Fondazione Critica Liberale   'Passans, cette terre est libre' - Abbiamo scelto come logo la fotografia d'un autentico 'Albero della Libertà ancora vivente. È un olmo che fu piantato nel 1799 dai rivoluzionari della Repubblica Partenopea, Luigi Rossi e Gregorio Mattei, a Montepaone Superiore, paese dello Jonio catanzarese. La scritta &lequo;passans ecc.» era qualche volta posta sotto gli 'Alberi della Libertà' in Francia.
 
Direttore: Enzo Marzo

Dal 1969 la voce del pensiero laico e liberale italiano e della tradizione politica che difende e afferma le libertà, l'equità, i diritti, il conflitto.

"Critica liberale" segue il filo rosso che tiene assieme protagonisti come Giovanni Amendola e Benedetto Croce, Gobetti e i fratelli Rosselli, Salvemini ed Ernesto Rossi, Einaudi e il "Mondo" di Pannunzio, gli "azionisti" e Bobbio.

volume XXIV, n.232 estate 2017

territorio senza governo - l'agenda urbana che non c'è

INDICE

taccuino
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67. paolo bagnoli, la nostra preoccupazione
68. coordinamento democrazia costituzionale, appello alla mobilitazione per una legge elettorale conforme alla Costituzione
106. comitati unitari per il NO al “rosatellum”, l’imbroglio degli imbrogli
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territorio senza governo
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69. giovanni vetritto, l’italia del “non governo” locale
73. pierfranco pellizzetti, alla ricerca del civismo perduto
79. antonio calafati, le periferie delle metropoli italiane
84. paolo pileri, molta retorica, pochi fatti
86. giovanni vetritto, post-marxisti inutili
88. valerio pocar, primo comandamento: cementificare
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astrolabio
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89. riccardo mastrorillo, finanziare sì, ma come?
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GLI STATI UNITI D'EUROPA
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93. sarah lenderes-valenti, la risorsa più grande
94. luigi somma, le democrazie invisibili
97. claudio maretto, la discontinuità paga
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castigat ridendo mores
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100. elio rindone, basta con l’onestà!
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l'osservatore laico
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103. carla corsetti, il principio di laicità
107. gaetano salvemini, abolire il concordato
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terrorismo e religione
109. pierfranco pellizzetti, jihad combattuta alla john wayne
114. alessandro cavalli,quattro cerchi
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lo spaccio delle idee
117. gianmarco pondrano altavilla, cari liberisti, chi conosce un buon medium?
118. luca tedesco, savoia o borbone? lo storico è un apolide
119. gaetano pecora, ernesto rossi, “pazzo malinconico”
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78.92.102. spilli de la lepre marzolina
116. la lepre marzolina, di maio ’o statista
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Critica liberale può essere acquistata anche on line attraverso il sito delle Edizioni Dedalo con transazione crittografata e protetta.
.A ROMA IL FASCICOLO PUO' ESSERE ACQUISTATO ANCHE PRESSO L'EDICOLA DEI GIORNALI IN PIAZZA DEL PARLAMENTO.
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Mauro Barberis, Piero Bellini, Daniele Garrone, Sergio Lariccia, Pietro Rescigno, Gennaro Sasso, Carlo Augusto Viano, Gustavo Zagrebelsky.

* Hanno fatto parte del Comitato di Presidenza Onoraria: Norberto Bobbio (Presidente), Vittorio Foa, Alessandro Galante Garrone, Giancarlo Lunati, Italo Mereu, Federico Orlando, Claudio Pavone, Alessandro Pizzorusso, Stefano Rodotà, Paolo Sylos Labini. Ne ha fatto parte anche Alessandro Roncaglia, dal 9/2014 al 12/2016.
 
