Fondazione Critica Liberale   'Passans, cette terre est libre' - Abbiamo scelto come logo la fotografia d'un autentico 'Albero della Libertà ancora vivente. È un olmo che fu piantato nel 1799 dai rivoluzionari della Repubblica Partenopea, Luigi Rossi e Gregorio Mattei, a Montepaone Superiore, paese dello Jonio catanzarese. La scritta &lequo;passans ecc.» era qualche volta posta sotto gli 'Alberi della Libertà' in Francia.
 
Direttore: Enzo Marzo

Dal 1969 la voce del pensiero laico e liberale italiano e della tradizione politica che difende e afferma le libertà, l'equità, i diritti, il conflitto.

"Critica liberale" segue il filo rosso che tiene assieme protagonisti come Giovanni Amendola e Benedetto Croce, Gobetti e i fratelli Rosselli, Salvemini ed Ernesto Rossi, Einaudi e il "Mondo" di Pannunzio, gli "azionisti" e Bobbio.

volume XXIV, n.232 estate 2017

territorio senza governo - l'agenda urbana che non c'è

INDICE

taccuino
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67. paolo bagnoli, la nostra preoccupazione
68. coordinamento democrazia costituzionale, appello alla mobilitazione per una legge elettorale conforme alla Costituzione
106. comitati unitari per il NO al “rosatellum”, l’imbroglio degli imbrogli
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territorio senza governo
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69. giovanni vetritto, l’italia del “non governo” locale
73. pierfranco pellizzetti, alla ricerca del civismo perduto
79. antonio calafati, le periferie delle metropoli italiane
84. paolo pileri, molta retorica, pochi fatti
86. giovanni vetritto, post-marxisti inutili
88. valerio pocar, primo comandamento: cementificare
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astrolabio
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89. riccardo mastrorillo, finanziare sì, ma come?
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GLI STATI UNITI D'EUROPA
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93. sarah lenderes-valenti, la risorsa più grande
94. luigi somma, le democrazie invisibili
97. claudio maretto, la discontinuità paga
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castigat ridendo mores
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100. elio rindone, basta con l’onestà!
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l'osservatore laico
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103. carla corsetti, il principio di laicità
107. gaetano salvemini, abolire il concordato
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terrorismo e religione
109. pierfranco pellizzetti, jihad combattuta alla john wayne
114. alessandro cavalli,quattro cerchi
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lo spaccio delle idee
117. gianmarco pondrano altavilla, cari liberisti, chi conosce un buon medium?
118. luca tedesco, savoia o borbone? lo storico è un apolide
119. gaetano pecora, ernesto rossi, “pazzo malinconico”
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78.92.102. spilli de la lepre marzolina
116. la lepre marzolina, di maio ’o statista
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Critica liberale può essere acquistata anche on line attraverso il sito delle Edizioni Dedalo con transazione crittografata e protetta.
.A ROMA IL FASCICOLO PUO' ESSERE ACQUISTATO ANCHE PRESSO L'EDICOLA DEI GIORNALI IN PIAZZA DEL PARLAMENTO.
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* Hanno fatto parte del Comitato di Presidenza Onoraria: Norberto Bobbio (Presidente), Vittorio Foa, Alessandro Galante Garrone, Giancarlo Lunati, Italo Mereu, Federico Orlando, Claudio Pavone, Alessandro Pizzorusso, Stefano Rodotà, Paolo Sylos Labini. Ne ha fatto parte anche Alessandro Roncaglia, dal 9/2014 al 12/2016.
 
05.02.2018

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Lo spazio dei lettori.
Eventi, segnalazioni, convegni...

