francesco sylos labini - angelo leopardi
Nessun commentoGli enti di ricerca italiani sono nel mezzo di una complessa fase di riordino,e molto si discute di quale sia il modello cui ispirarsi. La novità più recente è la comparsa sulla scena da qualche anno dell'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), che è stato concepito come un paradigma di eccellenza. In particolare, a differenza dei normali enti vigilati dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) che devono sottostare a una quantità abnorme di regole e leggi, l’IIT ha uno stato giuridico completamente diverso, e questo comporta uno snellimento della burocrazia e una maggiore elasticità, per esempio, negli stipendi, nelle assunzioni ecc. Questa situazione dovrebbe dare all’IIT un notevole vantaggio in termini di produttività e costi.
Per capire se le cose stanno così, in attesa di poter fare riferimento a un rapporto di valutazione indipendente (come ad esempio l’indagine CIVR), confrontiamo qualche dato “macroscopico” dell’IIT con quelli di altri enti di ricerca italiani. Nella tabella che segue [1] (che si riferisce all’anno 2009 perché i dati sono consolidati e perché a quel tempo l’IIT è già entrato in pieno regime) abbiamo riportato il Fondo di finanziamento ordinario [2] (FFO, che rappresenta il finanziamento dello Stato) di alcuni enti di ricerca italiani insieme con il personale (che comprende anche il personale amministrativo che in tutti i casi è intorno al 10% del totale) [3] e il numero di pubblicazioni censite sul database ISI-WoS. In aggiunta abbiamo riportato l’FFO per unità di personale (FuP), il numero di pubblicazioni per unità di personale (PuP), la frazione di FFO per pubblicazione (EpP) e il numero totale di borse (advanced grants e starting grants) del European Reasearch Council per gli anni 2007-2010.
Ente FFO (in euro) Personale Pubblicazioni FuP (in euro) PuP EpP (in euro) ERC
INFN 270.000.000 1.906 2.423 141.658 1,27 111.432 2
INAF 91.000.000 1.130 1.356 80.530 1,20 67.109 2
CNR 566.000.000 6.591 6.301 85.875 0,96 89.827 8
INGV 60.000.000 628 405 95.541 0,65 148.148 2
IIT 100.000.000 811 274 123.000 0,34 363.636 1
FFO: fondo di finanziamento ordinario
FuP: rapporto tra FFO e unità di personale
PuP: rapporto tra numero di pubblicazioni e unità di personale
EpP: rapporto tra FFO e numero di pubblicazioni
ERC: numero totale di borse del European Reasearch Council
L’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) [6] è l’ente di ricerca meglio finanziato in termini di FuP, e questo probabilmente riflette la spesa nei grandi laboratori che la fisica nucleare richiede (per esempio i laboratori dei Gran Sasso, di Frascati, del CERN, ecc.). L’INFN è anche l’ente che ha il miglior PuP, ovvero che produce di più in termini di risultati scientifici.
L’Istituto nazionale di astrofisica (INAF) [4] si posiziona ottimamente con un buon PuP e il più basso EpP: ha un’ottima produzione di articoli con un costo piuttosto limitato.
Il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) [7] si trova in una situazione intermedia tra l’INAF/INFN e l’INGV per quanto riguarda la PuP, mentre il FuP è più basso dell’INAF e il EpP è più alto. Ricordiamoci però che nel CNR sono presenti attività molto differenti, non solo di ricerca scientifica fondamentale ma anche ricerca nelle scienze sociali (legge, economia, ecc.). Per queste ultime è noto che la copertura delle pubblicazioni da parte di ISI-WoS sia piuttosto incompleta.
L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) [5] ha un PuP più basso e un EpP più alto rispetto agli altri enti (escluso l’IIT). Questo probabilmente riflette anche il fatto che una parte della sua attività riguarda la ricerca applicata (come per esempio il monitoraggio dei terremoti e dei vulcani): questa situazione determina sia una minore produzione di articoli sia un maggior investimento di risorse per attrezzature e laboratori.
