Quando si chiede a qualcuno che ha conosciuto Silvio Berlusconi come imprenditore, di esprimere un giudizio sintetico sul personaggio di
norma dice: “è un bugiardo!”. Questo vuol dire che B. dice una cosa e ne fa un’altra a seconda dei propri interessi del momento. Sono stato sempre convinto che la principale abilità di Berlusconi, che gli ha consentito non solo di far soldi ma anche di primeggiare in politica per quasi un ventennio, è la capacità di far credere di stare assecondando il gioco dell’interlocutore di turno, mentre in realtà sta perseguendo il proprio; secondo un’espressione colorita si può dire che la sua abilità principale sia quella di saper far fesso il
prossimo, in particolare i propri “pari”. Il primo a essere vittima di questa abilità è stato senz’altro Umberto Bossi, quando nel ’94 gli ha fatto credere che la loro alleanza avrebbe finalmente fatto trionfare il Nord nella politica italiana. In realtà il "lumbard" si rese subito conto che l’alleanza serviva a Berlusconi per sottrargli i voti, prima dei parlamentari e poi dell’elettorato, si era trattato della prima campagna acquisti. Bossi ebbe la reazione tipica del milanese che scopre di essere stato fatto fesso dal napoletano: attaccò in maniera scomposta Berlusconi, arrivò anche a chiamarlo esplicitamente
“mafioso” e lo fece scrivere a caratteri cubitali su La Padania. Il leader leghista fu fatto poi fesso una seconda volta in tempi più recenti, lo vedremo dopo. Arriviamo alle elezioni del 96 che vedono la vittoria del centro sinistra di Prodi. In cuor loro ne sono felici anche Casini e Fini, in quanto poteva essere l’occasione per liberarsi finalmente dell’alleato Berlusconi che cominciava a essere ingombrante. Berlusconi percepì di essere stato messo da parte e
avvertì tutto intero il pericolo che correva. Allora attiva la sua
dote principale, ma il problema era: “chi può essere la vittima,
considerato che dopo l’esperienza di Bossi staranno tutti in guardia?
Ci vorrebbe qualche ingenuotto che o non se ne sia accorto, oppure che
si crede superiore agli altri e quindi incapace di percepire il
pericolo". Chi era nel panorama politico di allora che aveva queste
caratteristiche? Ma d‘Alema, no? Ed ecco che nel 97 dà spago alla
bicamerale. Berlusconi intuisce che lo smisurato narcisismo del leader
Pds, la voglia di questi di essere portato ancora in vita nel pantheon
della Repubblica grazie a una storica riforma costituzionale, lo rende
particolarmente adatto a essere “fatto fesso”, come colui che cammina
in preda a “grandi pensieri” e non si avvede che sta sbattendo il
cranio contro un lampione. E infatti l’anno dopo Berlusconi rovescia
il tavolo facendo rimediare una figuraccia a d’Alema e riconquistando
lui la ribalta, con lo scorno di Casini e Fini. Si approssimano le
elezioni del 2001, all’estero la candidatura e la probabile vittoria
di Berlusconi proprio non va giù, fioccano articoli non certo benevoli
sul personaggio e sull’Italia che lo asseconda. Berlusconi teme per le
sue aziende in caso di nuova sconfitta. Si chiede: “chi potrebbe
garantire per me all’estero? Ma sì lui, solo lui, l’avv. Agnelli!”. Lo
va a trovare e gli dice che ha messo la testa a posto, non farà
svergognare l’Italia se torna a Palazzo Chigi. L’avv. avrà risposto:
“Cavo figliolo, quale gavanzia mi dà, lei è messo pvopvio male
all’estevo”. E B. “guardi metto nel governo un suo uomo, il dottor
Ruggiero, anzi gli do addirittura il ministero degli esteri, così la
politica estera è come se la seguisse lei in persona, va bene?”.
