Fondazione Critica Liberale   'Passans, cette terre est libre' - Abbiamo scelto come logo la fotografia d'un autentico 'Albero della Libertà ancora vivente. È un olmo che fu piantato nel 1799 dai rivoluzionari della Repubblica Partenopea, Luigi Rossi e Gregorio Mattei, a Montepaone Superiore, paese dello Jonio catanzarese. La scritta &lequo;passans ecc.» era qualche volta posta sotto gli 'Alberi della Libertà' in Francia.
 
Direttore: Enzo Marzo

Dal 1969 la voce del pensiero laico e liberale italiano e della tradizione politica che difende e afferma le libertà, l'equità, i diritti, il conflitto.

"Critica liberale" segue il filo rosso che tiene assieme protagonisti come Giovanni Amendola e Benedetto Croce, Gobetti e i fratelli Rosselli, Salvemini ed Ernesto Rossi, Einaudi e il "Mondo" di Pannunzio, gli "azionisti" e Bobbio.

volume XXIV, n.232 estate 2017

territorio senza governo - l'agenda urbana che non c'è

INDICE

taccuino
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67. paolo bagnoli, la nostra preoccupazione
68. coordinamento democrazia costituzionale, appello alla mobilitazione per una legge elettorale conforme alla Costituzione
106. comitati unitari per il NO al “rosatellum”, l’imbroglio degli imbrogli
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territorio senza governo
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69. giovanni vetritto, l’italia del “non governo” locale
73. pierfranco pellizzetti, alla ricerca del civismo perduto
79. antonio calafati, le periferie delle metropoli italiane
84. paolo pileri, molta retorica, pochi fatti
86. giovanni vetritto, post-marxisti inutili
88. valerio pocar, primo comandamento: cementificare
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astrolabio
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89. riccardo mastrorillo, finanziare sì, ma come?
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GLI STATI UNITI D'EUROPA
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93. sarah lenderes-valenti, la risorsa più grande
94. luigi somma, le democrazie invisibili
97. claudio maretto, la discontinuità paga
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castigat ridendo mores
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100. elio rindone, basta con l’onestà!
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l'osservatore laico
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103. carla corsetti, il principio di laicità
107. gaetano salvemini, abolire il concordato
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terrorismo e religione
109. pierfranco pellizzetti, jihad combattuta alla john wayne
114. alessandro cavalli,quattro cerchi
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lo spaccio delle idee
117. gianmarco pondrano altavilla, cari liberisti, chi conosce un buon medium?
118. luca tedesco, savoia o borbone? lo storico è un apolide
119. gaetano pecora, ernesto rossi, “pazzo malinconico”
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78.92.102. spilli de la lepre marzolina
116. la lepre marzolina, di maio ’o statista
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Critica liberale può essere acquistata anche on line attraverso il sito delle Edizioni Dedalo con transazione crittografata e protetta.
.A ROMA IL FASCICOLO PUO' ESSERE ACQUISTATO ANCHE PRESSO L'EDICOLA DEI GIORNALI IN PIAZZA DEL PARLAMENTO.
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comitato di presidenza onoraria
Mauro Barberis, Piero Bellini, Daniele Garrone, Sergio Lariccia, Pietro Rescigno, Gennaro Sasso, Carlo Augusto Viano, Gustavo Zagrebelsky.

* Hanno fatto parte del Comitato di Presidenza Onoraria: Norberto Bobbio (Presidente), Vittorio Foa, Alessandro Galante Garrone, Giancarlo Lunati, Italo Mereu, Federico Orlando, Claudio Pavone, Alessandro Pizzorusso, Stefano Rodotà, Paolo Sylos Labini. Ne ha fatto parte anche Alessandro Roncaglia, dal 9/2014 al 12/2016.
 
05.02.2018

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Movimento 5 stelle.... e ora ...? & altro

rosario amico roxas

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Movimento 5 stelle.... e ora ...?
Grillo contro i suoi in tv: vi gasate ma fate perdere consensi
Ma cosa pensava Grillo di poter aggregare ragazzi raccogliticci, senza alcuna esperienza, privi di cultura politica e lanciarli in un agone molto più grande delle loro possibilità ?
Andare in TV ed essere trattati come "!i grandi" fa e farà loro perdere la testa; si lanceranno in dichiarazioni senza capo nè coda e promesse assurde, come quella di diminuire lo stipendio dei parlamentare a 2.500 euro, senza rendersi conto che una simile operazione avrebbe solo due soluzioni:
1) aumentare lo stimolo all'appropriazione indebita
2) escludere dall'agone politici le fasce meno abbienti e riservare la politica e l'amministrazione della Cosa Pubblica ai vari Berlusconi o giù di lì.
