Pretendere che la grave crisi economica e sociale che affligge l’Italia possa passare miracolosamente è impensabile. Perché non bastano le quotidiane prediche autoconsolatorie che fanno riferimento ai grandi talenti di cui siamo dotati da madre natura rispetto ad altri popoli.
Se in una famiglia la mamma spende la giornata su Facebook, il figlio al poker digitale sotto casa dove brucia i soldi presi dal borsellino della nonna, la figlia quindicenne zampetta su tacchi da dodici, strafuma, si imbelletta e va in discoteca (dove si dedica a qualche sveltina nei bagni pur di comprarsi lo smartphone), il marito non dorme la notte perché non sa se riuscirà a mantenere il posto di lavoro, bene: è facile prevedere che, molto prima che poi, tutto si sfascerà.
Caro Lettore e Cara Lettrice: so bene che questo ‘incipit’ va contropelo e suscita un’ immediata reazione negativa nei confronti di chi scrive, all’insegna del”Ma stattene in America e non rompere con le tue catonate”.
Ma una nazione è una famiglia. E l’Italia è la mia famiglia.
Se esiste in Italia ancora un minimo spazio di riflessione e di umile autoanalisi dobbiamo concludere che raddrizzare la barra sarà molto difficile per qualsiasi politico che voglia risolvere i nostri-vostri problemi nazionali.
L’immagine complessiva di un Paese è pari alla somma algebrica di miliardi di mini comportamenti e relazioni interpersonali.
Vengo in Italia tre-quattro volte all’anno e percorro migliaia di chilometri in macchina, isole comprese, per presentare i miei libri.
Il traffico è lo specchio dell’Italia. Argomento abusato, si dirà, ma sempre attuale. Basta varcare la frontiera e inoltrarsi in qualche altro paese europeo per accorgersi che siamo indietro anni luce nella gestione dei nostri comportamenti pubblici.
Da noi non esiste ‘l’educazione civica’ che, si badi bene, non è congenita ma si insegna nelle famiglie e nelle scuole.
Gli americani, i tedeschi, i francesi, gli inglesi non sono migliori di noi. Ma si comportano in pubblico in maniera corretta cercando di non invadere la sfera altrui. Magari poi a casa loro vivono nella schifezza più assoluta.
Da noi le case sono sempre pulite e in ordine. Ma in strada buttiamo di tutto. Le rampe di accesso alla Cassia Bis a Roma e le aree di sosta (tanto per fare un minimo esempio) sono piene di rifiuti.
Qui negli States se hai una carta da buttare te la metti in tasca e te ne liberi quando trovi un bidone della spazzatura.
Qui in America, che non è certo il migliore dei mondi possibili, se siete in difficoltà guidando l’auto troverete sempre qualcuno che cercherà di agevolarvi cedendo il passo. Con le dovute sostanziose eccezioni che riguardano ad esempio New York.
Qui in America e da altre parti ci si lava le mani quando si esce dalla toilette e si trattiene la porta per evitare che sbatta in faccia a chi viene dietro di noi.
In Italia si guida circondati dall’arroganza di chi ti sta vicino e cerca di imporre la sua presenza fisica infischiandosene se ti trovi in difficoltà. Siamo riusciti a coniare anche per questi comportamenti la definizione di “abilità nella guida (auto o due ruote)”, perché per noi la strada è una pista dove siamo in competizione con il nostro prossimo e non una striscia d’asfalto sulla quale ci dobbiamo spostare tutti quanti.
Moltiplicate questo atteggiamento e dalla strada adattatelo a milioni di altri comportamenti. La risultante sarà quella di un'Italia urlante, scalciante, furbastra, piagnona quando la scoprono con le dita nella marmellata, bugiarda, pronta a qualsiasi voltafaccia pur di mantenere il privilegio. Un paese in cui si tollera a qualsiasi livello scolastico il copiare e fregare gli altri che studiano.
Perché da noi l’educazione civica non si sa più che cosa sia.
Perché da noi due decenni di televisione commerciale hanno creato dei canoni di comportamento secondo cui in un dibattito si deve aggredire l’interlocutore alzando la voce possibilmente con parole e frasi scurrili perché questo, dicono, fa audience; quanto alle donne sono merce in vetrina al migliore offerente.
In Italia si parla per monologhi, spesso citando frasi di altri perché pensare stanca. Ascoltare è impensabile; meglio non mettere in pericolo l’adamantina autoreferenzialità delle proprie convinzioni.
Il nostro teatro popolare è animato da maschere di servi furbi (non certo Parsifal e Walkirie) che prendono a randellate il padrone inetto ma rifiutano di sostituirsi al suo posto perché non vogliono assumere alcuna responsabilità.
Ecco perché girando per le regioni italiane diventa sempre più insistente la cadenza: “Qui ci vuole qualcuno con il polso di ferro.”.
Non certo il professor Monti o Mario Draghi che, meriti personali a parte, rappresentano un’eccezione positiva all’estero rispetto alla consunta immagine volgare e provinciale di un’Italia orgogliosa del suo crogiolarsi nella cultura della suburra.
Monti e Draghi non sono l’Italia, ma un’anomalia. Con tante scuse agli italiani onesti perché le generalizzazioni peccano sempre per eccesso.
Infatti l’immagine percepita è quella di un’Italia prevalentemente mediatica e minimale.
L’Italia costituita da milioni di persone che non sanno come arrivare alla fine del mese non conta perché non ha voce in capitolo. E quando le hanno dato la possibilità di scegliersi i politici cui affidare il proprio presente e avvenire le hanno imposto una legge 'porcata'.
{ Pubblicato il: 02.10.2012 }