenza. Fatto sta che da quando è cominciata la crisi dell’euro
la Cina non ha più messo in discussione il ruolo del dollaro. D’altro
canto solo un’analisi superficiale può far dire che la Cina, essendo
il maggiore creditore, è quella che può ricattare gli Usa. In realtà,
da che il mondo è mondo, quando il debito/credito raggiunge dimensioni
rilevanti, come nel caso dei rapporti Cina-Usa, è il debitore, e
quindi gli Usa, ad avere il coltello dalla parte del manico.
Purtroppo, sia in macro che in microeconomia, il creditore se ne rende
conto sempre quando è troppo tardi. Ora è la Cina ad essersene accorta
... Ripetiamo la domanda: perché comunque il meccanismo regge ancora?
Perché nei momenti di crisi tutti si rifugiano nel dollaro, come
accadde all’indomani dello scoppio di questa crisi ancorché gli Usa
fossero l’epicentro e l’origine della crisi medesima? A questa domanda
penso vi sia una sola risposta: perché gli Usa vengono visti come
l’unico paese al mondo dove la probabilità, anche nel lungo termine,
che vi possa essere uno sconvolgimento istituzionale che rimetta in
discussione principi come la proprietà privata, la libertà di impresa
e di movimento di capitali, ecc., venga considerata nulla. In altri
paesi, come anche l’Europa Occidentale, ancorché minima, quella
probabilità ha ancora un valore positivo nel medio e lungo termine.
Non dimentichiamo che distiamo di soli sessantasette anni dal
nazifascismo e poco più di venti anni dal comunismo. E che ancora oggi
vi sono movimenti (con seggi in alcuni parlamenti) che inneggiano a
Mussolini, Hitler, Stalin. Inoltre, la supremazia militare degli Usa è
ormai schiacciante e quindi sconvolgimenti sono improbabili anche
dall’esterno. Insomma, volendo parafrasare un fortunato motto di
Giorgio Ruffolo, potremmo dire che il predomino Usa “ha i secoli
contati”. E questo dominio, che in origine veniva considerato come
causa del predominio del dollaro, oggi ha nel dollaro uno dei suoi
puntelli, quello che lo mantiene senza che il paese dominante debba
ricorrere sempre alle armi.
Quando le forze anglo-americane sbarcarono in Sicilia nel luglio del
1943, e poi salirono fino a Roma, per sostenersi emettevano le
“amlire”, dove am sta per “allied military”. Era un modo per caricare
sulle spalle del paese occupato il mantenimento delle truppe. La cosa
determinò, ovviamente, una forte inflazione in Italia, ma gli inglesi
e gli americani avevano ragione da vendere per farlo: il nostro faceva
parte dei paesi aggressori che avevano provocato la guerra
nazifascista in Europa, e quindi era giusto che dovesse pagare e
mantenere coloro che avevamo costretto a venire. Oggi il dollaro sta
sempre più assumendo la funzione che avevano le amlire, in pratica
sono il signoraggio che la maggiore potenza mondiale impone al mondo
intero per tenerlo in ordine. Ma, deve veramente durare in eterno o si
può pensare a un superamento dell’attuale situazione? L’attuale
situazione provoca periodicamente degli squilibri in campo
finanziario, come anche in occasione di questa crisi, soprattutto
quando nuove potenze assetate di dollari si affacciano sul commercio
internazionale accumulando capitali finanziari che vagano per il mondo
e poi vanno ad accasarsi soprattutto negli Usa determinando bolle
speculative. Riteniamo che il ripescaggio dell’idea di Keynes di
istituire una moneta virtuale sia quella che possa assicurare una
maggiore stabilità ed evitare che qualcuno possa esercitare un
qualsiasi signoraggio. Si riuscirà mai a imporla agli Usa e al mondo?
{ Pubblicato il: 26.08.2012 }