05.02.2018

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Malumori

enzo marzo

5 commenti
Non vi risparmierò i miei malumori. Hanno cause precise. Basta leggere i giornali per amareggiarsi. Basta avere dentro di sé un po' di mentalità liberale per trovare in ogni pagina di giornale di che immalinconirsi. Solo con gli ultimi giorni si può riempire un catalogo corposo e avvilente. E naturalmente non mi sto riferendo alle baggianate che quotidianamente il Cavaliere in avanzato stato di cottura ci dispensa dalla televisione. Anzi, più sono patetiche e più ci fanno sperare che siano gli ultimi spasmi di un regime cialtrone e delinquenziale. Semmai ci disturba non poco l'ipocrisia di quanti fanno finta di scandalizzarsi per l'invadenza di raiset, quando nulla hanno fatto per decenni contro il monopolio televisivo. E anzi se la prendevano con i cosiddetti “demonizzatori” che strillavano nel deserto, i soliti esagerati. Gli scandalizzati di oggi, ancorati al mito del servizio pubblico, ancora non hanno alcun'idea su come risolvere la questione dell'inquinamento della democrazia operato incessantemente dall'intreccio tra potere e informazione. Si meritano le farse di Berlusconi. Le hanno sempre favorite.
1. CORPO SENZA TESTA
Marco Pannella qualche giorno fa si è fatto due conti e ha preso atto che il partito radicale nella legislatura defunta aveva potuto rubare qualche posto nelle liste pd ma che il gioco non si poteva ripetere dopo la sceneggiata oscena del novembre '11, quando i deputati radicali – per avere due righe sui giornali – si mostrarono a tutt'Italia come gli ultimi ascari del regime berlusconiano. Con sovrano disprezzo degli elettori di centrosinistra che li avevano spediti a Montecitorio. Così bisognava trovare un'altra soluzione. Certo, presentarsi autonomamente non era possibile, data l'esiguità dell'elettorato radicale. Allora Pannella ha riaperto vecchi cassetti e ha rispolverato un antico canovaccio, usurato e patetico come sempre, ma ancora comunque da effettaccio sulla stampa corriva. Così abbiamo subìto un altra volta quella che i radicali squamanti di ammirazione definiscono “la politica fatta col corpo”. Bisognava trovare un'occasione incontestabile e commovente. Cosa c'è che grida vendetta in Italia più delle condizioni delle carceri? Ben trovato, vecchia talpa. Peccato che i tempi, a Parlamento e Governo chiusi e in piena campagna elettorale, non siano i più adatti per una qualunque decisione. Mancano gli interlocutori istituzionali. Quindi Pannella riapre il teatro a uso non si sa di chi. E pretende da tutti, e quindi da nessuno, la soluzione dell'amnistia. La solita. La più sbagliata, la più distraente rispetto ai veri problemi, una panacea di brevissima durata fortemente stridente con lo Stato di diritto, che come ha dimostrato l'esperienza di questi anni non risolve assolutamente nulla. Serve solo a inquietare i benpensanti e a convincerli a votare a destra. Chiedete il parere a Prodi sui danni che si inflisse da solo con l'ultimo condono. Ma Pannella voleva davvero l'amnistia? Dopo pochi giorni il guru radicale mostra il suo vero obiettivo, che è squisitamente elettorale. E condiziona la fine della sua “lotta” all'accettazione da parte di vari personaggi spettacolari della candidatura nella sua lista. Quando ho letto il persino sgarbato aut aut a Roberto Saviano o a Vasco Rossi “o entrate in lista con me o mi lascio morire”, mi è venuto un brivido alla schiena. Conosco Pannella da molti decenni. So che è in grado, pur di fare spettacolo, di mettere l'intero gruppo dirigente del suo partito in mutande, anzi senza mutande, in pubblico palcoscenico. Ma non credevo che la cosiddetta nonviolenza potesse arrivare a una così inusitata violenza ricattatoria. Saviano gli ha risposto che lui si sceglie da solo i temi e i modi con cui fare politica. Mi sono perduto la risposta di Vasco. Spero che sia stata ugualmente all'altezza. Comunque per ora è cessata la ridicola lotta “col corpo”. Sarebbe ora che cominciasse quella con la testa.
