
Il governo ha reso noto che sono sul tavolo 150 situazioni di crisi
aziendali che comportano il rischio serio di perdita del posto di
lavoro per 180.000 operai, oltre a questi vi sono poi altre situazioni
in cui si fa sempre più concreta la possibilità del ricorso alla cassa
integrazione, come per lo stabilimento di Pomigliano della Fiat. Vi
ricordate il sottosegretario Polillo? Sì, quello che giulivo andava
spiegando su tutti i media che aveva scoperto che facendo lavorare gli
operai una settimana in più rinunciando alle ferie il Pil sarebbe
aumentato di non so più quanto. Ebbene adesso perché non lo propone a
quelle aziende che stanno chiudendo e alla stessa Fiat di Pomigliano?
Intanto Marchionne, dopo che nelle scorse settimane ha mostrato di
avere una concezione un pò personale del mercato laddove lo invoca
quando si tratta di restringere i diritti dei lavoratori mentre se ne
lamenta quando la Wolkswagen lo surclassa nelle vendite e la accusa di
praticare prezzi troppo bassi, Marchionne dicevamo, ha esclamato che
non ha mai visto una crisi di domanda del settore auto come quella
attuale. Se ci potesse spiegare come potrebbero i consumatori italiani
comprare più auto quando con lo stipendio che viene loro erogato,
anche da aziende come la Fiat, basta a sufficienza a far sopravvivere
la famiglia, e quando dovesse essere superiore la differenza serve a
integrare gli stipendi di fame dei figli giovani, avrebbe dato un
contributo serio alla politica economica mondiale. Come già abbiamo
affermato altre volte, nei decenni scorsi gli imprenditori di tutto il
mondo, cavalcando acriticamente l'onda neoliberista, si sono
comportati un pò come il Re Mida: hanno trasformato tutto in profitti
e ora scoprono che i loro dipendenti non hanno i soldi per comprare i
loro prodotti. Tra l'altro i profitti accumulati in modo anomalo li
stanno perdendo nel crollo dei valori di borsa. Sempre in questi
giorni sono stati pubblicati dei dati dai quali emerge che l'operaio
italiano lavora in un anno lo stesso numero di giorni del suo omologo
tedesco. La differenza allora sta nel fatto che l'operaio tedesco
lavora in imprese che hanno investito e investono in innovazione,
quello italiano no. Ah già, la colpa è tutta dell'art. 18. L'estrema
precarietà che in questi anni ha disincentivato gli investimenti in
innovazione tecnologica non c'entra nulla, come pure non c'entra nulla
la tendenza della maggior parte dell'imprenditoria italiana a fare
affari grazie alle "relazioni" e agli aiuti pubblici.
{ Pubblicato il: 06.09.2012 }