L’avv. si fa convincere e rilascia la famosa dichiarazione “l’Italia
non è una repubblica delle banane”, anzi va pure in giro in alcune
capitali straniere a rassicurare i governi. Berlusconi vince e mette
effettivamente Ruggiero al ministero degli esteri …, ma giusto il
tempo per far credere alle balle che aveva raccontato all’avv..
Infatti sei mesi dopo lo licenza rimandandolo al mittente. Agnelli ha
anche lui una reazione da settentrionale che si rende conto di essere
stato fatto fesso da un meridionale e dice: “l’Italia non è un paese
delle banane ma un paese dei fichi d’India”. In occasione
dell’assemblea annuale della Banca d’Italia del 2001, qualche giorno
dopo che Berlusconi era tornato a Palazzo Chigi, il governatore Fazio
dice che assisteremo a un “nuovo miracolo economico”. Quando sentii
questa dichiarazioni ricordo che dissi tra me e me “sarà andato a far
fesso pure lui prima delle elezioni”. Ho immaginato Berlusconi a
colloquio con Fazio e gli diceva: “farò la rivoluzione liberale,
rilancerò l’economia, ho letto tutte le sue Considerazioni Finali di
questi anni e quelle per me saranno il programma”. Fazio ci ha creduto
e ha fatto quella dichiarazione a sostegno del governo. Ovviamente
Berlusconi non solo non ha attuato il programma promesso a Fazio, ma
ha anche lasciato che il governatore venisse liberamente attaccato dai
ministri fino al licenziamento-dimissioni del 2005. Ormai i personaggi
pubblici cominciano a essere più guardinghi e per B. diventa sempre
più difficile trovare i gonzi da far fessi, a parte alcuni giornalisti
e gli elettori. Ma a un certo punto si afferma nel panorama politico
un fanciullo che si può far fesso con qualche merendina: Matteo Renzi.
Gli telefona: “ciao Matteo, ma lo sai che sei proprio bravo, somigli a
me quando ero giovane, farai molta strada, … ecco, vedi, io a te
lascerei tranquillamente il potere. Perché non ci vediamo qui ad
Arcore, ti faccio assaggiare l’ultimo grido nel campo delle
merendine”. E Renzi: “ma signor presidente, come faccio? Io sono del
Pd, il mio elettorato è antiberlusconiano …”, “Uè! Ragazzo io sono un
uomo di mondo, certe cose le so meglio di te, di quest’incontro non
saprà mai nulla nessuno”, “ah! bene, se non lo dirà a nessuno vengo di
certo”. Siamo a fine 2010, Renzi va all’appuntamento e mentre sta
ancora uscendo dalla villa del cav. le agenzie già battono la notizia
dell’incontro. Dicevamo di Bossi che è stato recidivo. Per le elezioni
del 2008 B. ha dovuto convincere di nuovo Bossi all’alleanza:
“Umberto, ti do il federalismo, sicuro, in cambio ti chiedo solo
qualche altra legge ad personam per schivare le sentenze di questi
giudici comunisti che vogliono impedire proprio il federalismo”. Si fa
il nuovo governo e ogni volta che B. chiedeva a Bossi di votare una
legge ad personam il leghista rispondeva: “no, questa volta no! Non te
la voto la legge se prima non approviamo il federalismo”. E B. “Guarda
ti prometto che questa è l’ultima volta, ti assicuro che poi ti do il
federalismo”. Bossi tutte le "ultime volte" ci cascava e alla fine,
durante la legislatura, B. è riuscito a schivare tutte le sentenze,
mentre Bossi è rimasto con un pugno di mosche. In questi giorni B. sta
facendo fessa tutta la dirigenza del Pdl avendo fatto credere agli
attuale esponenti che sarebbero stati i suoi eredi, e invece ora sono
solo i capri espiatori, e facendo credere agli altri pronti a
subentrare che sono loro i veri "eletti" ...
{ Pubblicato il: 29.10.2012 }