Ancora non è chiaro come e dove si può collocare il movimento 5 stelle, non per attribuire necessariamente una collocazione geografica, ma per sapere si i propri riferimenti sono i poteri forti, le banche , i finanzieri, gli speculatori, oppure la gente comune, in cerca di lavoro, che fatica per arrivare a fine mese, senza la velleità vendicativa di "far piangere i ricchi"
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Il nuovo Ordine dell’Occidente
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Siamo ipnotizzati dai problemi di casa nostra, ingigantiti dalle beghe personali di un semidio che pretende l’immunità anche per reati gravissimi, e non ci rendiamo conto che fra pochi giorni si decideranno le sorti del pianeta con le elezioni del capo della Casa Bianca. Una malaugurata vittoria di Romney incoraggerebbe Israele ad attaccare l’Iran, innestando una reazione a catena senza precedenti. La democrazia planetaria è ad alto rischio, a causa degli enormi interessi economici di una sparuta minoranza che non guarda alle conseguenze, ma solamente ai propri bilanci.
Si è visto che Clinton è sceso in capo a sostegno di Obama, ma non è sceso in capo Bush a sostegno di Romney, segno che in casa repubblicana sanno benissimo che l’immagine di Bush è controproducente ai fini elettorali, un po’ come l’immagine di Berlusconi, entrambi richiamano momenti nefasti.
In queste ultime ore è la massoneria mondiale impegnatissima a sostenere Romney, la politica della finanza, l’aggressività militarista per stimolare la ripresa della produzione e della commercializzazione delle armi, business che produce il 35% del PIL degli USA.
Per una obiettiva valutazione dei rischi che corre il pianeta, bisogna andare indietro nel tempo alla ricerca del filo di Arianna che affronta i chiarimenti necessari per capire ciò che è accaduto, ciò che sta accadendo e ciò che potrebbe accadere.
Il nuovo ordine dell’Occidente rischia di sovvertire ogni possibile ordine alla ricerca dell’affermazione definitiva dell’Ordine Occidentale.
Mi scuso con gli amici che volessero leggere la presente interpretazione per la sua lunghezza, ma non si tratta di una nota  ma di un saggio, che avrà anche un suo prosieguo.
****************
L’olocausto degli Ebrei ha avuto la sua Norimberga e la giusta e unanime condanna di tutto il mondo; lo sterminio di Hiroshima e Nagasaki, con l’utilizzo, per la prima volta, di un’arma di distruzione di massa, che in pochi secondi ha cancellato dalla cronaca dell’esistenza centinaia di migliaia di incolpevoli cittadini, non solo non ha avuto nessuna Norimberga, ma è stato indicato come il momento tecnologicamente avanzato del potere Occidentale e come il messaggio di potere che il mondo intero avrebbe dovuto recepire e accettare, allinearsi o porsi contro, subire o reagire.
Così tante altre stragi e tante altre dittature non hanno subìto le giuste condanne: il potente si è riservato di giudicare e decidere quali sono le stragi giuste e quelle sbagliate.
Non è stata concessa alcuna alternativa, tranne nel periodo della cosiddetta guerra fredda, quando si fronteggiavano due superpotenze e una guerra dichiarata non avrebbe visto né vinti né vincitori, ma solo sconfitti.
Nel rapporto tra la guerra fredda USA-URSS e l’odierna conflittualità tra l’Occidente guidato agli USA, c’è una differenza di fondo. Nei momenti di maggiore tensione, allora, esisteva il telefono rosso che consentiva un dialogo capace di smussare gli angoli più pericolosi; fu così che si evitarono scontri che avrebbero anticipato la fine del pianeta Terra. Nella conflittualità tra l’Occidente  e l’estremismo fondamentalista non esiste alcun telefono rosso, non esiste alcuna possibilità di dialogo, anche perché l’Occidente vorrebbe sedersi ad un tavolo di trattative per imporre le proprie condizioni. Gli estremisti non accetteranno mai tali imposizioni: hanno superato il confine che divide la vita dalla morte e non si lasceranno né intimidire né dominare con la paura e il terrore. Sconfiggere il terrorismo con la minaccia di sempre più acute tensioni militari è una illusione di chi crede nella arroganza del potere e della forza; solo l’ipotesi di un tavolo di concertazione potrebbe condurre a più miti decisioni, ma deve trattarsi di concertazione reciproca non di trattative imposte unilateralmente.