2. PER GRAZIA RICEVUTA
Sono davvero contento della soluzione scelta dal Presidente della repubblica per risolvere il caso Sallusti. Ci si trovava di fronte a una sanzione assai pesante, la più severa finora inflitta dai tribunali italiani a un giornalista. Certo, anche Sallusti aveva commesso un reato senza precedenti. Aveva fatto scrivere sotto falso nome una nota spia radiata dall'Ordine dei giornalisti, aveva pubblicato una notizia che tutti sapevano falsa e addirittura invocato la pena di morte per una famiglia e un magistrato. Non aveva pubblicato per anni la smentita, prendendo in giro i suoi stessi lettori. Aveva violato apertamente il codice deontologico. Però era ufficialmente un martire del giornalismo. Quello corporativo e spocchioso, e servo del potere. E andava premiato. Il confino per qualche mese a casa Santanché è stato tramutato per decisione quirinalesca in una sanzione di appena 15 mila euro. Sono contentissimo, perché ora i tribunali italiani, quando affronteranno una causa di diffamazione, avranno un tetto massimo da tener conto. Se “non smentire” e scrivere che un magistrato deve essere condannato a morte per un fatto non commesso costano 15 mila euro, non riesco a immaginare quale offesa possa essere sanzionata con un indennizzo maggiore. Tutti sanno che il tormento del giornalismo italiano è, invece, di essere tartassato dalle minacce di risarcimenti pazzeschi. Tutta la stampa è sotto ricatto. Tanto per fare un esempio, un critico musicale solo per aver pubblicato una sua intervista con un famosissimo direttore d'orchestra che esprimeva un giudizio critico (poi confermato in sede giudiziaria) sull'orchestra di Santa Cecilia, è stato condannato in primo e secondo grado a 486 mila euro di risarcimento (32,4 volte la somma addebitata a Sallusti). Come lui, sono tanti i giornalisti condannati a somme ben superiori ai 15 mila euro. Forse perché sono giornalisti e non impiegati eccellenti di Berlusconi.
3. CUORE INGRATO
Aveva ragione Constant quando avvertiva che la riconoscenza ha la memoria corta, e dimostrava ancora più sottigliezza Chamfort quando notava che “il y a une sorte de reconnaissance basse”. Come quella dimostrata, di sicuro involontariamente, da Sallusti, quando ha festeggiato il regalo che gli aveva elargito Napolitano. “Non tutto è stato inutile – ha detto il direttore del “Giornale” - perché il Quirinale ha fissato un punto di non ritorno dando alla magistratura e al prossimo governo un preciso indirizzo politico”. Sono corso a rileggere la Costituzione italiana, purtroppo ricordavo bene: essa esclude che il Presidente della repubblica abbia il potere di indirizzo politico. Addirittura poi a un governo “prossimo”. Consultiamo Benigni? Davvero sgarbato il Sallusti ad addebitare a Napolitano una plateale violazione della Costituzione. Davvero ingrato.
4. LA FRITTATA DI INGROIA
