Sta girando sotto traccia una strana teoria, che dovrebbe diventare
prassi di governo, che avrebbe lo scopo di rilanciare le esportazioni
italiane. Si dice che sia stata suggerita da Marchionne a Monti e agli
altri ministri, e che questi sarebbero pronti ad attuare. Si
tratterebbe di aggirare l’impossibilità di svalutare la propria
moneta. Quindi ancora una volta l’Italia cercherebbe di farsi spazio
all’estero non con l’innovazione, ma con la svalutazione. Il
meccanismo sarebbe quello di aumentare l’Iva e contemporaneamente, con
le risorse incassate, ridurre il cuneo fiscale, cioè la differenza tra
il costo del lavoro e il netto in busta paga. Ovviamente una parte di
questa riduzione del cuneo dovrebbe andare nelle casse delle imprese.
Il ragionamento sottostante sarebbe il seguente. Aumentando l’Iva, che
viene pagata anche dalle merci di provenienza estera, aumenterebbero
di prezzo le merci importate. Ma uno potrebbe osservare:
aumenterebbero di prezzo anche le merci italiane, quindi non ci
sarebbe alcun vantaggio competitivo in Italia, e non ci sarebbe
neanche all’estero perché lì le merci italiane continuerebbero a
pagare l’Iva del luogo di destinazione. E qui interviene l’altro lato
della proposta. Abbassando il cuneo fiscale e assegnandone una parte
alle imprese, queste ultime possono ridurre i prezzi e quindi vincere
nella competizione internazionale. Si tratterebbe quindi di una
svalutazione mascherata che non violerebbe il trattato sull’euro. Ora,
perché questo meccanismo possa funzionare è necessario che alla fine
il conto lo paghino i dipendenti, quindi altri "ombrelli" oltre a
quelli già distribuiti finora, e vi spiego perché. Prego coloro che
non sono molto avvezzi a ragionamenti di economia di seguirmi con
attenzione. Abbiamo detto che presupposto del tutto è che i prezzi dei
prodotti italiani non aumentino, anzi diminuiscano, altrimenti la
competitività va a farsi benedire. Allora:
- Il primo “ombrello” per Cipputi sta già nel fatto che l’aumento
dell’Iva verrebbe pagato totalmente, mentre il beneficio della
riduzione del cuneo lo dovrebbe dividere con le imprese;
- Il secondo “ombrello” è molto più sottile, ma molto più doloroso. Un
aumento dell’Iva comporta di norma un contemporaneo aumento dei prezzi
e allora il governo ha due strade davanti: impedire l’inflazione
attraverso una restrizione creditizia e una ulteriore riduzione della
spesa pubblica sociale, al fine di non vanificare la ritrovata
competitività dei prezzi italiani; oppure accettare l’inflazione,
anche per svalutare il debito pubblico, ma per evitare che questa vada
a influire sui prezzi alla produzione, stabilire la sterilizzazione
della stessa sui salari, i quali rimarrebbero immutati pur in presenza
di un aumento dei prezzi. E infatti, la ministra “T’ho vista piangere”
ha già dichiarato in Senato che il governo sta pensando al
“depotenziamento degli automatismi salariali” con particolare
riferimento al recupero dell’inflazione. Ad ogni buon conto, qualunque
sia delle due strade quella scelta dal governo, Cipputi avvertirebbe
dentro di sé un corpo estraneo.
Per portare avanti questa proposta viene spesso detto che l’ha già
adottata in passato la Germania, e che da qui deriverebbe il suo
successo all’estero. Non dubitiamo affatto che questo sia avvenuto,
però facciamo notare:
1) Che proprio questo comportamento deflattivo sui salari della
Germania è all’origine degli attuali squilibri intraeuropei;
2) Che, nonostante la politica deflattiva attuata, in Germania i
salari sono comunque a un livello tale che i dipendenti la hanno
avvertita fino a un certo punto;
3) Che per la Germania si è trattato di uno degli strumenti
eventualmente messi in atto, non l’unico, l’altro principale essendo
l’innovazione e gli investimenti.
Siamo sempre in attesa di sapere cosa voglia dire per Monti
l’espressione “economia sociale di mercato” e per cosa vengano versate
certe lacrime.
{ Pubblicato il: 06.11.2012 }