Leggendo le cronache delle ultime ore del partito berlusconiano alle prese con la presentazione delle liste elettorali, con inquisiti che si ribellano per la loro esclusione, altri che vengono dirottati da un collegio all’altro, firme che non si trovano più, candidati convocati in albergo per non si sa bene cosa fare, Alfano in lite con Cosentino o’ mericano, potentati locali indignati per l’arrivo dei paracadutati da Roma, Minzolini e Farina che ce la fanno, Scilipoti e Razzi forse sì e forse no, il prode Capezzone mandato in Piemonte, il socialista ex-sindaco di Roma Carraro ricomparso a Bologna, Berlusconi superinquisito presente ovunque, sembra veramente di assistere a una di quei finali rossiniani in cui ogni personaggio canta per dire la sua sovrapponendosi e contrapponendosi alle voci degli altri. Solo che in Rossini l’effetto è meravigliosamente armonico, mentre nell’opera buffa berlusconiana il caos è la musa dominante. Nel cervello del cavaliere s’intrecciano e si accavallano le battute che differenti personaggi pronunciano nel finale del primo atto dell’Italiana in Algeri:

Nella testa ho un campanello

Che suonando fa din din.

Come scoppio di cannone

La mia testa fa bum bum.

Sono come una cornacchia

Che spennata fa crà crà.

Nella testa un gran martello

Mi percuote e fa tac tà.

Va sossopra il mio cervello

Sbalordito in tanti imbrogli;

Qual vascel fra l’onde e scogli

Io sto presso a naufragar.