Mutazione antropologica

paolo ercolani

8 commenti
[17] Per ragioni con cui non voglio annoiare il lettore, mi è capitato in questi ultimi tre mesi di frequentare alcune classi delle scuole superiori.
Tralascio ovviamente i molteplici particolari, né mi addentro nei numerosi distinguo che sarebbero opportuni, precisando che tali considerazioni rappresentano il frutto di una visione d’insieme che mi si è imposta con la forza di un cataclisma naturale.
E’ inutile che ci giro intorno: la mia sensazione, fortissima, impressionante, perfettamente in grado di farmi tremare i polsi, è quella per cui ci troviamo di fronte a una vera e propria «mutazione antropologica».
Premetto subito che prima di arrendermi a questa convinzione destabilizzante, mi sono imposto tutta una serie di riflessioni che potevano, e dovrebbero ancora adesso, suggerire una maggiore prudenza. A cominciare da quello che potremmo chiamare il «gioco reiterato della successione generazionale», che tradotto in termini più chiari riguarda il fatto che la generazione di mio nonno considerava «degenerata» quella di mia madre (che non conosceva più a memoria le versioni di greco, oppure padre Dante), almeno tanto quanto quella del mio genitore ha considerato meno impegnata e quindi più superficiale la mia (che non ha conosciuto il Sessantotto!).
Oggi che sto invecchiando, potrei essere io quello che, per ragioni che possono spaziare dall’ orgoglio narcisistico fino all’incretinimento senile, non trova migliore occupazione che quella di infamare i «giovani di oggi», rimarcando quanto di quello che c’era in «noi» non si trova oggi in «loro».
I limiti della logica binaria (noi/loro, adulti/giovani) sono forti e innegabili, per cui è bene riconoscere che mantenere una sana dose di dubbio è non solo ragionevole, ma persino indispensabile. Quindi devo immediatamente precisare che quando mi esprimo in termini di «mutazione antropologica», non intendo assolutamente conferire un valore negativo all’espressione, né precludere a tutti i costi la possibilità che la suddetta mutazione contenga aspetti di novità persino migliori, che però ammetto subito di non riuscire ancora a rilevare.
Però è un fatto che molti degli studenti che ho imparato a conoscere ed apprezzare umanamente, avrebbero già abbandonato la lettura di questo articolo (ammesso che avessero deciso di leggerlo), perché già abbiamo superato, abbondantemente poi, quelle dieci righe che costituiscono la media della lunghezza di un post in Rete. Sempre molti sono quelli che tacerebbero se gli venisse chiesto di riassumere quanto hanno compreso della lettura ipoteticamente condotta sin qui. Per non parlare del velo, impietoso però, che dovrei stendere sul numero di coloro che starebbero già sbadigliando, drasticamente annoiati e in tutt’altri pensieri concentrati malgrado il fatto, non trascurabile direi, che si sta parlando per una volta di loro. Per quanto male, o maluccio!
Il tutto condito dal fatto che, per tornare agli esempi di cui sopra, se mia madre era perfettamente in grado (e vogliosa) di rispondere per le rime a mio nonno, esattamente come lo potevo essere io (ma meno, temo) di replicare a lei, oggi la maggior parte di questi ragazzi non dico che non avrebbe le capacità, ma peggio ancora risulta mancante del minimo interesse ad imbarcarsi in un discorso concettualmente e dialetticamente impegnativo.
Ho confrontato queste impressioni con colleghi tanto delle scuole superiori, quanto dell’università, ed è stato difficile trovare delle opinioni difformi in maniera sostanziale.
Il trauma è stato forte, portatore di un sottile dolore capace di insinuarsi fin negli anfratti più riposti del mio sentire. Ha sbattuto contro la mia faccia, con l’impeto di una folata di vento fortissima e improvvisa, un senso di alienazione profonda rispetto ai miei ideali di passione culturale, impegno civile, interesse alle questioni dell’umanità.
La politica, i libri, la costruzione di nuove idee e manifesti programmatici con cui affrontare un’epoca di passioni tristi e crisi sociali devastanti, sono tutti ideali regolativi che si sono sciolti con la velocità di un rimasuglio di neve al comparire del primo sole primaverile.