Dalla fine della 2° Guerra Mondiale, non ci sono più state guerre all’altezza di chiamarsi mondiali, ma ciò non vuol dire il mondo abbia vissuto un idilliaco periodo di pace. Sono trascorsi quasi 60 anni dal termine di quella guerra, ma sembra che il mondo, o chi ne gestisce le sorti, non abbia imparato la lezione. Le stragi, ben più imponenti di quella dell’11 settembre, accadono tutti i giorni, ma non ci sono le telecamere a riprenderle né cronisti compiacenti ad esaltarle, sono sotto gli occhi di tutti noi, ma ci rifiutiamo di vederle, annebbiati come siamo dai mass media che ci fanno vedere solo quello che piace ai colonizzatori del potere e alla fittissima schiera di mezze figure che si illudono di essere attori comprimari in questa tragedia continua, mentre recitano, da comparse, il copione già scritto per loro.
Si sta riproponendo un bipolarismo planetario, che sembrava scomparso con il crollo silenzioso dell’URSS, secondo polo storico della Guerra Fredda.
Cerchiamo di soffermare la nostra attenzione non oltre il secolo scorso, con qualche brevissimo sguardo al passato più remoto, sforzandoci di guardare e non semplicemente vedere la storia con gli occhi di chi ce la ammannisce.
Non c’è bipolarismo nella storia se non quello imposto per meglio sopraffare, ma c’è sempre una terza fascia della popolazione, certamente la più popolosa ma, purtroppo, la più silenziosa, che non si riconosce nelle ragioni dei vincitori o nei presunti torti dei vinti, ma si riconosce nelle proprie ragioni che nessuno vuole ascoltare; non stanno da nessuna delle due parti di tale bipolarismo, perché stanno al di sopra, non al di fuori, e sono le ragioni del divenire che sovrastano quelle dell’essere, sono le ragioni della vita contro la logica della morte.
Gli intrecci che si accavallano nella storia di quest’ultimo secolo sono tali da confondere anche il più volenteroso lettore; quando sembra di avere individuato il filo conduttore di una certa evoluzione, ecco che tutto viene contraddetto o negato anche nell’evidenza. Gli eventi più salienti che hanno caratterizzato il secolo scorso sono:
·        la 1° Guerra Mondiale, all’interno della quale vediamo l’affermarsi di una nuova potenza, gli USA;
·        la rivoluzione di Ottobre in Russia che segnò la nascita dell’URSS e che giocò un ruolo di primo piano anche nella evoluzione della 1° Guerra Mondiale (senza la rivoluzione di ottobre gli USA non sarebbero mai intervenuti nella I° Guerra Mondiale; il loro intervento fu esclusivamente in chiave anticomunista). Come in chiave anticomunista fu l’avvento al potere del pazzo nazista di Berlino, con il quale Londra aveva anche sottoscritto un patto di reciprocità;
·        le colonizzazioni;
·        fascismo e nazismo;
·        2° Guerra Mondiale (senza l’attacco giapponese a Pearl Harbour gli USA non sarebbero mai intervenuti in Europa. Dopo l’attacco e la distruzione di buona parte della flotta americana, il pazzo di Berlino dichiarò guerra agli USA, imitato dal fascismo di Mussolini. Gli USA furono richiamati nella II° guerra mondiale; la loro partecipazione fu frutto di un calcolo assolutamente interessato. Non furono gli Ebrei che attirarono l’intervento americano, perché massacrati dall’olocausto; il problema degli Ebrei e della loro patria in Palestina era stato già da tempo programmato dagli inglesi; l’intervento americano aveva il solo scopo di entrare in una Europa distrutta da anni di guerre e porre le sue basi a protezione dei loro interessi  nel Mediterraneo e nel Medio Oriente ..petrolio..petrolio..petrolio. Per cui nessuna “riconoscenza” agli USA, ma tanta pena per i soldati americani venuti a morire in una terra lontana, al servizio di interessi economici dei quali ignoravano l’esistenza, ma moltissimi venuti a morire nella terra che aveva visto i loro padri emigrare in cerca di un futuro migliore;
·        la fine delle colonie;
·        la guerra nel Vietnam, l’ultima guerra combattuta degli USA, dopo quella lezione hanno privilegiato l’uso della loro tecnologia, che li tiene ben lontani dalle guerre combattute;
·        la nascita dello Stato di Israele, dopo 19 secoli di esilio sparsi per il mondo e dopo l’olocausto, voluto e  promosso da un popolo occidentale, impazzito quanto si vuole, ma pur sempre popolo occidentale.
