Dal 1969 la voce del pensiero laico e liberale italiano e
della tradizione politica che difende e afferma le libertà, l'equità, i diritti, il conflitto.
"Critica liberale" segue il filo rosso che tiene assieme protagonisti come Giovanni Amendola e Benedetto Croce,
Gobetti e i fratelli Rosselli, Salvemini ed Ernesto Rossi, Einaudi e il "Mondo" di Pannunzio, gli "azionisti" e Bobbio.
volume XXIV, n.232 estate 2017
territorio senza governo - l'agenda urbana che non c'è
INDICE
taccuino
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67. paolo bagnoli, la nostra preoccupazione
68. coordinamento democrazia costituzionale, appello alla mobilitazione per una legge elettorale conforme alla Costituzione
106. comitati unitari per il NO al “rosatellum”, l’imbroglio degli imbrogli
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territorio senza governo
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69. giovanni vetritto, l’italia del “non governo” locale
73. pierfranco pellizzetti, alla ricerca del civismo perduto
79. antonio calafati, le periferie delle metropoli italiane
84. paolo pileri, molta retorica, pochi fatti
86. giovanni vetritto, post-marxisti inutili
88. valerio pocar, primo comandamento: cementificare
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astrolabio
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89. riccardo mastrorillo, finanziare sì, ma come?
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GLI STATI UNITI D'EUROPA
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93. sarah lenderes-valenti, la risorsa più grande
94. luigi somma, le democrazie invisibili
97. claudio maretto, la discontinuità paga
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castigat ridendo mores
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100. elio rindone, basta con l’onestà!
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l'osservatore laico
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103. carla corsetti, il principio di laicità
107. gaetano salvemini, abolire il concordato
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terrorismo e religione
109. pierfranco pellizzetti, jihad combattuta alla john wayne
114. alessandro cavalli,quattro cerchi
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lo spaccio delle idee
117. gianmarco pondrano altavilla, cari liberisti, chi conosce un buon medium?
118. luca tedesco, savoia o borbone? lo storico è un apolide
«Passans, cette terre est libre» - Abbiamo scelto come logo la fotografia d'un autentico "Albero della Libertà" ancora vivente. È un olmo che fu piantato nel 1799 dai rivoluzionari della Repubblica Partenopea, Luigi Rossi e Gregorio Mattei, a Montepaone Superiore, paese dello Jonio catanzarese. La scritta 'passans ecc.' era qualche volta posta sotto gli "Alberi della Libertà" in Francia.
Mauro Barberis, Piero Bellini, Daniele Garrone, Sergio Lariccia, Pietro Rescigno, Gennaro Sasso, Carlo Augusto Viano, Gustavo Zagrebelsky.
* Hanno fatto parte del Comitato di Presidenza Onoraria: Norberto Bobbio (Presidente), Vittorio Foa, Alessandro Galante Garrone, Giancarlo Lunati, Italo Mereu, Federico Orlando, Claudio Pavone, Alessandro Pizzorusso, Stefano Rodotà, Paolo Sylos Labini. Ne ha fatto parte anche Alessandro Roncaglia, dal 9/2014 al 12/2016.
[4] Si sente dire: Anche i giovani fascisti che nei primi anni 20 interrompevano le lezioni dei docenti universitari antifascisti erano molto motivati e sicuramente non lo facevano per interessi materiali....!!!
Stiamo attenti con questa retorica del "ma come sono onesti e bravi i giovani che lavorano con lui !! ". (Grillo?).
Se ci limitiamo ad ammirare l'entusiasmo dei "giovani", ma anche dei "vecchi" , senza entrare nel merito di quali sono le idee che essi condividono, allora dobbiamo arrivare a dire che i "guardiani della rivoluzione" iraniani, ben noti per essere i mastini del regime, essendo quasi tutti "giovani" convinti di dover difendere la purezza islamica dalle contaminazioni occidentali, sono da ammirare ed apprezzare.
La psicologia delle masse manipolate dai populisti di turno e' ben descritta dallo storico tedesco George Mosse in un fondamentale saggio del 1975, "La nazionalizzazione delle masse", a proposito del nazismo, e non solo.
Potremmo ora aggiungere Scientology, il Reverendo Moon, Milingo, Bokassa, Gheddafi... e Beppe Grillo(?), fatte salve le dovute proporzioni e fermo restando che la storia , ripetendosi, trasforma in farsa pur sempre dolorosa per le sue vittime la tragedia, che - Hitler docet - puo' apparire anche farsesca.
In Europa, a partire dal 19° secolo, chi era interessato a far circolare idee politiche nazionaliste aveva, in prima istanza, il problema di spiegarle, di insegnarle, di farle capire.