Ma quali libri, se l’idea stessa di libro sta morendo, se questi ragazzi non leggono più di dieci righe?! Quali ideali politici, manifesti programmatici, quale impegno sociale, quali cittadini consapevoli, autonomi, critici, in grado di difendersi da una politica che ormai è solo imbroglio e dissimulazione?! Come è possibile immaginare tutto questo di fronte a una mutazione antropologica di tale portata, capace di minare dalle fondamenta il grande impianto del genere umano?!
Mi chiedo piuttosto se non si sia avverato quanto contenuto nel romanzo visionario del 1952 di Kurt Vonnegut (Player Piano), ove si descriveva un meccanismo capzioso e implacabile in grado di declinarsi prima attraverso la svalutazione del «lavoro muscolare» (quello degli agricoltori), per passare poi al «lavoro ordinario» (quello degli artigiani), per finire con quella ultima tappa di questa rivoluzione de-umanizzante data dal riuscire a rendere superfluo il pensiero umano, cioè il vero «lavoro intellettuale».
Chi o cosa c’è stato e c’è dietro a tutto questo? In questo sede preferisco non tentare risposte, ma limitarmi alle domande. Stringenti, inquietanti, cariche di ardore e timore al tempo stesso. Paghiamo i decenni di tagli alla cultura e alla scuola? Paghiamo il degrado (studiato?) della televisione e dei mass-media in genere? O forse è il frutto più avvelenato della realizzazione di quella che Debord chiamava la società dello spettacolo, quella dimensione in cui economia e tecnica, alleate al servizio del Capitale, sono riuscite a dominare in maniera pervasiva ogni aspetto della vita umana?
Domande a cui occorrerà cercare risposte, e possibilmente soluzioni, in tempi brevi, brevissimi. Anzi, ora! Qui e subito!
Né si può pensare che la soluzione consista nell’obbligare, di fatto, i docenti della scuola italiana a promuovere tutti. Oggigiorno non vale più la proposta rivoluzionaria di don Milani, quella per cui il non bocciare serviva a superare quel modello di «scuola classista» in cui «ai poveri fate ripetere l’anno, alla piccola borghesia fate ripetizioni, mentre per la classe più alta non importa, perché tutto è ripetizione» (Lettera a una professoressa, Libreria editrice fiorentina, Firenze 2007, pp. 80 e 84).
Nel nostro contesto storico, promuovere tutti equivale a creare le basi per un’uniformazione dei meriti e delle condizioni che può tornare favorevole soltanto a coloro che provengono da famiglie agiate, che vedranno facilitato il compito di trasmettere posizioni sociali favorevoli ai propri figli perché è stato eliminato ogni minimo riferimento al criterio della meritocrazia. Nella nostra società neo-medioevale, torna a essere centrale il motto promoveatur ut moveatur, ossia la pratica indegna per cui non negare a nessuno la promozione alle classi di studio più alte, o persino alla laurea, rende impossibile l’identificazione di un criterio distintivo fra i ragazzi che non sia quello della raccomandazione o della famiglia influente alle spalle.
Quando in realtà, come scriveva la filosofa americana Martha Nussbaum nelle conclusioni del suo Cultivating Humanity. A Classical Defense of Reform in Liberal Education, «un’educazione è veramente “adatta alla libertà” solo se è tale da formare cittadini liberi, cittadini che sono liberi non grazie alla loro ricchezza o alla loro nascita, ma perché sono in grado di orientare autonomamente la propria razionalità».
Insomma, si tratta di tornare, dopo decenni, o forse di cominciare proprio, a considerare un imperativo categorico, per una società che voglia dirsi giusta e che voglia essere competitiva nel mercato globale, quello di formare persone che abbiano «il controllo sul proprio pensiero e sulle proprie parole». Che è proprio quanto, umilmente e non senza un senso di sconsolata amarezza e impotenza, mi riesce difficile scorgere nella eroica e martoriata scuola di oggi. E in quei baluardi del futuro che dovrebbero essere i nostri ragazzi che la popolano.