Questo mondo occidentale, al quale apparteniamo, ci ha abituati  a non guardarci intorno, a non vedere, ma solo a essere informati; abbiamo perso l’uso della comunicazione e ci accontentiamo di sapere quello che altri hanno deciso di farci sapere, senza alcuna capacità critica. Stiamo annegando in una forma di democrazia che in realtà è la negazione stessa della vera democrazia. Ci hanno convinto che il diritto a esprimere le proprie opinioni sia una grande conquista: la libertà di parola rappresenterebbe il senso di una conquista della quale, peraltro, dovremmo essere grati a chi ce l’ha fatto ottenere. La parola è azione, è il primo passo verso l’applicazione della legge del più forte; cosa me ne faccio del diritto alla parola se il mio contendente tiene per sé il pulsante che comanda il microfono, oppure ha la voce più forte o una capacità dialettica più raffinata o, più semplicemente, mi impone il silenzio con la minaccia di ben più aspre reazioni ? Dalla parola come azione è facile passare ad altro tipo di azioni tendenti a prevaricare gli altri, i più deboli, quelli con la voce fioca o, peggio ancora, quelli che non si vogliono ascoltare. Il vero principio che unifica e salda il concetto di democrazia e lo rende valido universalmente non è il riconoscimento del diritto di poter parlare ed esprimere le proprie opinioni, ma il dovere di saper ascoltare anche i più flebili lamenti, le voci di chiede l’indispensabile per sopravvivere.
Recita un proverbio arabo:
”..fa molto più rumore un albero che cade che un’intera foresta che cresce”;
il diritto alla parola è il rumore dell’albero che cade, la vera democrazia è l’intera foresta che cresce.
Lo stesso dicasi per l’analisi dei fatti storici; sottostare alle interpretazioni interessate di chi ci propina la propria verità, o ce la impone, significa cancellare il senso della storia.
La Democrazia si identifica con la verità, con l’uguaglianza, con la  sollecitudine a soccorrere il più debole, per giungere alla ipotesi che in atto è la più remota nel nostro orizzonte: la Pace.
La Pace non può coincidere con il tipo di ordine che i paesi occidentali hanno concordato fra di loro e che vogliono imporre al resto del pianeta.
All’interno di tutti i fatti e i misfatti accaduti nel secolo scorso, troviamo sempre impelagati gli USA, seguiti, e spesso preceduti, dal Regno Unito, e, quindi da tutti quei paesi occidentali che non sanno o non possono staccarsi dal genere di politica del nuovo colonialismo espansionista che si vuole imporre con l’abuso della forza.
Abbiamo assistito al crollo delle ideologie; con il muro di Berlino sono state abbattute quelle idee che avevano governato, nel bene o nel male, la terra. Quelle ideologie avevano creato una frattura verticale nei popoli della terra, che si identificavano in Est e Ovest. A tenere a bada le due ideologie e lontane dalle ipotesi di una terza Guerra Mondiale era la paura reciproca dell’autodistruzione.
Lo scrivente non è mai stato un simpatizzante comunista, pur non accettando l’etichetta di anticomunista; la logica degli anti l’ho sempre vista come una distorsione non propositiva; mi rendo conto adesso che la presenza dell’URSS comunista, che si contrapponeva al potere  economico e militare degli USA, aveva rappresentato una garanzia per il mantenimento di un barlume di pace, o quanto meno, aveva evitato l’escalation dell’affermazione unilaterale dell’unica potenza rimasta, in grado di dominare l’intero pianeta, imponendo la propria idea di democrazia, il proprio modello di ordine nuovo, le proprie condizioni per non soccombere.
Il bipolarismo democrazia-comunismo si affievolì molto quando il mondo occidentale calcò la mano sulla logica dei consumi, sull’etica dell’economia, diventando capitalismo; l’altra parte del bipolarismo opponeva l’economia socialista, che faceva acqua da tutte le parti. Quando lo scontro tra Est e Ovest si focalizzò sui temi dell’economia, il mondo dell’URSS  ebbe la sua implosione, si consumò dall’interno con un flop che nessuno riuscì a sentire. Non fu il tipo di democrazia proposto dall’Occidente che prevalse sul comunismo, fu il capitalismo che soffocò il sistema economico socialista e cominciò a imporre la propria visione di un nuovo ordine.
La parte terminale della guerra fredda non fu recitata sul palcoscenico della politica e delle ideologie, fu spostata, dagli USA, sul terreno più facile e più favorevole per vincere, quello economico e su quel terreno l’alternativa socialista alla economia di mercato  venne eliminata dalla propria implosione, distruggendosi dall’interno, lasciando lo spazio al nuovo ordine che l’America aveva già programmato.
Il concetto di ordine prevede nel suo interno tutta una serie di accordi, di  costumi, di metodi, di regole del divenire, che innanzitutto devono avere la caratteristica della reciprocità; devono essere frutto di incontri fra tutte le componenti che dovranno accettare tale ordine. Questo insieme di regole deve avere come fine quella di migliorare il livello di vita di ciascun componente e nello stesso tempo di garantire la reciproca convivenza, nell’accettazione che la libertà del singolo finisce lì dove inizia quella del suo simile, senza quelle prevaricazioni alle quali stiamo assistendo.