La nonna diceva che quando la frittata è fatta è impossibile tornare indietro. E Ingroia la frittata l'ha fatta bella grossa. La sua candidatura (forse che sì, forse che no) a capo degli arancioni dalle mille sfumature è davvero inquietante. La lettura di una sua intervista dal Guatemala (tra l'altro è davvero da “italiano classico” abbandonare un incarico internazionale dopo averlo accettato pochissime settimane prima) mi ha colpito molto, perché mi è sembrato che Ingroia fosse in perfetta buonafede. Purtroppo lui crede davvero alle sue scelte. Ignora i suoi doveri e i danni che provoca. E' talmente digiuno dei fondamentali principi dello Stato di diritto che si fonda sulla separazione dei poteri, che si dipinge da se stesso come uno degli inquisitori che confondevano in sé il potere politico e quello giudiziario. Dio non voglia che nella sua vita capiti casualmente sotto le grinfie di un magistrato di estrema destra che fa politica e non manca ad alcun appuntamento partitico. Gli potrebbe capitare anche un magistrato che lo rassicuri: “Non ti preoccupare se faccio politica e sembro di parte, ti prometto che con te sarò imparziale”.
Ingroia non si rende conto di essere tuttora il protagonista di uno dei più inquietanti processi della storia repubblicana, e allegramente lo abbandona per passare dall'altra parte della barricata. Distruggendo con una mano ciò che ha costruito con l'altra. Naturalmente non mi riferisco esclusivamente alla candidatura. Ingroia, preso da passione politica, si sarebbe dovuto dimettere dalla magistratura già da tempo per potersi dedicare ad altro. Perché la politica è altro. Anche se dovesse ripensarci, il guaio sarebbe già fatto, e irrimediabile. Mostrare urbi et orbi d'essere un magistrato così platealmente “di parte” e “partitico” fornisce a Berlusconi l'unico vero argomento forte della sua campagna elettorale. Bisogna risalire ai tempi di D'Alema per trovare un favore così immenso elargito da un sedicente avversario. Molto irritante.
5. PROMESSE DA MARINAIO
Ancora dovevano mettere piede in patria e i due marò coinvolti in un processo per omicidio nello Stato del Kerala in India, e già l'Italia dava il peggio di sé. Per poter festeggiare in famiglia il Santo Natale ovviamente i due marinai hanno accettato sul loro onore la clausola di rispettare le regole e quindi tornare in India per continuare il processo. Ma i fascisti nostrani, Poli Bortone in testa e poi anche La Russa, hanno subito escogitato il marchingegno per violare la parola data e far fare all'Italia una figuraccia. Ma sì, candidiamoli alle elezioni. Così possono rappresentare il Bel Paese dei pagliacci e dei furbetti.
6. SOCIETA' INCIVILE
Forse non esisteva espressione più nobile: società civile. Pensateci bene a come è composta quell'endiadi. Ora quelle parole, per il troppo uso e abuso, sono diventate una vera macchietta. Adesso la “società civile” è invitata a cena da tutti, non può mancare in nessun evento, non c'è spettacolo politico senza i figuranti della “società civile”, è il sale di tutte le minestre. La parte più docile della “società civile” è scelta fior da fiore dai partiti più furbi come “consulente civile”, e così indica candidati, consiglieri di amministrazione ecc. ecc., crede addirittura di influire sulla “linea”. La “società civile” ha regole precise: per essere vera “società civile” bisogna essere assolutamente digiuni di politica, non intendersi di nulla, essere disposti poi ad obbedire a coloro che contano. In questa fase di preparazione di liste elettorali la “società civile” è richiestissima. Anche anni fa nelle liste non potevano mancare attori e cantanti, ma erano veri dilettanti. Ora una seria “società civile” è composta da consumati professionisti. Addirittura è nata una formazione politica di “società civile” fatta da “civili” come Di Pietro, De Magistris, Ferrero, chissà Orlando, Diliberto e nomenclature varie. Tutti sotto l'insegna dell'“Io ci sto”. Purtroppo ci stanno da decenni. Anche un comico ridicolo, sempre più imitatore del maestro Berlusconi, è tutto dedito al non plus ultra della “società civile”. Per ora raccoglie comparse destinate a premere i bottoni parlamentari senza fiatare. Perché, se uno fiata, “prende e fuori dalle palle”.