{ Pubblicato il: 26.05.2013 }




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Commento inserito da Federico Sollazzo il 27.05.2013:
Sul tema, a me molto caro, della "mutazione antropologica", locuzione introdotta con forza nel dibattito culturale italiano da Pasolini, mi permetto di segnalare questi due miei lavori, una video-lezione e un articolo. "Pasolini e la 'mutazione antropologica'": http://pasolinipuntonet.blogspot.it/2012/11/pasolini-e-la-mutazione-antropologica.html?q=sollazzo e "L'ultimo Pasolini": http://www.orizzonticulturali.it/it_studi_Federico-Sollazzo.html
Commento inserito da Giancarla Codrignani il 28.05.2013:
caro amico Ortolani, anch'io frequento le scuole chiamata per parlare della Costituzione. Suppongo che anche ai nostri tempi l'interesse non fosse generale: nemmeno le assemblee del '68 coinvolgevano le intere classi... Che i cambiamenti siano ormai antropologici si capisce soprattutto da altri fatti: il ragazzo che racconta freddamente di aver ucciso con i fuoco una donna ancora viva è il bambino a cui i genitori o i nonni regalano la playstation che lo abitua a uccidere virtualmente SENZA EMOZIONI. Nessuno controlla i giochi elettronici dei figli piccoli o i facebool dei più grandicelli. Eppure a noi veniva detto quando tormentavamo un animale per incoscienza "guarda che gli fai male... se lo facessero a te...". Sotto accusa è più la famiglia che non la scuola (e non a caso quasi tutti gli insegnanti hanno figli...): Comunque ce ne sono tante (e tante) di bravi davvero, con una marcia in più, anche se diversa.... Giancarla Codrignani
Commento inserito da una degli stolti il 28.05.2013:
Carissimo professore, non mi servono "paroloni" ( come li chiama lei ) per rispondere a questa critica in non più di 10 righe ( penso che a volte bastano poche parole ma dritte al punto e non fa parte del regresso sopracitato). ASSOLUTAMENTE VERO E'IL FATTO CHE SIAMO FRUTTO DI UNA SOCIETA' CON VALORI DIVERSI, QUASI OPPOSTI DA QUELLI DI UNA VOLTA. IN POCHI ABBIAMO VOGLIA DI LEGGERE, CHIEDERE, GUARDARE, SCRIVERE, RISPONDERE, SCOPRIRE. NON PENSA CHE SIAMO UN PO' TROPPO ACERBI PER SCRIVERE UN CAPITOLO DELLA STORIA DELLA SOCIETA' COSI' ARTICOLATO E DIFFICILE DA CURARE? Probabilmente, qualcuno ha iniziato questo progetto un po' di tempo prima e noi abbiamo continuato ad imitarlo. Forse, prima di parlare di quanto gli altri siano sporchi, occorre guardare lo sporco che è in noi. Dicendoci che siamo stolti e addormentati non ci aiuta a svegliarci: infondo, se lei è così intelligente da poter criticare ogni angolo del mondo e del cielo, io sarei una/o stupida/o a darle torto o a oppormi alla sua idea. Un'addormentato (o forse uno che non è ancora pronto a rispondere) penserebbe questo. IO, INVECE, RISPONDO DICENDOLE CHE SI FA PRESTO A GIUDICARE UNA MASSA DI PERSONE. COME SI FA PRESTO A PARLARE. MA QUANDO BISOGNA PROVARE A RIMETTERE INSIEME I PEZZI DI UN QUALCOSA DI ROTTO, RIDERE SULL'ACCADUTO NON PORTA A CONCLUSIONI OTTIMALI. Quindi, invece di sorridere per le nostre facce ancora incerte e a volte SCHIFITE di quello che ci passa davanti quotidianamente, ci aiuti a capire cosa stiamo perdendo, cosa possiamo e dobbiamo ancora vedere, cosa ci meritiamo di vivere, quali sono i veri valori che ognuno di noi deve possedere almeno in piccole dosi. Ovviamente, se lo ha appreso! Io son dell'idea che non si finisce mai di imparare.
Commento inserito da Paolo Ercolani il 29.05.2013:
Gentile "Una degli stolti", le propongo un piccolo esercizio, piuttosto semplice: sa indicarmi, all'interno del mio articolo, dove mai compare l'aggettivo "stolti"? Inoltre, le posso assicurare che non c'è alcun "sorriso" da presa in giro in quanto scrivo: nell'ordine ho usato "autoironia" (potrei essermi rincretinito ed esser passato dalla parte dei vecchi che vedono solo difetti nei giovani); dubbio: ho scritto che potrei sbagliarmi, che la mia potrebbe essere un'impressione che non corrisponde a verità, perché semplicemente i tempi sono cambiati, le generazioni sono cambiate, e quindi i ragazzi di oggi potrebbero avere ben altre capacità che io non sono pienamente in grado di individuare; "amarecca" e "dispiacere", nel caso in cui invece non dovessi sbagliarmi. Una lettura attenta, non pregiudiziale, aperta, credo possa evitare tutta una serie di equivoci e incomprensioni che, evidentemente, si sono generati con mio rammarico. Quanto alla parte finale, direi che siamo perfettamente d'accordo: il compito, piuttosto disperato, dei docenti di oggi, almeno di quelli bravi, è di cercare di far capire ai ragazzi quello che perdono, per se stessi e per la loro vita, quando rinunciano all'attività comunque faticosa di leggere, approfondire, studiare. Può darsi che io non sia un bravo insegnante, in questo senso, ma di sicuro in questo articolo volevo soltanto esprimere un mio grande timore. E se qualcuno se ne fosse sentito nientemeno che offeso, temo che sarebbe la prova più lampante di quanto quel timore possa avere delle ragioni fondate...