Il nuovo ordine  che si vuole imporre a livello planetario è quello sancito dal vincitore, in un bipolarismo forzato che si rinnova ogni qual volta viene a finire. La logica del vincitore è quella di avere sempre un nemico da combattere; deve sempre dividere in due la popolazione mondiale: “con me o contro di me”, solo in questo modo potrà proseguire nel suo itinerario di autoaffermazione, di dominio e di imposizione del  proprio nuovo ordine.
E’ il trionfo dell’anti-ideologia, dell’unica categoria culturale che gli USA riescono a esprimere: il pragmatismo, cadendo, così, nella peggiore delle contraddizioni, ritrovandosi a proporre lo stesso modello materialista che avevano combattuto.
La scomparsa di ogni valore etico, ideale e spirituale promuove un profondo vuoto che favorisce l’affermazione del totalitarismo, della legge iniqua del più forte con il ricorso sempre più frequente alla distruzione bellica. Alla base di tutto ciò c’è la convinzione pragmatica di identificare il valore del processo storico con il progresso tecnologico, con la potenzialità militare e con l’affermazione di una perversa spirale dove il potere produce maggiore ricchezza, la quale produce maggior potere e così via senza soluzione di continuità. La maggiore ricchezza prodotta dal maggior potere è, necessariamente, sottratta alle  fasce  più  deboli  della  popolazione  mondiale, che  vengono  bastonate  ogni giorno, fino a quando non riusciranno a   mordere il loro prepotente padrone.
Recita un antico proverbio arabo:
“ bastona  pure  il  tuo  cammello anche tutti i giorni, ma non meravigliarti     se un giorno ti morderà”
Nel deserto dei valori  che scaturisce da questa visione di modernità non c’è posto per nessun’altra categoria che non appartenga all’immediato presente, all’utilità economica come fondamento che deve ispirare ogni forma di azione. Crolla così l’appello alla verità come innegabile supporto della vera democrazia; con il pragmatismo svanisce il valore stesso della verità, come svanisce la giustizia, vero e giusto si identificano solamente con l’utile materialmente toccabile; è il trionfo del materialismo edonistico che ha soppiantato il materialismo storico di marca marxista.  Così, nella negazione del materialismo storico, si è affermato il materialismo edonistico, che ha generato il neo liberismo economico, molto più classista di quello di Marx e del marxismo, rivolto però alla tutela degli interessi delle classi più forti.
Ritrovatosi come unico punto di riferimento, l’Occidente, pilotato dagli USA, sentì il bisogno e l’esigenza di trovare il nemico per ricreare quel bipolarismo che giustifica il mantenimento e l’accrescimento del potere militare. Ma si tratta di un  Occidente ormai svuotato e privo di ideologie che non poteva trovare un polo avverso ideologico; così dal confronto ideologico democrazia-comunismo (venendo meno l’ideologia comunista, anche il concetto di democrazia subì una modificazione strutturale) si transitò nel confronto culturale, dopo aver ben selezionato la cultura alla quale conveniva opporsi. La cultura diventava così una occasione di conflittualità.
Dobbiamo prendere atto che con il crollo dell’identità sovietica, il conseguente crollo del muro di Berlino e il disfacimento dell’URSS, avvenuto senza alcun clamore, con una implosione causata dall’esaurimento della carica ideologica e dal fallimento della ideologia che l’aveva ispirata, la realtà mondiale ha subìto un mutamento in peggio.
La presenza dell’URSS, infatti, paradossalmente aveva garantito un periodo di relativa tranquillità, con una tensione verbale che si concretizzava nella guerra fredda: una minaccia costante di scontro fra due superpotenze che avrebbe annientato l’intero pianeta. Il disfacimento innanzitutto ideologico e, quindi politico dell’URSS ha lasciato l’Occidente quale unica presenza politico-militare dotato di una certa coesione. Non si è trattato di coesione per convinta adesione ad una ideologia, ma una passiva sudditanza delle nazioni occidentali allo strapotere degli USA appoggiati dall’Inghilterra; l’importanza delle altre nazioni e degli altri leaders politici va considerata assolutamente insignificante, perché insignificante il peso militare. La coesione occidentale si basa, infatti e innanzitutto, su una potenza militare come mai è stato dato vedere a livello planetario. Ritrovatosi come unico punto di riferimento, l’Occidente sentì il bisogno e l’esigenza di trovare il nemico contro il quale riformare quel bipolarismo che giustifica il mantenimento e l’accrescimento del potere militare. Ma un Occidente ormai svuotato e privo di ideologie non poteva trovare un polo avverso ideologico; così dal confronto ideologico democrazia-comunismo si transitò nel confronto culturale, dopo aver ben selezionato la cultura contro la quale conveniva adoperarsi.
