gim cassano
Nessun commentoAvviando il ragionamento, si deve inizialmente osservare come la relazione accompagnatoria chiarisca il senso politico ed i veri bersagli di questa specie di gioco delle tre carte, quando testualmente si afferma che “il Parlamento è sovrano; gerarchicamente viene prima degli altri Organi Costituzionali, come Magistratura, Consulta, e Presidenza della Repubblica”.
Intanto, appare evidente la grossolanità, in termini di logica giuridica, della proposta redatta da questo signore: nella furia della polemica politica nei confronti di poteri istituzionali che più volte hanno manifestato di non ossequiare volontà ed interessi del padrone, si va, sbrigativamente e significativamente a toccare l’articolo-premessa della Carta Costituzionale, ove si sintetizzano i principii fondativi della Repubblica, e lo si piega ad un particolare modello istituzionale. Cosa che, nel caso, avrebbe dovuto riguardare la parte seconda della Costituzione, dove viene fissata la forma istituzionale dello Stato; ma questa sarebbe stata operazione meno sbrigativa, e più faticosa e lunga.
Va inoltre rilevato il fatto, gravissimo, che questa trovata si inserisce in una reiterata serie di dichiarazioni e di proposte, quali le più volte espresse critiche alla Costituzione “rossa”, la proposta di modifica dell’Art.41 e di altri articoli, la modifica “epocale” della Giustizia, ed altre, che confermano come questi signori considerino la Carta Costituzionale non come l’insieme delle regole sulle quali si fondano la democrazia e la convivenza civile, sociale e politica della Repubblica (e quindi, da ritenere tendenzialmente intoccabili, sino a che fondatissime ragioni ed un largo consenso ne consiglino la modifica), ma come uno strumento al servizio delle opportunità politiche contingenti di una parte, da cercare di modificare se e quando questa lo ritenga utile. Rischiando così di produrre il curioso risultato di un sistema politico che, essendo dichiarato fondato sulla possibilità dell’alternanza, vedrebbe la possibilità di modifiche costituzionali di volta in volta di segno diverso ad ogni mutare della maggioranza di governo.
E, di quali miserabili contingenti opportunità oggi si tratti, è cosa che risulta evidente nel momento in cui si vorrebbe ridimensionare, subordinandoli al Parlamento, i ruoli della Presidenza della Repubblica, della Magistratura, della Consulta. Guarda caso, proprio quei poteri e quegli ordini dello Stato che si sono messi di traverso nei confronti delle pretese di impunità personale e del governare per decretazione da parte del capo del governo.
Ora, potrebbe sorprendere che una maggioranza che umilia la funzione parlamentare governando a suon di voti di fiducia e di decretazione d’urgenza nella cui conversione in legge si infilano ogni volta emendamenti estemporanei, ed il cui leader ha sempre manifestato fastidio nei confronti delle Camere, arrivando ad affermare che la massa dei parlamentari è lì solo per schiacciare un pulsante, produca la proposta di dare al Parlamento un ruolo sopraordinato rispetto alle altre Istituzioni. Ciò non deve invece stupire: nelle attuali condizioni, il Parlamento di nominati non è espressione del popolo: la sua maggioranza si identifica con l’Esecutivo e con il suo padrone, il quale tra l’altro provvede a mantenerla dando soddisfazione all’irresponsabile accattonaggio di una folla di clientes perennemente propensi, con la mano tesa, a barattare il voto di oggi con gli incarichi di governo per il domani e con le garanzie per il dopodomani.
Venendo al merito della proposta di modifica, chi pensa, come me, che una società aperta e libera non abbia altra forma politica reale, per quanto imperfetta, che la democrazia rappresentativa, è ben chiaro che questa si centra su un Parlamento rappresentativo, liberamente eletto dal popolo e sua espressione politica (e già il fatto che una ignobile legge elettorale abbia fatto venir meno il rapporto tra cittadini-elettori e Parlamento basterebbe a bollare come risibile la modifica proposta dall’on.Ceroni). Ma, nella inevitabile imperfezione e possibilità di degenerazione di qualsiasi istituzione, è anche chiaro che il funzionamento di una democrazia concreta rende necessaria quella sussistenza di poteri separati, autonomi ed in grado di bilanciarsi e controllarsi che, da Locke in avanti, ha segnato il progredire della democrazia verso forme più evolute e stabili, caratterizzando tutte le democrazie moderne.