Commento inserito da Lorenzo Marcantognini il 30.05.2013:
In merito a quanto scritto e dopo le polemiche che ne sono scaturite,voglio esprimere la mia opinione. Ascoltate le più variegate opinioni e premesso che l'articolo mi trova d'accordo,lascia allibiti,esterrefatti ancora una volta il modo del tutto originale di rispondere alle blande critiche che vengono mosse: "Accettiamo le critiche,ma non in questa maniera". Frase più volte sentita(abusata) dai nostri politici,manager,furbetti del quartierino ecc. Contestare il modo in cui l'articolo è scritto,secondo me,in questo caso è indice di due cose: 1.Non si è compreso l'articolo e quindi si avvalorano le ipotesi presentate nello stesso 2.Si è perfettamente consapevoli di ciò che viene scritto e delle critiche a cui si è sottoposti,ma pur di non fare autocritica ci si attacca(furbescamente,ipocritamente)alla forma. Entrando nell'aspetto prettamente pedagogico, è indiscutibile che ci si trovi di fronte ad una generazione che presenta deficit di attenzione(il sottoscritto per primo) e pochezza di linguaggio.Come sappiamo bene,il linguaggio e il pensiero sono strettamente connessi:Ciò viene evidenziato dallo psicologo russo Vigotskyij e risalta in 1984 di George Orwell, dove il linguaggio viene continuamente semplificato e slegato da qualunque significato al fine di rendere impossibile il pensiero. I "paroloni" a volte non sono mero esercizio retorico ma servono per attivare le sinapsi,mettere in moto il pensiero,accendere il cervello. Difficile è anche dipingere la nostra come la generazione dell'impegno sociale e politico,anche se le manifestazioni per il diritto allo studio(le lotte per il bene comune,iniziative per la legalità ecc.) e l'impegno nel sociale di una parte,seppure minoritaria, della nuova generazione addolciscono un dato sconfortate ma certamente vero. Ora,anche se non condivido(per principi personali e forse errati)l'idea di mercato globale e di competitività e competizione,è innegabile che esse facciano parte della nostra realtà. Chi di noi si sente pronto ad affrontare,a competere contro le super-potenze che si affacciano all'orizzonte?E soprattutto chi si sente pronto ad affrontare gli arzilli ottuagenari che ancora minacciano,quotidianamente,la legalità e le dignità delle persone?
Commento inserito da Mario Saccone il 01.06.2013:
Dissento sostanzialmente dall'articolo e dalle sue conclusioni. La cosa su cui sono d'accordo è che la scuola italiana non funziona e che i ragazzi che oggi ne escono, sono nella gran maggioranza svantaggiati rispetto agli studenti di altri paesi. Ma intanto era così anche per la vecchia scuola, basta considerare la classe dirigente che ha prodotto, dal fascismo in poi. E per valutare questa classe dirigente basta guardare come è ridotto il paese da costoro diretto. Il riferimento al fascismo è fondamentale perché la nostra scuola per eccellenza, il liceo, è ancora quella: elitaria, idealista, antiscientifica, a curriculum unico, senza nessuna libertà di scelta e di orientamento per lo studente e soprattutto senza nessuna pratica di lavoro in comune, su progetti concreti con cui esercitare qualcosa di diverso dalla memoria e dalla imitazione. Cito da una inchiesta fatta proprio quando venne inaugurata la riforma Gentile, negli anni 20, da una commissione dell'Accademia dei lincei, voluta dal Presidente Vito Volterra e a cui partecipavano persone come Castelnuovo e Scialoja: (cito a memoria) “Non vorremmo che presentare lo studio della filosofia a menti non ancora preparate alle sintesi, avendo sviluppato necessariamente poche analisi, non abbia l'effetto di educare giovani a parlare di cose che non conoscono” che mi sembra una mirabile sintesi della nostra classe