Il maggior teorico di questa esigenza fu Samuel Huntington, Direttore dell’Istituto di Studi strategici alla Harvard University, che identificò le maggiori culture planetarie: occidentale, latino-americana, confuciana, giapponese, indù, slavo-ortodossa e islamica. Per importanza e pericolosità, dopo una cernita valutata sulla base del rischio, rimasero solo due culture, Islam (che significava anche petrolio) e confucianesimo (grandi produzioni a basso costo e conseguente concorrenza nelle esportazione).
Da queste considerazioni studiate a tavolino nacque il dualismo e il bipolarismo Occidente – Islam. Ma il progetto di Huntington venne stravolto dall'amministrazione Bush; lo scienziato americano proponeva uno confronto dialettico tra Occidente e mondo islamico, quando si rese conto che l'amministrazione Bush aveva deciso lo scontro bellico, a più riprese manifestò la propria contrarietà
La Casa Bianca aveva deciso la guerra in Iraq e contestualmente in Afghanistan nel marzo del 2001 e aveva anche ottenuto la solidarietà dell'Inghilterra di Blair, della Spagna di Aznar e dell'Italia di Berlusconi. Il governo italiano per potere fornire l'incondizionato appoggio ai programmi bellicosi di Bush dovette disfarsi in fretta del Ministro degli Esteri Ambasciatore Ruggeri, da sempre sostenitore della libera capacità decisionale dell'Italia, specie in politica estera. Fu lo stesso Presidente del Consiglio che avocò a sé l'interim del ministero, sdoganando le pretese di Bush per imporle all'intera nazione, definendo i rapporti con l'America una "Santa Alleanza". Fu così che l'America potè contare sulle basi militari in Italia, sull'appoggio politico in sede internazionale. L'attentato dell'11 settembre fu estremamente tempestivo per i disegni di guerra del Presidente Bush, al punto da far nascere forti dubbi nell'opinione pubblica mondiale. Quando l'America con la presenza materiale dell'Inghilterra e con l'assenso della Spagna e dell'Italia, mosse una guerra unilaterale all'Iraq, sia pure contro il parere dell'ONU e contro il divieto del Consiglio di Sicurezza, Samuel Huntington intervenne decisamente, con previsioni che, puntualmente si sono avverate; le dichiarazioni rese furono riportate da tutti i quotidiani del mondo e con particolare attenzione dai quotidiani arabi:
Bush ci ha trascinato in una guerra contro il popolo iracheno, una guerra che l'America non potrà mai vincere. L'unica soluzione è cominciare subito a ridurre la nostra presenza militare e trasferire il potere agli iracheni. Esattamente un anno prima che cominciasse l'attacco io mi opposi ai piani che già venivano discussi alla Casa Bianca. Allora dissi che avremmo avuto non una ma due guerra. La prima contro Saddam, che avremmo vinto rapidamente, trattandosi di una guerra tecnologia, non combattuta.  La seconda guerra, invece, ci avrebbe opposti  al popolo iracheno, in una guerra combattuta, secondo le regole che ci sarebbero state imposte e non secondo i metodi della prima guerra tecnologica contro Saddam. Dissi allora che  questa seconda guerra non l'avremmo mai vinta. Le torture rendono ostili a noi anche le nazioni arabe e quei musulmani che prima erano tentennanti. Inoltre imbarazzano i governo amici. Per ottenere il sostegno ad una guerra occorre uno scopo morale o la difesa di interessi di sicurezza nazionali. Requisiti che oggi mancano, e manca quindi la solidarietà del resto del mondo.
A questo punto non possiamo che valutare le conseguenze e proporre micro-politiche alternative, basandoci su una realtà incontrovertibile: l’Umanesimo Mediterraneo non è scomparso e può diventare l’elemento unificatore tra i popoli divisi per volontà altrui, ma saldamente uniti da una eredità storica, geografica e ideologica comune.
Nell’ambito della integrazione mediterranea, se vogliamo parlare di “area socioculturale”, dobbiamo, innanzitutto, prendere atto delle differenze, non contrapposizioni, che esistono tra la cultura occidentale e la cultura araba e islamica. Prenderne atto e rispettare tali differenze, dentro un rapporto dialettico di raffronto, confronto e incontro.
L’ipotesi di uno scontro culturale non porterebbe mai ad un dialogo costruttivo, bensì accentuerebbe la radicalizzazione delle differenze, accentuandosi ciò che divide, senza prendere atto di ciò che unisce e che può lievitare nella integrazione fra popoli, accomunati da analoghe esigenze: trovare il minimo comune multiplo e su quello costruire la dialettica del divenire e del farsi di una storia comune, integrata da reciproche analisi e revisioni critiche, per promuovere e favorire la civile convivenza.
Ogni individuo subito dopo la nascita incomincia il proprio cammino all’interno della cultura del gruppo al quale appartiene e gradualmente assume i valori spirituali e morali, le credenze, le conoscenze, le norme dell’organizzazione sociale di questa.