L’IIT [8] rappresenta sicuramente una fluttuazione negativa anomala nel panorama degli enti di ricerca italiani, sia perché il suo PuP è rispettivamente un fattore 2 più basso dell’INGV e 3,5 più basso del INFN – e dunque una unità di personale produce di meno in termini di risultati scientifici – sia perché ha il più alto valore del EpP (costo di una pubblicazione in termini di FFO): più del doppio dell’INGV, il triplo del INFN, ecc. Nel periodo 2008-2010 l’IIT ha ottenuto una borsa ERC , mentre gli altri enti ne hanno ottenuto un numero maggiore (più di cinquanta di queste prestigiose borse sono andate complessivamente alle università e agli enti di ricerca italiani). In genere chi vince una borsa ERC così ben finanziata e importante, la usa per ottenere un posto permanente in un istituto prestigioso: questo non è il caso dell’IIT dove non vi sono posizioni permanenti.
E’ interessante inoltre notare che le 6.301 pubblicazioni del CNR nel 2009 hanno prodotto 17.152 citazioni con un h-index 29 e un numero di citazioni pro-capite di 2,27. Per l’IIT (275 pubblicazioni nel 2009 [9]) il numero di citazioni è 1.188 (pro-capite 1,46) con un h-index pari a 13. Dunque anche l’argomento «minore numero di pubblicazioni ma di maggiore qualità» (che per un Ente di ricerca che coinvolge un migliaio o più di persone, è abbastanza debole) non sembra fondato.
La produttività scientifica dell’IIT sicuramente aumenterà nel 2010: questo incremento è aspettato in quanto l’IIT ha bandito dei progetti (denominati seed [10]) con cui finanzia attività di ricerca fatte da gruppi che operano all’università, al CNR ed all’ENEA. Da una parte non è chiaro perché l’IIT debba agire come agenzia di finanziamento di ricerche svolte in altri enti/università acquisendone progetti già avviati. D’altra parte è chiaro che se grazie alla distribuzione delle risorse il numero di pubblicazioni con affiliazione IIT aumenti, di conseguenza aumenti anche il numero di personale pagato direttamente dall’Istituto: non è dunque chiaro se il valore del PuP aumenti o addirittura diminuisca.
Infine qualche altro dato. L’IIT riceve il 10% del suo budget (10 milioni di euro all’anno) da fondi esterni (come ad esempio progetti di ricerca ma non riceve risorse da privati). Il CNR, per esempio, ricava risorse pari ad oltre il 50% del suo FFO (oltre 300 milioni di euro all’anno) attraverso la partecipazione a bandi.
Un'analisi analoga a quella qui presentata era stato fatto confrontando l’IIT con alcune realtà universitarie italiane, con la conclusione che «l’IIT produce risultati scientifici buoni, ma assolutamente confrontabili o forse anche inferiori a quelli di altre strutture di ricerca italiane. Non è quindi quella punta di diamante della ricerca per la quale era stato pensato. Inoltre una parte di questa ricerca, finanziata dall’Italia, è svolta fuori». Il nostro confronto con i differenti enti di ricerca è forse ancora più appropriato, in quanto le università hanno come scopo la didattica oltre che la ricerca.
Sin dalla costituzione ci sono state diverse polemiche sul funzionamento dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). Marco Cattaneo, Direttore de Le Scienze, ha messo in luce vari aspetto poco convincenti dell’IIT, dall’impatto scientifico alla valutazione, dalla trasparenza al finanziamento. Critiche sono poi giunte dalla prestigiosa rivista Science che ha dedicato un ampio articolo all’IIT nel quale vengono riportate le dichiarazioni di alcuni scienziati di prestigio che erano stati chiamati a progettare l’istituto e i cui suggerimenti, secondo loro stessi, sono stati completamente ignorati. Nell’articolo si parla inoltre di un rapporto di valutazione dell’IIT, commissionato dal ministro dell’economia Tommaso Padoa Schioppa, che indicava forti criticità nell’attività dell’IIT. Questo rapporto non è mai stato reso pubblico nonostante vi sia stata una interrogazione parlamentare a riguardo. Altri aspetti critici messi in evidenza riguardano i conflitti d’interesse del presidente Vittorio Grilli e del direttore Scientifico Roberto Cingolani.