In una democrazia parlamentare, e nella nostra Costituzione, la fonte prima di ogni potere è il popolo di cittadini liberi, informati e coscienti, la cui volontà dovrebbe esprimersi nel Parlamento (il fatto la legge elettorale vanifichi oggi quest’ultimo aspetto può esser considerato una contingenza rimediabile, e semmai rafforza il ragionamento che si sta facendo). La centralità della volontà popolare è assicurata dal fatto che, oltre che l’Esecutivo, anche le istituzioni di controllo e garanzia, come la Consulta e la Presidenza della Repubblica promanino dal Parlamento, e che l’Ordine giudiziario operi sulle leggi da questo votate.
Ma, una volta scelto il Presidente della Repubblica o nominata la Consulta, questi Organi nati dal Parlamento diventano soggetti autonomi e non sottoposti se non in rari ed eccezionali casi già previsti ad altra autorità che non sia quella della legge. Analogamente, l’Ordine giudiziario opera su leggi e procedure votate dal Parlamento e sottoposte ai controlli di legittimità, ma esercita la propria attività in via autonoma da Parlamento, Governo, Presidenza della Repubblica.
Nella nostra Costituzione, pur promanando tutti dal Parlamento, i poteri dello Stato relativi alle funzioni di controllo e garanzia si esercitano autonomamente, venendo così a consentire il funzionamento di quel sistema di “checks and balances”, nato dalla tradizione anglosassone, che costituisce una delle premesse del funzionamento e della stabilità di una democrazia.
Al di fuori di questa autonomia, ed anche qualora il primato fosse affidato all’organo della rappresentanza popolare, non potrebbe esercitarsi la democrazia e, venendo meno le funzioni e le possibilità di controllo, garanzia, e bilanciamento dei poteri, si cadrebbe nel rischio dell’instaurarsi del populismo e di quella tirannide della maggioranza di cui, oltre 150 anni fa, scriveva Alexis De Tocqueville, e di cui ricordo queste parole:
“Se in luogo di tutte le varie potenze che impedirono o ritardarono lo slancio della ragione umana, i popoli democratici sostituissero il potere assoluto della maggioranza, il male non avrebbe fatto che cambiare carattere..” ed ancora, descrivendo i caratteri di una democrazia che si cauteli dal degenerare in tirannide: "un corpo legislativo composto in modo tale che esso rappresenti la maggioranza senza essere necessariamente schiavo delle sue passioni; un potere esecutivo che abbia una forza propria e un potere giudiziario, indipendente dagli altri due poteri; avrete allora un governo democratico, ma non vi sarà più pericolo di tirannide". Forse un po’ ottimistico e forse non sufficiente, ma certo necessario.
Contrariamente a questi principii, la proposta dell’on. Ceroni richiama l’abbandono del principio della separazione dei poteri che si realizzò in Francia con Costituzione giacobina del 1793, con la quale ogni potere veniva concentrato nell’Assemblea elettiva, in ossequio alla concezione di sovranità popolare di Jean Jacques Rousseau.
E ricorda la lettera (non la prassi) delle vecchie Costituzioni comuniste che rifiutando, in conformità al leninismo rivoluzionario (“tutto il potere ai soviet”) il principio della separazione dei poteri, affermavano invece quello dell’unità delle diverse istituzioni, formalmente tutte dipendenti dalle assemblee elettive, in realtà tutte controllate dal partito fattosi stato.
In altre parole: per la sussistenza di una democrazia compiuta non è sufficiente che i poteri dello stato provengano dal popolo: occorre che possano operare i principii della loro separazione ed indipendenza. E la democrazia non vien meno solo per effetto della dittatura di un esecutivo che prescinda dal Parlamento, o che lo abbia ridotto ad una camera consultiva, o ancora che ne controlli l’elezione, ma anche per effetto di un parlamento la cui maggioranza non determini e controlli solo l’Esecutivo, identificandovisi, ma anche controlli direttamente i poteri di controllo e garanzia.
{ Pubblicato il: 22.04.2011 }