Questo processo viene chiamato “inculturazione” e viene svolto da istituzioni appositamente preposte a tal fine, come la scuola e la famiglia. Da questo primo processo emerge la personalità dell’individuo e prende forma il concetto di personalità di base, cioè quella parte della personalità che è relativamente analoga per tutti gli individui appartenenti alla medesima cultura. L’individuo, così, diviene  una funzione della cultura del gruppo e della società cui appartiene. L’uomo è uomo in quanto partecipe alla cultura, e la cultura è ciò che distingue il mondo umano da quello vegetale o animale. Mentre l’animale agisce per soddisfare i propri bisogni in base all’istinto, inteso come orientamento naturale, l’uomo agisce in quanto ha appreso ad orientarsi nel mondo per mezzo della cultura.
I processi di inculturazione, socializzazione e apprendimento, presuppongono che la cultura possa essere oggetto di inter-comunicazione e quindi di diffusione e trasmissione.
In questo quadro operativo si intende parlare di integrazione socioculturale con i popoli arabi  e islamici: proponendo un confronto basato sulla dialettica delle cose concrete, senza presupposti di superiorità, da nessuna delle parti, per comunicare i risultati di esperienze diverse e valutare ciò che è giusto e opportuno suggerire di integrare per migliorare i rapporti, sulla base di una reciproca volontà di convivenza.
La  personale esperienza mi documenta che la possibilità di dialogo è estremamente aperta e disponibile; ovviamente sarebbe doveroso iniziare da quei paesi moderati già predisposto al “commercio” con l’occidente in generale e con gli Italiani in particolare, offrendo lo spunto per sostenere la possibilità di incontro, essendo stato offerto l’estro per iniziare un dialogo.
I preconcetti presuntuosi di una pretesa superiorità della cultura occidentale devono essere abbandonati, trattandosi di parole che documentano esattamente il contrario: una cultura ben solida non teme il confronto e non si autoattribuisce autorevolezza o superiorità, queste presunzioni appartengono ai pigmei della cultura che non hanno mai collaborato a riempire le pagine  della Storia.
La cronaca di questi ultimi anni ci elargisce, con periodicità ossessiva, notizie di attentati, ritorsioni, vendette e nuovi attentati, in una perversa spirale della quale non si vede una conclusione possibile. Si parla di un nuovo genocidio perché si vuole eliminare tutto un popolo, quello palestinese, che reclama il diritto ad avere, finalmente una Patria, e che ha dovuto subire l’occupazione, con la forza delle armi, dei territori assegnati dall’ONU; si parla di antisemitismo, con assoluta improprietà di linguaggio, perché gli attentati sono rivolti contro gli israeliani; ma è un parlare per singoli fatti, con una visione unilaterale,  senza andare alla radice dei problemi per cercare la sola soluzione possibile, che sta nell’accettazione di una civile convivenza di due popoli aventi medesime origini storiche e medesime rivendicazioni territoriali.
Si è instaurata una perversa spirale di dialogo tra sordi, con la convinzione di poter risolvere questo annoso problema con la forza delle armi, da una parte  e con il terrore degli attentati dall’altra.
C’è chi preme su questa strada: lo stato di continua belligeranza giova a tenere viva l’attenzione del mondo intero e giova a quanti speculano sull’immane tragedia che è la guerra. Il livello di informazione che viene data da tutti i mezzi di comunicazione di massa è tale da proporre una condanna unilaterale; la pressione sulla pubblica opinione mira a stimolare l’isolamento di una parte e l’esaltazione dell’altra. Una sparuta minoranza di Islamici, convinti a esercitare l’uso della violenza, scatena l’odio globale, da parte del mondo occidentale, contro tutto l’Islam.  Prima di condannare occorrerebbe conoscere e riflettere, questo può servire anche a cercare una via mediana di soluzione, in grado di eliminare il principio dell’uso della forza. La civiltà del modernismo, dell’efficienza, del libero mercato, dell’economia avanzata, del culto dell’arricchimento, dell’individualismo, del pragmatismo che stravolge tutti i valori morali, cerca di imporre le sue leggi in campo planetario, travolgendo le culture che non si arrendono a giocare il ruolo di subalterni: da ciò nasce il neo-liberismo, figlio del pragmatismo americano, nuovo materialismo del XXI° secolo; così nasce la globalizzazione dei mercati che penalizza le nazioni più deboli in via di sviluppo, e sfrutta le nazioni del terzo mondo. In questo panorama non c’è spazio per il dialogo, per l’incontro dialettico, ma soltanto per  lo scontro, tra l’opulento mondo occidentale che vuole impadronirsi dei beni appartenenti alle nazioni sottosviluppate o in via di sviluppo, nel nuovo colonialismo economico propugnato dalla globalizzazione dei mercati, e una parte del mondo islamico, che cerca di difendere i propri diritti, sbagliando, però, nel metodo e coinvolgendo tutto intero il mondo islamico nella spirale dell’odio.