dirigente, di allora e di oggi. Inoltre la mutazione genetica evidentemente riguarda non solo l'Italia, ma tutto il mondo economicamente avanzato, in cui però non si ritrovano i problemi che invece noi abbiamo, per cui il problema è nostro. Riguarda la nostra scuola e non l'esistenza di nuovi strumenti e nuove tecnologie. Se il panorama di offerta educativa italiano prevedesse ricerche e progetti comuni, discussioni, biblioteche scolastiche serie e ben fornite, spazi di studio extra aula, professori dedicati agli studenti e non solo al programma, aree di studio e spazi di attività sportiva, avremmo all'uscita studenti come quelli di altri paesi, bravi nell'uso di computer, con grandi doti di adattabilità e di intuizione e insieme capaci di studiare e soprattutto di capire. Invece siamo nella solita situazione in cui se non sei nato in una famiglia con una buona cultura non esci vivo dalla scuola secondaria, ma comunque solo se poi hai occasione di fare studi universitari seri (il che non è frequente in Italia) ti trovi in grado di competere rispetto al resto del mondo. E allora te ne vai. Ovviamente non si tratta di promuovere tutti ma di riformare finalmente questa scuola tenendo conto della grande occasione che sono offerte dalle tecnologia come supporto e dalla necessità sociale di formazione continua. La formazione continua è la vera occasione, che eliminando la scuola come percorso ad ostacoli, la può trasformare in un vero percorso formativo, in cui è possibile tener conto dei tempi di maturazione individuale e quindi essere giusti nella valutazione senza regalare niente a nessuno ed aiutare tutti a crescere culturalmente e socialmente. Non con la retorica della Costituzione, del pensiero critico, ma con la concretezza dell'esperienza e della vita. Ma la citazione di Don Milani è fuori luogo. Don Milani invitava a considerare le situazioni concrete ed a modificare l'approccio pedagogico, non a promuovere tutti. la scuola di Don Milani era intelligente, comprensiva e severa e se servivano, volavano talvolta anche i ceffoni.
Commento inserito da Paolo Ercolani il 01.06.2013:
Gentile Lorenzo Marcantognini, commenti come il suo rimettono in pace con il mondo! L'autocritica è fra le facoltà principali per la crescita di una persona equilibrata, oltre che di una società tollerante e ispirata a criteri di giustizia. Quindi, devo fare autocritica anche io: se tante persone si sono sentite offese, forse i miei toni non sono stati adeguati, forse non ho fatto capire che il mio voleva essere soltanto un timore da condividere con i lettori di questa prestigiosa rivista. Nessun intento da presa per i fondelli, anzi, tutt'altro. Quanto al mercato globale, tendenzialmente esso non entusiasma neppure me, però è un fatto che esiste e che dobbiamo farci i conti, foss'anche per cambiarlo o eliminarlo. E per fare ciò, come Paese, dobbiamo cominciare ad attuare il criterio fondamentale della meritocrazia, perchè se continueremo a far valere raccomandazioni, parentele, amicizie etc., manderemo avanti sempre gli incapaci e non usciremo da quella condizione di neo-medioevo in cui ormai siamo impantanati da decenni. Grazie ancora e un saluto!
Commento inserito da Pierfrancesco il 04.06.2013:
Ho un figlio che studia alle superiori e purtroppo devo ammettere che è vero che la propensione a leggere i libri di mio figlio è prossima a zero nonostante tutti i tentativi e credo sia esperienza comune a molti. Se però vogliamo uscire dalla solita diatriba "ai miei tempi si che si studiava" dobbiamo anche ammettere che nel frattempo molte cose sono cambiate, oggi c'è internet con i social che sono figli degli sms, i ragazzi hanno i giochi elettronici che hanno un ulteriore metodo comunicazionale , gli smartphone con le loro app ecc ecc., quindi dobbiamo porci anche la domanda, che mi sono fatto vedendo alcuni professori, siamo in grado di adeguare l'offerta formativa ai tempi? A me non piaceva (scusate l'ardire)Dante e poco Manzoni , leggevo volentieri gli autori del '900 forse anche adesso dovremmo cercare di più di avvicinare i ragazzi alla cultura senza necessariamente passare per i libri, internet è una risorsa fantastica che contiene contenuti di tutti i tipi e molti validi che i professori potrebbero utlizzare per indirizzare i ragazzi ad un utilizzo della rete un po più intelligente che scambiarsi frasi smozzicate.