7. TRA MONTI E VALLI IN FIOR
Qualche volta anche gli amici irritano. E dispiace. La politica ha leggi severe, e soprattutto in momenti eccezionali, come i nostri attualmente, non possono essere dimenticate. Sono due decenni che dedichiamo tutte le nostre forze alla battaglia contro Berlusconi e il dilagante berlusconismo sia a destra sia a sinistra. Lo so che non è elegante dirselo, ma avevamo ragione noi quando individuavamo nel Cavaliere e nei suoi accoliti la fonte di un degrado che sarebbe stato inarrestabile. Eravamo i “demonizzatori”. Avevamo ragione, torno a dirlo, il solo torto che è alcuni di noi non immaginavano che i guasti sarebbero stati così devastanti. Il marcio è penetrato ovunque, tutti i partiti, dico tutti, sono imputriditi. Il Parlamento ha dato la peggiore prova di sé da che memoria ricordi. Troppi parlamentari si sono venduti e alcuni hanno acquistato con moneta. Hanno difeso i loro privilegi fino all'ultimo disinteressandosi del danno che provocavano alla Politica e alle Istituzioni. Dovrebbero essere spazzati via come fuscelli. Se questa è la situazione, le reazioni non possono essere che due. La prima è quella classica della Torre d'avorio (può essere anche una sponda del fiume) da dove assistere inerti (o anche sparando a destra e a manca nel mucchio, non facendo alcuna distinzione), aspettando che la città bruci definitivamente e che poi - forse per intervento divino - si costituisca la Città Ideale dei Saggi, dei Buoni e dei Dilettanti. Peccato, però, che immancabilmente questo disegno sia disturbato dal sopraggiungere di qualche Furher  o di qualche Peron. La seconda soluzione sta nel non farsi scoraggiare, continuare a “criticare” ma anche a distinguere. Se il giudizio sul berlusconismo è quello che è, se continueremo a non credere alla fine di Berlusconi finché non sarà davvero finito (e quanti facevano finta di darlo per finito, solo perché cosi si affrancavano dall'avversarlo), se stiamo in campagna elettorale dove tutte le scelte per forza di cose devono semplificarsi, fino a diventare due o tre, mi sembra impolitico e illogico non stabilire le differenze. Altrimenti si finisce nell'estremismo dilettantesco alla Gino Strada, secondo cui Berlusconi e Prodi erano la stessa cosa e quindi era inutile andare a votare. Tutta questa premessa può essere semplificata in pochissime parole: il nemico è Berlusconi e tutti i suoi avversari sono ora nostri amici.
Capisco tutti gli esercizi politici per dimostrare che l'acqua calda è calda, e che Monti è di destra o di centrodestra, che dir si voglia. O che ha deluso coloro che si erano illusi. Ma ora la questione è completamente diversa. Abbiamo un personaggio di rilievo internazionale che si propone di mettersi a capo di quel che c'è nel centrodestra (molti rottami, voltagabbana, politicanti, ex fascisti, affaristi, clericali) per tentare di fare di questa Armata Brancaleone una formazione di destra europea e nemicissima del Gran Buffone. Vi scandalizzate se scrivo che a me sta bene, anzi, benissimo? Credo che costituisca un passo avanti notevole per la ricostruzione di un sistema politico decente. L'offerta politica aumenta e speriamo che la sinistra incalzata trovi lo spunto per modernizzarsi un po'. Lo so bene che l'Agenda Monti è lacunosa, che Monti ha una formazione e una mentalità pan-economicista che non gli fa percepire altro che i problemi finanziari e vede ogni questione sotto la lente deformante dell'economicismo. Lo so bene che si è posto totalmente sotto il mantello affarista della gerarchia vaticana e che il suo governo in questo campo ha avuto comportamenti indecorosi. Lo so bene che il suo europeismo non è federalista. Lo so bene che Monti non sa nemmeno cosa