Dall’analisi delle culture cui contrapporsi venne fuori una indicazione ben precisa.
La cultura umanistico-europea poteva facilmente essere assimilata, tramite l’associazionismo della Nato e del Patto Atlantico, entrambi sotto l’egida angloamericana, e inglobata nella nuova cultura imperante: il pragmatismo. Inoltre gli Usa potevano contare sulla rigorosa alleanza del Regno Unito e sulla inefficacia delle altre nazioni e dalla mancanza di veri leaders in grado di far valere l’identità nazionale innanzitutto e, conseguentemente, la nuova realtà che si chiama Unione Europea.
Dalle considerazioni studiate a tavolino nacque la scelta del   dualismo e il bipolarismo Occidente – Islam o Nord e Sud del pianeta, favorito peraltro dall’insediamento ebraico e dalla formazione dello Stato Sionista di Israele, vero avamposto militare americano nello scacchiere mediorientale.
Le conseguenze di una tale impostazione di gestione della politica planetaria sono quelle di un continuo stato di possibile belligeranza, o, come amano dire gli alti vertici militari USA  “tenere sempre l’acqua in bollore”.
Il Nuovo Ordine è stato imposto ad ogni cambiamento determinato sempre da fatti bellici; già dopo la I° Guerra Mondiale, venne imposto, sempre dall’Occidente, il nuovo assetto dell’Europa , con suddivisione delle aree di influenza, eufemismo per camuffare la vera natura della colonizzazione nei paesi dell’Africa Settentrionale e del Medio-Oriente. Altro Nuovo Ordine venne stabilito con la conferenza di Yalta; in quel caso il mantenimento di tali accordi venne demandato alla Guerra Fredda e alla minaccia di un disastro nucleare planetario. A dettare le regole del Nuovo Ordine è stato sempre l’Occidente, per varie motivazioni storiche,  ubbidiente agli ordini degli USA e, in parte dell’Inghilterra; le altre nazioni, per il modesto peso specifico in campo militare, non hanno mai avuto un rilevante ruolo se non quello di esecutori di quanto deciso da altri.
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Il ritorno delle amazzoni
Chi sono le amazzoni che vogliono ripercorrere il lustro  antico che ne decantò le gesta ?
Chi furono le amazzoni  che hanno occupato pagine della storia confinante con la mitologia ?
Fu loro attribuito il nome amazzoni   dal greco  Ἀμαζών (amazòn), nome composto da  μαζός, (mazos), versione ionico di  μαστός  (mastos), che significa “seno”, e  l’alfa privativa iniziale; il tutto significa “senza seno”, per l’amabile abitudine di bruciare loro le ghiandole del seno destro in età infantile, tramite un disco di rame rovente, in modo da impedire lo sviluppo successivo di tale seno, che avrebbe impedito di tendere bene l’arco con cui lanciare le frecce ai nemici.
Non mi pare che coesistano elementi assimilativi tra le amazzoni della mitologia e quelle attuali della cronaca, a volte rosa,  altre volte sexy, o altre volte ancora porno.
Le amazzoni della mitologia venivano chiamate per combattere e difendere i diritti o gli abusi di chi le aveva chiamate, senza valutare le ragioni o i torti che avevano suggerito la loro chiamata, mentre le amazzoni odierne sono state nominate per godere dei privilegi che un sistema corrotto, corruttore, corruttibile offriva loro per fare… cosa..?  diciamo semplicemente …”per  fare…”, ognuno può aggiungere ciò che crede, nella certezza di non sbagliare.
La mitologia ci ricorda gli scontri con i campioni dell’altro sesso, come Achille e Diomede, ma anche in questo caso tutto viene smentito, non per mancanza degli scontro ma per l’assenza, dall’altra parte, di uomini all’altezza di ripetere le gesta di Achille e di Diomede, anche perchè nessuno degli uomini più rappresentativi  sarebbe disposto  a recitare la parte di Achille narrata nella Penthesilea  del tedesco  Heinrich von Kleist, in cui una regina delle Amazzoni resa folle dal contrasto insanabile fra l'amore e l'orgoglio sbrana, assieme ai suoi cani, il corpo di Achille.
E allora… lasciamo perdere citazioni storiche o fantasiose rimembranze  epiche; la mitologia nutriva grande rispetto per i suoi personaggi che ispiravano valori a volte eroici e a volte tragici.
Le reincarnazioni odierne  ci ricordano solo lo squallore che travolge le attuali pessime imitazioni.

{ Pubblicato il: 02.11.2012 }




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