Vi ricordate i commenti che venivano proposti da tutti i
giornali quando scoppiò l'attuale crisi nel 2007? Se non lo ricordate
non fa niente, ve lo rammenterò io. Quasi tutti dicevano che la colpa
principale era di Greenspan, l'ex presidente della Federal Reserve, il
quale nei primi anni duemila aveva dato al sistema denaro troppo
abbondante e a basso costo che poi aveva provocato le bolle e la
successiva crisi. Oggi, cinque anni dopo, gli stessi giornali plaudono
non solo a Draghi il quale si è fatto autorizzare a compiere "acquisti
illimitati" di titoli pubblici, anche se, va detto, ha precisato che
poi "sterilizzerà" la liquidità prodotta, ma soprattutto a Bernanke,
l'attuale presidente della Fed, il quale ha promesso che immetterà per
un periodo lungo 40 miliardi di dollari al mese di liquidità, i quali
vanno ad aggiungersi ad altrettanta liquidità che già viene immessa da
tempo dalla stessa Fed. Ma allora? Si dirà: "ma adesso c'è la crisi".
Ma la crisi c'era anche allora solo che non si era ancora manifestata.
Greenspan fornì molta liquidità al sistema perché aveva intravisto il
rischio di recessione dopo la fine della "new economy" e il fallimento
di colossi come la Enron. Lo spiega nel suo libro "L'Età della
Turbolenza" che pubblicò prima dello scoppio della crisi, quindi senza
l'intento di cercare scuse a posteriori. Inoltre, aggiungiamo noi,
aveva da smaltire l'eccesso di risparmio che proveniva dalla Cina e
dai paesi sviluppati dopo che il cambio di paradigma sociale aveva
dirottato reddito verso le classi con un'alta propensione al
risparmio. La liquidità immessa fu utilizzata però per finanziare non
gli investimenti produttivi, bensì il credito al consumo e la
speculazione finanziaria e immobiliare. Perché? Perché la limitatezza
dei redditi disponibili da parte delle classi con maggior propensione
al consumo ridusse di conseguenza la domanda e pertanto eventuali
investimenti produttivi aggiuntivi non avrebbero trovato sbocco. Anzi
sarebbe rimasta senza sbocco anche la produzione effettuata con gli
investimenti esistenti, se non ci fosse stata la dilatazione del
credito al consumo (anche sotto forma di mutui immobiliari), il quale
pertanto svolse una funzione succedanea dei redditi disponibili.
Quando poi questi finanziamenti avrebbero dovuto essere rimborsati è
"cascato l'asino" e si è visto che le persone che si erano indebitate
non avevano redditi sufficienti. La crisi dei mutui sub prime", è
stato quindi l'epifenomeno su cui si è concentrata l'attenzione,
attenzione che in questo modo è stata distolta dalle cause vere e
profonde e precisamente: il paradigma economico e sociale affermatosi
dagli anni ottanta in poi, il quale ha determinato insufficiente
domanda di beni di consumo ed eccesso di risparmio. A questa diagnosi
è stato di frequente obiettato che negli Usa la propensione al
risparmio era prossimo allo zero e a volte addirittura negativa e
quindi non si può parlare di "eccesso di risparmio". Ma questa
obiezione si ferma anch'essa alla superficie delle cose. Infatti è pur
vero quel dato Usa, ma esso è frutto di una somma algebrica che vede
da un lato un eccesso di risparmio delle classi agiate (non
dimentichiamo che proprio nei primi anni duemila Bush aveva ridotto le
tasse ai ricchi) ed un risparmio non nullo ma fortemente negativo di
chi si indebitava per vivere, quindi esso costituisce semmai la
conferma della diagnosi proposta. La conclusione qual è? Che sia
allora che oggi l'attaccarsi alla liquidità, sia pure prima in un
senso e poi in un altro, è solo un modo per non affrontare la realtà
dei fatti e cioè che le cause della crisi stanno tutte nell'economia
reale. E allora l'attuale liquidità, se non si rimuoveranno quelle
cause reali, nel migliore dei casi servirà a sostenere i corsi di
borsa, nella peggiore andrà ad alimentare nuovamente altre bolle e il
credito al consumo ... e tutti saremo pronti a brindare alla
"ripresa".
{ Pubblicato il: 15.09.2012 }