siano i diritti civili. So bene il peso su di lui dei poteri europei e dell'establishment italiano. Quello stesso establishment che per vent'anni non si è difeso da Berlusconi cercando di lucrarci il più possibile. Lo so bene, insomma, che Monti è di destra (o di centrodestra); ma preferisco una destra montiana a una destra Berlusconi-La Russa-Maroni-Formigoni. Preferisco, da laico, le Acli alla Compagnia delle opere. Considero un passo determinante per il nostro paese che si formi finalmente una destra decente. Persino non chiusa verso la sinistra. E mi pare infantile che si pretenda che una destra sia uguale alla sinistra. Semmai, pessimisticamente, ho dei dubbi sul risultato che può ottenere Monti. Perché purtroppo da noi non esiste un'opinione pubblica di centrodestra moderna. Ma forse è sufficiente che si apra su quel versante un'offerta politica più appetibile di quella dei tristi figuri sopra citati. Vedremo che accadrà in queste elezioni: se l'elettore di destra preferirà ancora Berlusconi a Monti, vorrà dire che il paese è davvero immaturo e non apprende le lezioni, e quindi si merita il peggio. Se Monti prenderà anche un solo voto più di Berlusconi, si chiuderà finalmente la stagione di Arcore.
Monti  negli ultimi giorni si è dimostrato non uno sprovveduto. Ha ribaltato il rapporto di forza con le formazioni che lo volevano sventolare come bandiera acchiappa-voti. Ha imposto un programma e ha vincolato il suo futuro a quel programma. Non sono nemmeno d'accordo con i criticoni che hanno strillato interpretando l'endorsement del partito popolare europeo come una ingerenza di stati stranieri. Credo che la rovina vera della mancata federazione europea sia nel rifiuto del conflitto politico e di idee da parte dei rappresentanti a Strasburgo e a Bruxelles. L'Europa, fuori dalla politica, si è ridotta a burocrazia e a interessi dei governi. Magari i tre gruppi parlamentari in Europa cominciassero ad agire politicamente smettendola di essere delle formazioni omnibus senza linea. Che la destra europea abbia incoraggiato Monti e mortificato Berlusconi è molto positivo. Se i liberali e i socialisti seguissero questo esempio e non facessero i “tedeschi” o i ”francesi” ma i “liberali europei” o i “socialisti europei”, l'Europa nascerebbe davvero. Semmai è da condannare la pretesa – ora solo in parte abbandonata da Monti - di essere super partes o extra partes. Bisogna smetterla con la mitologia del “tecnico”, categoria che non esiste, e ci pare patetico lo sforzo di Napolitano, di Bersani e di Berlusconi di avvalorare ciò che non esiste in natura. L'Agenda Monti è il massimo della politicità, è piena zeppa di scelte. Possono piacere o non piacere, ma sono espressione di una volontà politica. Bersani si dimostra risibile quando invoca la “neutralità” da chi appena qualche giorno fa ha presentato un programma di governo e si è candidato a realizzarlo. Pensi piuttosto a come rispondere a chi mette nel suo programma la patrimoniale e molte altre opzioni che sono anche una piacevole sorpresa. Per esempio, sulla giustizia e più in generale sul berlusconismo si promettono provvedimenti che noi chiediamo da sempre e che la sinistra non ha mai voluto attuare, quando avrebbe potuto. Speriamo che nel futuro possa e che non si lasci scappare l'occasione.
Se, dopo tutte queste analisi, vi siete fatti la convinzione che questo sia un invito a votare Monti vuol dire che non avete capito nulla, o meglio che io non sono riuscito a spiegarmi. Non sono come Renzi, credo che una forza politica abbia, prima di tutto, il dovere di conquistare o riconquistare i voti del bacino di utenza suo proprio e non abbandonarli all'indifferenza e al più che motivato disgusto.