È da qui che, secondo Mosse, nacque nel 20° secolo, la nazionalizzazione delle masse che si sostanziò subito di una «nuova politica»: si trattò di una politica che si basava sull’idea per cui l’unica vera titolare della sovranità era un’intera e ampia collettività (la nazione); per questo era una politica che aveva bisogno di coinvolgere tutti i membri di quella collettività, i quali, in un modo o nell’altro, dovevano essere toccati da un discorso politico che doveva renderli consapevoli di far parte di questo inedito soggetto collettivo.
Dunque la nuova politica nacque subito con la forma potenziale di una politica «dei grandi numeri», ossia di una politica che aveva bisogno di coinvolgere il maggior numero di persone, e, in prospettiva, addirittura le «masse».
A questi grandi numeri, e poi a queste masse, andavano spiegate le nuove idee.
Ma – aggiungeva Mosse – questa politica era «nuova» anche per un altro motivo: il suo «spiegare» la nazione non faceva appello alla ragione degli illuministi, alla solida cultura, all’indagine lucida e distaccata; e c’erano ottimi motivi perché fosse così: come avrebbe potuto essere altrimenti, se si volevano coinvolgere nel discorso politico anche persone analfabete o semianalfabete?
E come avrebbe potuto essere altrimenti, se si voleva diffondere un discorso politico altamente innovativo e, almeno nelle sue formulazioni iniziali, radicalmente eversivo degli assetti politici dominanti?
Fu così che quei leaders o quegli intellettuali i quali volevano propagare le idealità nazionaliste fecero appello all’emozione, piuttosto che alla ragione; al cuore, piuttosto che al cervello.
E dunque, in primo luogo, concepirono il discorso politico come un discorso religioso:infatti, invitarono le masse a comportarsi nei confronti dei valori ideali (?) che proponevano come i fedeli si comportano nei confronti delle verità rivelate della religione.
Dall’altro lato, modellarono anche i momenti fondamentali di comunicazione sulla base di pratiche fideistiche assimilabili a culti religiosi , dal "me ne frego" al... "vaffa" urlati in piazza, al "sieg heil."..
Inoltre si fece un gran ricorso a simboli, immagini, allegorie, figure memorabili, che incarnassero il "fecondo" avvenire della comunità.
A queste nuove pratiche corrispose infine anche un «nuovo stile politico».
Poiché era uno stile che voleva fare appello alle emozioni, aveva bisogno di manufatti che tali emozioni fossero in grado di suscitare; aveva bisogno, cioè, di un’«estetica della politica», ovvero di una strategia comunicativa che sapesse parlare ai sensi e ai sentimenti.
Per questo si ando' a studiare anche le statue e gli edifici, le poesie e le narrazioni, le bandiere e gli inni, le pitture e le stampe, i melodrammi e le opere teatrali di ispirazione nazionalpatriottica,.... ora Celentano (?), il "mito" del No tav e dell'iceneritorre "cattivo" (?). le nomine telematiche di candidati sconosciuti magnificati perche' ignoti, come il milite della I guerra mondiale (?) lo "tsunami (?), l'attraversamento a nuoto dello stretto di Messina tra lazzi e risate sgangherate in luogo dell'impresa dei mille(?), il "mito" di una impossibile democrazia di tutti e di nessuno, democrazia "diretta" (?) mentre si va in Parlamento a rappresentare chi e che cosa con soli 15 clic sul pc (?)il bog mitizzato (?) pieno zeppo di pubblicita' forse ingannevole ma sicuramente a pagamento e apparentemente "invisibile"di assicurazioni, banche, societa' di scommesse eccetera...(?).
Vale la pena sottolineare che Mosse ha incluso nella sua analisi partiti diversi, non solo il nazista, perché ha ritenuto che la «nuova politica», il nuovo stile politico, fossero modalità organizzative e comunicative a cui nessuna formazione politica contemporanea poteva sottrarsi, nemmeno quelle che non si appellavano esplicitamente ai valori del nazionalismo; e perché l’esame del processo di formazione della nuova politica consentiva di capire meglio fenomeni come il nazismo o il fascismo, i quali, se erano nati per ragioni che avevano a che fare con il contesto politico-sociale dell’Europa del primo dopoguerra, attingevano però il loro repertorio comunicativo da pratiche rituali e da discorsi simbolici che avevano almeno un secolo di vita.
Niente di nuovo sotto il sole direbbe forse il sociologo o lo storico, la storia continua, o si ripete.
Ma un brivido freddo come questa gelida giornata elettorale ci percorre.