Alla luce dell'analisi riportata sembra possibile concludere che l’IIT non è «un angolo d’America che ad alcuni fa storcere il naso» ma un’operazione che sinora ha prodotto risultati inferiori a quelli degli altri enti di ricerca italiani, malgrado il generoso finanziamento proprio nel momento in cui tutti gli altri enti, e soprattutto i giovani che vi lavorano, si trovano in una condizione di grandissima difficoltà per effetto dei tagli di bilancio e del blocco nelle assunzioni. Non si potevano utilizzare queste risorse per migliorare la situazione degli enti di ricerca che già esistevano, visto anche che le discipline sviluppate nell’IIT erano già parzialmente coperte in altri enti? Era proprio necessario creare un nuovo ente da nulla? E soprattutto, si poteva fare di meglio? Probabilmente sì se nella costruzione dell’IIT si fosse coinvolta tutta la comunità scientifica del paese, e soprattutto le eccellenze, scelte con un trasparente criterio meritocratico.
Ci sono inoltre delle caratteristiche strutturali dell’IIT poco comprensibili: ad esempio non si capisce in che senso una virtù dell’Istituto sia rappresentata dall’assenza di posizioni permanenti: visto che tutti gli enti di ricerca del mondo, a partire dal Max Planck Institute (dove ci sono più di 12.300 posti fissi), per passare per il CNRS francese (più di 11.000 posti fissi), o per qualsiasi università americana, offrono posizioni permanenti, ci si chiede cosa possa attrarre un ricercatore magari non alle primissime armi ad andare all’IIT. Se vogliamo considerare un esempio virtuoso di un istituto scientifico che è stato recentemente organizzato, possiamo pensare all’Institute of Science and Technology austriaco, fondato quasi contemporaneamente all’IIT, e nella cui homepage compare la scritta “We are recruiting Professors and Assistent Professors” insieme con la scritta «pure curiosity-driven reserach». L’IST ha ricevuto tre ERC advanced grants , che sembrerebbe un piccolo numero se non fosse che il al momento ci sono cinque professori di ruolo! Il problema non è infatti quello di abolire il posto fisso, ma di costruire un sistema che incentivi a far meglio e disincentivi chi non produce abbastanza. Inoltre il problema non è quello di assumere ricercatori su progetti specifici predeterminati a priori, ma dare spazio alla creatività della loro curiosity-driven research.
In conclusione, considerato che la Legge 326/2003 stabilisce il finanziamento fino al 2014, sarebbe urgente una discussione approfondita, che consideri i risultati ottenuti dall’Istituto dalla sua fondazione in poi, per decidere quale debba essere il destino dell’IIT.
Un’analisi più accurata che prenda in considerazione quali tipi di progetti sono stati sviluppati e per quali motivi strategici, potrà illuminare meglio la funzione e la qualità dell’IIT. E’ altresì evidente che i vari enti considerati si differenziano per i campi di ricerca che coprono e che ogni disciplina, e a volte anche sottosettori di una stessa disciplina, è caratterizzata da diverse modalità per quanto riguarda il numero di pubblicazioni e/o numero di citazioni medie per articolo per anno. Sarebbe dunque necessaria un’analisi che consideri campi omogenei o quantomeno che normalizzi appropriatamente i risultati. Tuttavia, grazie a quest’analisi macroscopica e piuttosto grossolana, considerando l’ampio spettro delle discipline coperte all’interno di ogni singolo ente e dall’insieme degli enti considerati, si possono già mettere a fuoco vari punti importanti.
Francesco Sylos Labini
Astrofisica, Centro Fermi e CNR
Angelo Leopardi
Idrauilca, Università di Cassino
{ Pubblicato il: 20.04.2011 }