{ Pubblicato il: 26.12.2012 }




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Commento inserito da Pietro Pasut il 29.12.2012:
...si, ma... molto di apprezzabile e condividibilissimo, ma, x es. quando affermi che l'Agenda Monti è molto concreta e propositiva....ho mooolti dubbi, a cominciare dall'attendibilità di chi la propone che (come accusammo a suo tempo l'amico Prodi) non ebbe il coraggio di sfidare il mondo (dall'alto del suo prestigioso incarico professionale e del suo vistosissimo Unico), di sfidare il mondo minacciando le dimissioni se non lasciavano "passare" le sue proposte; penso al "conflitto di interessi", penso al "falso in Bilancio", penso al buffonesco e criminale comportamento sulle provincie, al.....(censura!) comportamento sull'ICI/IMU clericale, penso ai criteri x decidere l'incandidabilità, la proroga dell'indecente tempistica della Giustizia, alle carceri, ....ai tagli lineari di tremontiana memoria che certo non creano nemici, ma questo non è governare...anche se non dimentico (l'economia è il mio mondo!) che ha saputo spiegare in perfetto inglese al mondo che tassando (quando non espropriando come gli "esodati") rapidamente e corposamente i + deboli avrebbe ridotto le uscite, il debito pubblico (che invece è aumentato!) e quindi ha corposamente ridotto la distanza con i titoli pubblici tedeschi facendoci risparmiare un'enorme quantità di denaro x interessi... Un sempre + preoccupato e avvilito Pietro Pasut
Commento inserito da Giorgio A. Lovisolo il 02.01.2013:
Condivido con forza il punto di vista e la valutazione sul nostro futuro. Ho maturato negli anni la convinzione che il declino del nostro paese è inarrestabile se non vengono modificati diffusi comportamenti antisociali, corporativi ed ideologici, se non si cambia in modo radicale la macchina statale ed il suo funzionamento a partire dalla Giustizia, se non si conduce una battaglia senza quartiere all'evasione, alla corruzione ed alla criminalità organizzata con i suoi legami con la politica. Il principale investimento per il futuro sta nell'istruzione, nella ricerca, nella promozione del merito e nella libera competizione in un quadro di regole rigorose. Per fare questo è necessario che vi siano scelte convergenti e prolungata iniziativa nel tempo delle persone e delle forze che veramente mettono nella loro azione al primo posto il bene del paese, contro i veri nemici che in questi anni di saccheggi hanno fatto scuola con il loro malaffare e con le loro bugie. Altrimenti non si riuscirà a cambiare nulla di importante. Pur avendo fatto personalmente sempre riferimento alla sinistra oggi non sono più disponibile ad aderire al “sol dell’avvenir” se non vengono affrontati di petto questi nodi. Non bastano le primarie per la scelta dei parlamentari per cancellare comportamenti vergognosi, come quello dei consiglieri PD della Regione Lazio (non solo loro), che hanno fatto da palo alle note ruberie ed agli enormi sprechi, o come i tanti appuntamenti mancati durante i governi Prodi et al, o come l’ambiguità sulle riforme già fatte nel 2012, su cui, da parte di una struttura tuttora chiusa, si prevede ben altro che la “manutenzione” nella tradizionale assenza di trasparenza e della “doppia linea”. La proposta aperta del prof. Monti, con alcuni limiti già indicati nell’articolo, rappresenta una svolta epocale rispetto ai vergognosi lustri trascorsi, perché propone contenuti di riforma sui principali problemi che hanno distrutto il paese, ed al di là delle denigrazioni quotidiane da parte dei giornali del cavaliere e di qualche imbonitore di mestiere, è una persona di cultura e rispettabile. Non so se il progetto è di destra o di sinistra, ma francamente non mi interessa, perché contiene punti realisticamente condivisibili anzi indispensabili. Occorrerà tenerne conto se si vuole definitivamente chiudere quest’ultimo ventennio.
Commento inserito da valerio giannellini il 08.01.2013:
sfortunatamente Pannella si presenta generalmente male e ha messo molto del suo per azzoppare il suo partito. Però..ci vuole del coraggio a votare gli altri partiti, anche quelli che hanno l'appeal antiberlusconista. vale (stai bene)
Commento inserito da Pippo Pluto il 12.01.2013:
Caro Marzo,dovrebbe vergognarsi di quello che ha scritto su Pannella e sulla sua battaglia e credo che lei sia in totale malafede,perchè sa benissimo che questa battaglia è partita tanto tempo fa e che Pannella e i radicali rispetto alla situazione delle carceri,si battono da decenni,furono i primi ad utilizzare nel 76,una volta entrati in parlamento,l'isituto riservato ai parlamentari per le visite ispettive delle carceri.Si vergogni.E nel novembre 2011 non furono ascari di nessuno,lei racconta frottole
Commento inserito da filippo piazza il 15.01.2013:
Quindi secondo l'autore dell'articolo lo scandalo sarebbe costituito non dalla gestione Penati in Lombardia, non dal votare nottetempo insieme a lega e pdl per truffare i cittadini con la legge dei rimborsi elettorali, non dal votare all'unanimità la legge regionale per moltiplicare i rimborsi ai gruppi in consiglio vedi caso Fiorito, ma bensì dal restare in aula quando parla il presidente del consiglio? E con la democrazia liberale e le sue regole come la mettiamo? Filippo Piazza