antonio padoa-schioppa - "il fatto"
Nessun commentoSvuotamento della democrazia parlamentare rappresentativa. Sovranità popolare deviata nelle sue scelte dal monopolio televisivo di un solo uomo. Effetti distorsivi di un’informazione pubblica che trasforma gli annunci in fatti e censura i fatti scomodi per chi governa. Giustizia ormai in condizioni preagoniche. Dittatura della maggioranza. Cambi di schieramento di parlamentari, numericamente decisivi ai fini della maggioranza, acquisiti con il conferimento di corposi benefici e con mezzi illeciti. Tentazioni xenofobe. Corruzione dilagante. Demagogia populista, che è l’opposto della democrazia. Vilipendio ormai quotidiano - da parte del Governo - della magistratura, della Corte costituzionale e della stessa Presidenza della Repubblica. Rifiuto di programmare la politica del Paese nell’interesse dei giovani di oggi e delle generazioni future. Sono tutte degenerazioni gravi dell’ordine costituzionale. Altre ancora sono all’orizzonte nelle prossime settimane.
Questa deriva può diventare irreversibile. Va fermata senza ulteriori indugi. Ma ipotizzare colpi di Stato o ricorsi alla violenza è non solo incostituzionale, ma assurdo, contraddittorio, oltre che molto pericoloso.
Ciò che invece potrebbe e dovrebbe essere fatto può venire condensato in pochi punti.
- Il Presidente della Repubblica dovrebbe rinviare al Parlamento la legge sul processo breve con un messaggio che ne metta in luce gli effetti esiziali, profondamente dannosi nell’amministrazione di una giustizia già in gravissima crisi per i tempi infiniti dei processi, che possono e debbono essere ridotti con provvedimenti ordinari, tutti da tempo identificati. Perché senza una giustizia che funzioni, semplicemente non c’è Stato. E senza una giustizia indipendente non c’è né democrazia né libertà.
- Se la legge sulla prescrizione breve – che è solo l’ultima legge ad personam, come la stessa maggioranza attuale riconosce apertamente – venisse nuovamente approvata, l’intera opposizione dovrebbe dimettersi invocando lo scioglimento delle Camere e nuove elezioni.
- Il presidente della Repubblica non potrebbe a questo punto fare altro che sciogliere le Camere e dichiarare conclusa la legislatura, rivolgendosi al Paese con un chiaro messaggio, quale garante supremo della Costituzione repubblicana.
- Contestualmente, l’opposizione dovrebbe iniziare presso il Parlamento europeo la procedura prevista dall’art. 7 del Trattato di Lisbona, per i casi in cui esistano gravi rischi di violazione dei principi di democrazia in uno degli Stati membri dell’Unione europea. Sarebbe avvilente se il procedimento venisse a un certo punto intrapreso da altri paesi e non da italiani, in difesa della propria democrazia.
- La campagna elettorale dell’attuale opposizione dovrebbe imperniarsi su pochi punti di fondo. In primo luogo il restauro dei principi costituzionali, da attuarsi con una maggioranza bipartisan: equilibrio dei poteri, democrazia rappresentativa parlamentare, eguaglianza di fronte alla legge, informazione televisiva indipendente (oltre, punti a-c). In secondo luogo una serie di interventi di politica interna ed estera (oltre, punti d-h), in dialettica con quelli proposti dall’ala opposta dello schieramento politico bipolare.
In sintesi:
a) nuova disciplina legislativa di rango costituzionale per un’informazione televisiva indipendente dai partiti e dai poteri costituiti, con risoluzione alla base dei conflitti di interesse;
b) abrogazione delle leggi ad personam e della legge elettorale vigente;
c) nuova legge elettorale (collegi uninominali con scelta alternativa?), che accorpi le elezioni locali e quelle nazionali, per evitare l’effetto distorsivo delle tante elezioni locali sulla dinamica naturale della legislatura nazionale;
d) nuova disciplina del lavoro che coniughi flessibilità e sicurezza;
e) lotta decisa all’evasione fiscale, con l’indispensabile tutela della certezza del diritto oggi inesistente; e distribuzione dei recuperi dell’evasione su tre versanti: investimenti in infrastrutture, riduzione del debito, abbassamento delle aliquote;
f) abbattimento dei tempi della giustizia civile e penale, con provvedimenti legislativi e amministrativi ordinari;
g) federalismo fiscale coerente, con riduzione mirata degli sprechi della politica e delle gestioni pubbliche fuori dagli standards e conn redistribuzione secondo equità delle risorse così reperite;
h) recupero di una funzione di avanguardia dell’Italia nella politica europea in sostegno della devoluzione di funzioni e di risorse aggiuntive al bilancio comunitario sulla base del principio di sussidiarietà, anche trasferendo talune risorse, senza oneri per il cittadino, dal livello nazionale al livello europeo per scopi di investimento su ricerca, ambiente, tecnologie, sicurezza interna ed esterna.
17 aprile 2011
Pubblicato su Il Fatto, 21 aprile 2011, p. 22
{ Pubblicato il: 02.05.2011 }