enzo marzo
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Per compiere un'analisi meditata occorrerà conoscere i dati nella loro completezza. Ma già con i primi risultati si possono trarre alcune conclusioni abbastanza nette. Il segnale dato dagli elettori è chiaro e forte.
La prima conclusione è che sembra che gli italiani finalmente si siano decisi a non lasciare nella pattumiera la propria dignità di uomini e di cittadini, ed hanno avuto finalmente un sussulto. Ancora una volta hanno dimostrato d’essere di gran lunga migliori dei propri rappresentanti. Nonostante una campagna elettorale, come al solito, manomessa dalla prepotenza del monopolista televisivo, dai suoi fedeli servitori-giornalisti e dalla dilagata illegalità denunciata anche dall’Agcom, gli elettori hanno sancito la sconfitta storica di un leader indegno di un paese europeo (ma anche del terzo mondo). Siamo particolarmente lieti che una candidata come Letizia Moratti, che ha ben appreso gli ammaestramenti di slealtà e di menzogna impartiti quotidianamente dal suo Padrone, sia rotolata nel ridicolo.
Seconda conclusione: il partito democratico ha dimostrato ancora una volta la sua incapacità di saper proporre dei candidati decenti, rifugiandosi come al solito in improbabili questori/prefetti o a semplici burocrati. Ancora una volta è chiaro che la sconfitta di Berlusconi passa attraverso il suo suicidio politico e non certo attraverso la composizione di un’opposizione seria in grado di proporre personale politico, esempi di etica pubblica e programmi davvero alternativi al berlusconismo. Il centro-sinistra ha vinto solo dove è stato dato il giusto peso al malaffare berlusconiano e dove l'elettore ha potuto o voluto scegliere qualcuno sufficientemente non compromesso dal dalemonismo o dal veltrusconismo. I commentatori già si affannano a strepitare sul trionfo del radicalismo o dell'estremismo, ma la parte del popolo italiano che ha votato si è dimostrato fin troppo paziente. Sarebbero dovuti bastare i catastrofici giri di valzer sul caso libico o le sceneggiate davanti al tribunale di Milano per spingere a cacciare a furor di voto un Presidente pericoloso quanto indecente e irrispettoso del sistema democratico. Ma sappiamo accontentarci di un segnale indiscutibile: la stagione del carisma è finita, e chiaro è stato il rifiuto del personalismo e delle scurrilità di Berlusconi. In più, l’elettorato, dove ha potuto, ha punito l'assenza di valori e di vera volontà oppositrice del partito democratico. Non si può pretendere di più. Ma nemmeno ci si poteva accontentare di meno. Siamo seri, ma per un napoletano democratico e liberale come era possibile votare per la lista di destra in mano a persone considerate da tutti indegne di far parte della compagine governativa ma degnissime di gestire il traffico dei voti e di amministrare un territorio tra i più disastrati del paese? Come era possibile, per altri versi, votare per gli eredi del fallimento rovinoso di quell’intreccio di malcostume e incapacità, che prende il nome di Bassolino e di Jervolino? Un po' dappertutto da tempo si è superato ogni limite di decenza: il voto di oggi ha detto chiaro e tondo: basta! E in qualche occasione purtroppo lo ha detto in malo modo: il successo - perché di successo si tratta - di Grillo dimostra fino a quale vertigine di miseria politica e intellettuale ci ha portati quel populismo demagogico di stampo berlusconiano che ha contagiato come una micidiale metastasi la politica tutta. E anche buona parte del popolo della sinistra. Grillo rappresenta in forme mica tanto nuove il vecchio fenomeno italiano del qualunquismo, è la faccia della stessa medaglia berlusconiana fatta di personalismo becero, di scurrilità, di assenza di proposte, di ignoranza totale dei problemi del paese, d’incapacità strutturale di operare la necessaria arte della “distinzione”. Tutti vizi e linguaggi mutuati direttamente da Berlusconi, Bossi, Borghezio. E duole che il grillismo abbia persino l’avallo di alcuni autorevoli rappresentanti di quella consorteria che ha fatto le sue fortune sull’antiberlusconismo. E che di questo costituisce il tallone d’Achille, perché da sempre il qualunquismo è la negazione della politica e dei valori civili.
Terza conclusione. Forse il dato più interessante di queste votazioni sta nel fallimento della Lega, la quale, pur avvantaggiata dalla slavina del Pdl, giustamente ha perduto i favori di buona parte del suo elettorato tradizionale, il quale ha mostrato di mal digerire l'opportunismo pseudo-machiavellico di Bossi. L’estremismo verbale di Berlusconi e quello della Lega non sono assommabili, né del tutto intercomunicabili. Non si può passare dal “Berlusconi mafioso!” della Padania all’accondiscendenza e alla complicità su tutte le leggi ad personam senza pagare prezzi consistenti.
Quarta conclusione. Ancora due parole sul Polo di Buridano, il Polo che farà la fine di quel somaro che morì di fame non avendo saputo, o potuto, scegliere tra diverse biade. Il terzo Polo, con questo sistema elettorale, è destinato a essere solo terreno di coltura di trasformisti e di mercenari. L'elettore giustamente non ha sprecato il suo voto per sostenere un’aggregazione senza politica, che fa dell’ambiguità la sua divisa costitutiva. Un’aggregazione che si spaccherà in mille pezzi nei prossimi 15 giorni, quando i suoi dirigenti daranno indicazioni assolutamente contraddittorie, che comunque rimarranno inascoltate dai singoli elettori che si comporteranno ognuno come vorrà. E forse non è male che fra le tante illusioni di queste ultime settimane le più fragili si siano dimostrate le immaginarie presidenze del consiglio dei Casini o dei Maroni. Il più penalizzato del Terzo polo è stato Fini. L'anno scorso è stato lui a dare lo scossone alla politica italiana proponendosi come il vero eroe del rinnovamento della destra. Ma Fini non ha saputo tenere ferma la barra e ha pagato quindi fino in fondo la malattia puramente da palazzo romano dell'ambiguità e dell’ubiquità. “Fare futuro” si è condannato all’irrilevanza quando si è associato alla palude centrista, abbandonando quello che doveva essere il suo compito storico: l'alternativa democratica e perbene alla destra berlusconiana. Se avesse mantenuto questa posizione, dichiaratamente a destra, di rigida contrapposizione al sistema di non-valori berlusconiani e leghisti, avrebbe potuto accreditarsi come legittimo erede di una montagna di voti presto in libera uscita. Paradossalmente oggi l’elettore di destra non incanaglito e deluso dal fallimento berlusconiano non trova nella sua area una qualche alternativa di voto ed è costretto ad astenersi. Ma forse qui il discorso si fa troppo lungo, e ancora una volta nella storia del nostro paese si dimostra che purtroppo la destra italiana o è populista, clericale e mascalzona, o non è.
{ Pubblicato il: 17.05.2011 }