benedetto ippolito - "il foglio"
Nessun commentonell’arena neopuritana di Zagrebelsky & Co.
C’è una vulgata, non sempre del tutto sbagliata, secondo cui gli intellettuali vivono fuori dal mondo. Talvolta, però, accade che le occasioni culturali divengano lo specchio trasparente di ciò che va o non va nella società. Una rivelazione di questo tipo mi è capitata giovedì scorso a Torino, alla Biennale Democrazia, messa in piedi con intelligente organizzazione da Gustavo Zagrebelsky. Il leitmotiv dell'anno era quanto mai ovvio: il 150° anniversario dell'unificazione nazionale. Il buon proposito, inciso a chiare lettere fin nella locandina illustrativa, "una cultura della democrazia che si traduca in pratica democratica", non ha trovato dappertutto una corrispettiva applicazione samaritana. Certo, non nel mio caso. La mia esperienza è stata, infatti, molto diversa da un confronto civile e liberale. Il tema specifico, d'altronde, era delicato: il contrasto di poteri tra stato e chiesa cattolica dopo l'Unità. E il parallelo a tre voci si annunciava scomodo e accattivante specialmente per me, ospite invitato esplicitamente dalla Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni e dal Centro Piero Calamandrei a rappresentare il punto di vista alieno, ossia quello cattolico.
Intanto i due interlocutori che mi hanno preceduto, lo storico Franco Traniello e il giurista Sergio Lariccia, nascondevano sotto l'autorevolezza della propria erudizione un'avversione totale per il cristianesimo e il legittimo ruolo istituzionale incarnato dalla chiesa cattolica. Il problema vero è sorto però durante e dopo il mio intervento, che ragionevolmente presentava una lettura storica, politica e culturale positiva del fenomeno religioso ed ecclesiastico, opposta agli altri relatori e recepita con ostilità dal pubblico presente. Il coronamento dell'iter è stata la revisione del Concordato dell'84 che ha reso meno confessionale il rapporto tra stato e chiesa, e più liberale, almeno sulla carta, la società. Oggi, in effetti, anche senza l'unità di un partito e senza privilegi istituzionali, l'elettorato cattolico incide in modo perfino superiore nelle scelte politiche, attraverso una maggioranza attenta al volere della gente.
Sapete, ci sono molti modi di essere intolleranti. E quando in un determinato contesto è diffuso un disprezzo passionale nutrito d'irrazionale fanatismo, presto o tardi fa capolino e si palesa, traducendosi in collera collettiva, magari sotto le mentite spoglie del perbenismo. Mia moglie che era in sala aveva un volto pietrificato nell'ascoltare le ingiurie personali che pian piano dal palco si trasformavano da commenti estemporanei in un sibilo univoco e costante che è divenuto alla fine un vociare d'insolenze nei miei riguardi. Una percezione chiara della civile disponibilità l'ho avuta al momento delle domande. Mi è stato chiesto che cosa avevo da dire sullo lOR, ritenuto un istituto illegale, o della Compagnia delle opere, definita nei fatti un'associazione a delinquere. Al ché ho dovuto non solo spiegare che non lavoro né per l'uno, né per l'altro, ma che se avessero avuto la prova di qualche attività illegale, avrebbero dovuto recarsi in questura e non a un dibattito pubblico.
La situazione è divenuta fatalmente incandescente all'arrivo di una domanda sulla bioetica. lo reputo la tutela della vita dal concepimento alla morte naturale non la risposta dogmatica di un credente, ma la soluzione filosofica, naturalista e razionale, che moltissime persone danno alla domanda su chi è un essere umano e da quando e fino a quando è e deve rimanere tale. Evidentemente, per quella agguerrita minoranza laicista ciò appariva assurdo, inaccettabile. Il tutto in nome, ovviamente, della migliore competenza giuridica ipotizzabile. Ma che paese è mai quello in cui un gruppo di ottimati e potentissimi accademici ha la pretesa di delegittimare una singola convinzione dal diritto e dovere di essere sostenuta ed esposta tranquillamente, solo per il fatto che è corrispondente a un'opinione religiosa peraltro espressa pubblicamente dalla più autorevole e diffusa confessione nazionale?
L'impressione che ho ricavato è stata di profonda tristezza. Tanto che, a un certo punto, ho deciso di fare io una domanda al professor Tullio Monti che coordinava con imparzialità la tavola rotonda, e gli ho chiesto: "Mi darebbe il suo significato di laicità?". La risposta è stata ricca di sano liberalismo, almeno fino a quando egli ha confessato che il problema è costituito urgentemente dalla chiesa cattolica, dalla sua presenza e ingerenza nella vita politica nazionale. E io ho concluso, tra le grida e il disprezzo ormai incontrollato del pubblico, che quell'affermazione mi ricordava il giudizio sugli ebrei di un certo Adolf Hitler, sinistra e funesta anticipazione ideologica della "soluzione finale". Nella Torino democratica ogni discriminazione è categoricamente bandita, a esclusione di quella verso la chiesa cattolica.
{ Pubblicato il: 03.05.2011 }